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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Senza un vero scatto di responsabilità il cambiamento concreto e strutturale non prenderà forma.
La lezione di Draghi e il ritardo “assonnato” dei partiti
Ritorneremo alla politica televisivamente dominante? Abbonderà una “nobiltà” senza eredità sostanziali, ricca di titoli senza feudi annessi?

Il problema della trasmissione delle proprietà collegate ai titoli nobiliari – molto diffuso, per esempio, negli anni finali del cosiddetto ancien regime – rappresenta, per gli storici professionali e, in larga parte, per quanti si appigliano a questa complessa questione, un nodo prioritario per sciogliere tante, ancora, inesplorate vicende, ma può essere anche assunto come rito metaforico per provare a descrivere quanto sta accadendo, in questi lunghi e veloci mesi del 2021, ai “protagonisti” del racconto politico nel nostro Paese. La ricomposizione, per certi versi “accompagnata”, per altri, in qualche modo, “spontanea”, di un “paesaggio” sempre più spoglio delle forze partitiche ancora realmente in campo, è un processo pienamente in atto, che si avvia (forse) verso uno scenario che realisticamente prenderà piede in coincidenza – si profetizza –  dell’elezione del presidente della Repubblica. Ma anche su questo aspetto imperversano incertezze e dubbi di varia natura. L’avvento del governo guidato da Mario Draghi –  tra i non pochi elementi positivi a partire dalla ritrovata solidità e credibilità delle posizioni assunte a livello internazionale (con tutti i benefici che ne conseguono) – ha, quindi, consentito il ripristino di un discorso effettivamente sostanziale per ritrovare una chiave di lettura in grado di posizionare il Paese in maniera coerente con quanto si è verificato a partire dalla diffusione della pandemia. E’ come se – per tornare all’ancien regime – improvvisamente, i titoli (“nobiliari”) più volte esibiti dai partiti e da tanti rappresentanti esclusivamente di se stessi, fossero divenuti non più polivalenti e sostanziali rispetto alla classe di personalità che si presentava come effettivamente dominante e governante. In altre parole, l’abbassamento ulteriore della soglia di credibilità – in Italia e, soprattutto all’estero – dei partiti rispetto alla struttura fondante del Governo, ha creato una nuova stabilità del Paese, facendo comprendere ai nostri interlocutori di fondamentale importanza (Germania, Francia, Stati Uniti, Inghilterra, eccetera eccetera) che ora c’è una reale connessione tra quanto si dice e quanto, poi, si pratica e si realizza. Insomma, il quadro istituzionale è senza dubbio più forte e credibile di prima (pochi mesi fa …) e, nello stesso tempo, induce i partiti e quanti in essi continuano a dominare, a porsi – in mancanza di scelte che ancora non arrivano – almeno a porsi una domanda di non poco conto: come diventerà possibile dopo la cura Draghi riprendere in mano lo scettro governativo senza velocemente ritornare indietro? Presidenza della Repubblica, elezioni politiche, presidenza del Consiglio, ministeri, diventano, quindi, gli anelli di una catena di scelte che non può non tenere conto di come la “geografia” delle competenze sia diventata in questi mesi – finalmente – predominante. La lezione di Draghi e dei suoi ministri più fidati, che, insieme con lui, stanno provvedendo a mettere in campo, tra mille difficoltà, il Pnrr, è arrivata puntuale e fortemente attesa dal presidente Mattarella.

Ma ora è il momento di attuare nel tempo quanto dimostrato. Non sarà possibile ricorrere alla trasmissione dei titoli “nobiliari” e alle battaglie dell’ancien regime: questa partita è finita. Senza un vero scatto di responsabilità – che a quanto pare i partiti stentano a compiere, così stretti intorno alle loro battaglie per poltrone e poltroncine – il cambiamento concreto e strutturale non prenderà forma. E noi ritorneremo alla politica televisivamente dominante. Abbonderà – va detto – una “nobiltà” senza eredità sostanziali, sebbene ricca di titoli senza feudi annessi.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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Ma il ritmo è troppo lento
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