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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Si rivela molto forte l’accelerazione verso nuove relazionalità sia nel mondo del lavoro che nel contesto delle vite private.
La “fuga” in avanti verso il futuro che non aspetta
Occorre rendersi conto di quanto è già successo, mentre è necessario fare i conti con un processo emergenziale che ogni giorno detta regole e comportamenti. Né è possibile seguire quanti, invece, rifuggono da un mondo che ha già preso forma e resta in attesa delle nostre risposte.

Come si può evincere da non poche indagini specifiche e ben documentate, nel corso di questi difficili mesi hanno preso forma cambiamenti profondi, strutturati, che hanno inciso non poco sull’atteggiamento complessivo della popolazione. Colpisce – per esempio – di fronte a prospettive concrete e già pianificate al di là del “dibattito” che imperversa (principalmente sulle pagine dei giornali) – la risposta di quanti hanno compreso molto prima degli altri la partita in corso. Lo smart working è un punto di riferimento chiaro e preciso, sebbene si richiami l’attenzione sul “ridimensionamento” dei consumi nei circuiti di vendita intorno agli uffici e su altre (ingiuste) “conseguenze” che sicuramente si concretizzeranno. Ma ci sono molte trasformazioni che sono emerse, disegnando profili nuovi, profili comportamentali che anticipando, per così dire, la diffusione di “forme” di vita dettate dall’emergenza imposta dalla pandemia, hanno delineato ipotesi di convivenza con il nuovo mondo intorno a noi che prima non sembravano così incombenti.

In altre parole, il futuro che si delinea ci fa comprendere che abbiamo subito un’accelerazione verso nuove relazionalità sia nel mondo del lavoro – che resta, ovviamente, preminente – ma, sebbene in maniera più ridotta, anche nel contesto delle vite private.

Il cambiamento che, senza dubbio, è prioritariamente in questo momento in atto nei vari segmenti produttivi, investe ogni aspetto del nostro modo di vivere, e quanti insistono nel tentare di ritornare a dieci mesi fa non si rendono conto che tutto è già cambiato o sta vertiginosamente cambiando. Non si tratta qui di stare a giudicare se sia un processo negativo o positivo – si concretizzerà, poi, in maniera più delineata – ma semplicemente di rendersi conto di quanto è già successo, mentre noi ci troviamo a fare i conti in questo momento con un processo emergenziale che ogni giorno riafferma contesti con i quali obbligatoriamente interloquire. Né è possibile seguire quanti, invece, rifuggono da un mondo che ha già preso forma e resta in attesa delle nostre risposte.

Se applichiamo queste valutazioni di fondo, per esempio, a come è cambiata la relazionalità nel mondo del lavoro – in tutti i settori, a tutti i livelli – prendiamo subito cognizione di una larghissima fetta di persone che in questo momento ha di fronte a sé uno scenario imperscrutabile, senza risposte, ma solo con richieste di fiducia, di perseveranza in quello che si prova  a fare. Sono pochissimi i settori che vivono un momento non difficile, non grave. In tutti gli altri si avverte il profilo dell’incertezza anche di fronte a previsioni/proiezioni in campo positivo.

La filiera del cibo, per esempio, funziona, va benissimo: l’aumento di 10 miliardi di euro della spesa alimentare nelle case degli italiani nel 2020 – secondo un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea – fornisce l’idea di come il contesto degli accadimenti – sommato ovviamente ai primi cambiamenti (lavoro a casa eccetera eccetera) – si sia già rivelato imponente.

E’ bene, quindi, che si guardi avanti – nel breve e nel medio periodo – aprendosi a nuove prospettive, al cambiamento delle modalità di vita e delle forme di lavoro, nei vari segmenti in campo. Non è il momento di rimpiangere il passato, è il futuro che giorno per giorno si è già insinuato nella nostra vita.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

 

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