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Con 400 presenze è il settimo calciatore non italiano con più partite disputate. E’ stato uno dei più grandi attaccanti apparsi sul terreno di gioco del nostro massimo campionato.
Kurt Hamrin, l’«uccellino che vola», elegante e micidiale
Magico opportunista. Dribbling stretti, scatti, guizzi, allunghi. L’avversario non capiva più niente, cercava il tunnel, catturava i rimpalli. Era un genio del calcio, ambidestro, nel palleggio e nel tiro.

(Er.Pa.) – Per capire bene, solo i numeri essenziali: con 191 reti in Serie A, è il nono migliore marcatore con una media-gol pari a 0,48 per partita. Con 400 presenze è il settimo calciatore non italiano con più partite disputate. Kurt Roland Hamrin (Stoccolma 19.11 1934/Firenze 04.02 2024) è stato uno dei più grandi attaccanti apparsi sul terreno di gioco del nostro massimo campionato, qui da noi in Italia, appunto, è stato il punto di riferimento che ha di fatto superato la la storia della Fiorentina:: si è rivelato immediatamente nella sua grandezza e ha lasciato il segno. Dotato di grande tecnica di base, scatto vincente, fiuto del gol (anche per quelli più difficili e imprevedibili), anche se non è riuscito a  vincere il titolo di capocannoniere che, pure, ottenne nel suo Paese, la Svezia. Partecipò al campionato del mondo nel 1958 nello Stato scandinavo, arrivando alla finale.

Quinto figlio di un imbianchino, Karl da adolescente lavorò come apprendista operaio e, poi, come zincografo per il giornale svedese Dagens Nyheter. Nel 1953, a diciannove anni, conobbe Marianne, di un anno più giovane di lui, e la sposò due anni dopo: festeggiò nel 2005 le nozze d’oro. Ebbe cinque figli: Susanna, Carlotta, Piero, Riccardo ed Erika. Dopo l’attività sportiva, Hamrin si dedicò al commercio, import-export tra Svezia ed Italia di oggetti in ceramica. Ma la Cina era già ben presente sul mercato: niente da fare, il mercato lo costrinse a chiudere il suo negozio. Fece il talent-scout, fino al 2008,  per il Milan in Toscana. Negli ultimi anni ha vissuto a Coverciano, dove ha collaborato con la scuola calcio della Settignanese. È morto il 4 febbraio del 2024, all’età di 89 anni.

Aveva tutto: tirava e segnava con facilità. Aveva fantasia e visione di gioco. Era molto veloce, in campo riusciva quasi a volar,  lo chiamavano, infatti, “uccellino”. Grande opportunista. Dribbling stretti, scatti, guizzi, allunghi, l’avversario non capiva più niente, cercava il tunnel, catturava i rimpalli. Era ripagato da calcio, perché era ambidestro, nel palleggio e nel tiro. A diciannove anni era  in prima divisione (10 maggio del 1953, contro l’IFK Malmö). Nella stagione 1954-1955 divenne capocannoniere in campionato con 22 gol nelle partite disputate. Il calcio svedese non ancora professionistico, costringeva, si può dire, le squadre a non riconoscere stipendi ai calciatori, ma solo un compenso a partita: cinquanta corone (circa 15 euro) in caso di vittoria o pareggio, mentre le sconfitte non erano remunerate. E, quindi, Hamrin di  professione faceva il zincografo. Gianni Agnelli, presidente della Juventus, lo avvistò durante Portogallo-Svezia, lo ingaggiò per una spesa di quindicimila dollari. Hamrin – due gol all’esordio contro la Lazio e altre  marcature contro Torino, Inter e Udinese – si fermò solo per tre infortuni consecutivi, la caviglia era troppo fragile? O i tempi di guarigione erano stati velocemente accelerati? L’anno dopo – con l’ arrivo alla Juventus del gallese John Charles e dell’argentino Omar Sívori – Hamrin fu ceduto al Calcio Padova. Nella squadra incontrò Nereo Rocco, suo estimatore, che gli “regalò” il soprannome di “Faina”. Hamrin lo ripagò con venti gol in trenta partite, il suo fu un contributo concreto al terzo posto in campionato, il miglior piazzamento nella storia del Padova. Arrivò, quindi, alla Fiorentina, che cercava proprio un’ala destra per sostituire Julinho. Con Hamrin, in nove anni, la Fiorentina non riuscì a vincere il campionato, terminò due volte seconda. Arrivarono le vittorie in Coppa Italia (1961 e 1966), Coppa delle Coppe, Coppa delle Alpi e Coppa Mitropa, 151 marcature, grazie alle quali Hamrin è stato per oltre trent’anni il primatista di reti segnate in Serie A con la  Fiorentina. Lo superò Gabriel Batistuta nel 2000. Ma con la squadra toscana raggiunse anche un altro traguardo: il 2 febbraio del 1964 – nella partita Atalanta-Fiorentina 1-7 – segnò una cinquina, record per un giocatore in una partita in trasferta di Serie A. Nello stesso periodo fu soprannominato “uccellino” dal giornalista Beppe Pegolotti de “La Nazione”: l’articolo scorreva sotto il magnficio titolo «Uccellino che vola».

Nel 1967 Rocco, che era al Milan, fece acquistare il trentatreenne Hamrin e lo mise in squadra con Giovanni Trapattoni e Giovanni Lodetti. E Hamrin vinse lo scudetto e la Coppa delle Coppe nel 1968, e firmò una doppietta nel primo tempo della finale europea contro l’Amburgo. Seguì una Coppa dei Campioni nell’anno seguente, durante la quale mise in rete il secondo gol che consentì alla squadra di vincere la semifinale d’andata contro il Manchester United (campione in carica) per 2-0. Con la maglia rossonera giocò, complessivamente, 61 partite segnando 17 gol.

A trentasette anni chiuse la carriera nel Napoli, con cui militò per due stagioni, di cui solo la seconda da titolare.

Va detto che con la nazionale Hamrin disputò 32 partite e segnò 16 gol. E con la Svezia giocò anche la finale del campionato del mondo del 1958 (persa 5-2, in casa, contro il Brasile di Pelé). Fu il capocannoniere della squadra nel torneo, con le quattro reti realizzate contro Ungheria, Unione Sovietica e Germania Ovest (scartando sei difensori). Le prestazioni offerte gli consentirono di collocarsi al quarto posto nella graduatoria del Pallone d’oro 1958.

AC_Fiorentina_-_Coppa_Italia_1965-66_-_Kurt_Hamrin
Roma, stadio Olimpico, 19 maggio 1966. Il capitano della Fiorentina, Kurt Hamrin, riceve il trofeo della Coppa Italia 1965-1966 dopo la vittoriosa finale contro il Catanzaro (2-1).
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