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I numeri dell'economia »

La classifica per tasso di incidenza di questa tipologia di aziende sul totale di quelle iscritte nei registri delle Camere di Commercio.
Imprese “under 35”, Salerno sempre al top
Ai vertici della graduatoria le province con gravi problematiche di accesso al mondo del lavoro da parte dei giovani. Commercio, costruzioni, alloggio e ristorazione i comparti più gettonati. Ma il ciclo medio di vita non supera i trentasei mesi.

(Er.Pa.) – La dinamicità imprenditoriale di un territorio è senza dubbio un indicatore importante per analizzare il suo “stato di salute”. Ma nel caso delle imprese “under 35” la “mappa” che si delinea in base ai dati del sistema camerale sembra evidenziare che sono le aree del Paese con più problemi dal punto di vista dell’inserimento nel mercato del lavoro a segnalarsi per una grande e diffusa vivacità. Se da un lato, quindi, si tratta di un elemento positivo – perché dimostra che l’approccio al circuito economico e produttivo è radicalmente cambiato nel giro di pochi anni da parte delle giovani generazioni soprattutto del Sud – dall’altro emerge con tutta chiarezza che è arrivato il momento di sostenere in maniera organica questa tipologia di (auto) impresa, provando prima di tutto a creare tutte le condizioni adatte a superare la soglia di mortalità che si colloca in media pericolosamente a trentasei mesi dalla nascita. Come? Prima di tutto analizzando bene su quali presupposti si basano tanti “avviamenti” ed accompagnandoli nei segmenti di mercato più adeguati a fornire una risposta in linea con le aspettative. E, poi, sostenendo queste micro/aziende nei periodi di criticità iniziale legati prioritariamente alla carenza di liquidità ed alle difficoltà di strutturazione di un piano finanziario non esoso e di medio termine. I dati del territorio salernitano.
La provincia di Salerno si conferma ancora una volta tra le prime d’Italia per tasso di incidenza (13,1%) delle imprese giovanili (guidate, cioè, da un under 35) sul totale delle aziende iscritte nei registri della Camera di Commercio. Si colloca al decimo posto con 15.707 imprese su un totale di 119.558. Per capire l’entità del dato basti pensare che il tasso d’incidenza medio in Italia è pari al 9,8%. Lo scenario delineato da Unioncamere (reso noto il 26 ottobre) è aggiornato al 30 settembre scorso. Ma che interpretazione se ne può effettivamente dare? Per cercare di capire a fondo, occorre dare un’occhiata ai primi della classe in questa particolare classifica. A detenere il primato è la provincia di Crotone – prima in Italia per tasso generale di disoccupazione (31,46%) – e subito dopo troviamo Vibo Valentia, maglia nera nazionale per tasso di inattività. Alle loro spalle si piazzano le province di Caserta, Palermo, Catanzaro, Enna, Napoli e Isernia.
E’ evidente, quindi, che proprio nei territori dove appare più difficile bucare il cancello del circuito occupazionale ritroviamo una più alta crescita delle imprese guidate da giovani. Ma è chiaro che il fenomeno dell’auto/imprenditorialità non è sempre ascrivibile ad una carenza di posti di lavoro. Resta, comunque, la forte correlazione tra alti tassi di disoccupazione giovanile e consistente flusso in entrata di imprese con a capo un under 35 (che molto spesso costituisce l’intera forza/lavoro disponibile). Se allarghiamo lo sguardo alle aree regionali, bisogna constatare “il forte contributo – spiega Unioncamere in una nota di sintesi – dato in molte regioni del Mezzogiorno da chi è nato dopo il 1981: in Basilicata, Calabria e Molise, le iscrizioni di nuove attività da parte degli under 35 superano il 38% delle iscrizioni totali nei primi 9 mesi dell’anno; in Campania rappresentano il 37,5%, in Sicilia il 36,8% e in Sardegna il 33,6%”.
I settori di riferimento.
Ma anche altri indizi inducono a tenere conto del rapporto disoccupazione giovanile/auto imprenditorialità, come emerge dall’analisi dei comparti che prioritariamente assorbono le imprese giovanili. “Fra i settori tradizionali si segnalano – ci dice sempre Unioncamere – il Commercio (29%), le Costruzioni (14%) e le Attività dei servizi di alloggio e ristorazione (10%)”. A conti fatti proprio in questi tre segmenti produttivi gravita il 53 per cento delle imprese under 35. Perché? Perché – spiegano gli studiosi del fenomeno – hanno barriere all’ingresso considerate abbastanza basse rispetto ad altri settori. A questo 53 per cento, si somma l’otto per cento dell’agricoltura (e si arriva, quindi, al 61 per cento) che ha compiuto un grande balzo in avanti, richiamando, in moltissimi casi, giovani in possesso di un profilo formativo medio/alto. Va, infine, rimarcato che – sebbene più recentemente – si registrano dinamiche importanti dal punto di vista numerico anche in settori ad alto valore aggiunto, tra i quali “spiccano le Telecomunicazioni, al cui interno più della metà delle imprese fondate nei primi nove mesi del 2016 si deve ai giovani”. Oppure i Servizi Finanziari. In questo caso i neo imprenditori con meno di 35 anni “sono quasi la metà del totale”. Come pure “nelle attività imprenditoriali legate a cinema, video, programmi Tv e registrazioni musicali, le iscrizioni di imprese giovani superano il 40% del totale”.
Pressione fiscale e ciclo di vita.
Lo scenario economico complessivo – proprio in considerazione dei comparti principali ai quali fanno riferimento le imprese under 35 – non autorizza facili ottimismi. Una recente indagine della Confesercenti, per esempio, ha confermato una dinamica particolarmente difficile proprio nella filiera alloggi/ristorazione/bar, che, sebbene abbia tratto giovamento da una buona stagione turistica, è costretta a fare i conti con un alto tasso di mortalità: quasi un’impresa su due del settore chiude entro i primi tre anni di vita, “a causa di un elevato livello di competizione e di una pressione fiscale molto alta”. Come pure continuano le difficoltà per gli esercizi commerciali tradizionali. Sempre secondo elaborazioni Confesercenti su dati Infocamere/Movimpresa, dall’inizio dell’anno sull’intero territorio nazionale ne sono scomparsi 3.157, al ritmo di circa 11 in meno al giorno. E l’andamento dei consumi viene giudicato ancora troppo debole per incidere sostanzialmente sulle dinamiche di desertificazione commerciale in atto nei centri urbani.

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Cresce il peso delle imprese under 35
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