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I dati del nono rapporto curato da Fondazione Symbola e Unioncamere.
Imprese green? Più competitive
L’aumento del fatturato nel 2017 ha coinvolto il 32% delle imprese che investono in tecnologie “verdi” contro il 24% nel caso di quelle non investitrici.

di Giuliano D’Antonio*

Il problema di recuperare sempre più spazi di compatibilità ambientale rispetto ai cicli produttivi resta la grande sfida da vincere per arrivare ad un’indispensabile equilibrio in grado di garantire la sopravvivenza stessa del nostro pianeta (e dei suoi abitanti, naturalmente). Ma è un problema che non può essere affrontato in maniera strumentale o demagogica, come pure, invece, regolarmente accade. Prima che una “questione politica” rinchiusa nel perimetro di un singolo Stato o di una singola regione o, addirittura, di un singolo comune, il tema deve diventare una questione culturale. Se non si arriva a diffondere la consapevolezza che occorre arrivare ad una nuova visione condivisa del rapporto con l’ambiente – inteso nella sua più vasta accezione – da parte delle imprese come delle singole persone, siamo destinati ad assistere impotenti ad un conto alla rovescia verso una  lunga serie di disastri irreparabili.

Eppure non mancano elementi analitici che consentono di evidenziare come proprio le aziende green oriented – per entrare in un ambito di riferimento di importanza primaria – siano tra quelle che possono vantare migliori perfomance in termini di competitività e di redditività. I dati di “GreenItaly 2018 (il nono rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere) forniscono il quadro di un’Italia estremamente attenta alle tematiche dell’impatto ambientale dei cicli produttivi, in grado di trarre notevoli vantaggi dall’utilizzazione di tecnologie innovative e compatibili.

Qualche numero.

“Sono oltre 345.000 – è scritto in una nota di sintesi di Unioncamere-Symbola – le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito nel periodo 2014-2017, o prevedono di farlo entro la fine del 2018 (nell’arco, dunque, di un quinquennio) in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. In pratica un’azienda italiana su quattro, il 24,9% dell’intera imprenditoria extra-agricola. E nel manifatturiero sono quasi una su tre (30,7%). Solo quest’anno, anche sulla spinta dei primi segni tangibili di ripresa, circa 207 mila aziende hanno investito, o intendono farlo entro dicembre, sulla sostenibilità e l’efficienza”.

Tecnologie verdi e competitività.

Si accennava prima alla competitività. Perché? Perché le aziende “verdi” – ci spiega il rapporto – “(…) hanno un dinamismo sui mercati esteri nettamente superiore al resto del sistema produttivo italiano: con specifico riferimento alle imprese manifatturiere (5-499 addetti), quelle che hanno visto un aumento dell’export nel 2017 sono il 34% fra chi ha investito nel green contro il 27% tra chi non ha investito”. E ancora: “queste imprese innovano più delle altre, quasi il doppio: il 79% ha sviluppato attività di innovazione, contro il 43% delle non investitrici. Innovazione che guarda anche a Impresa 4.0: mentre tra le imprese investitrici nel green il 26% adotta tecnologie 4.0, tra quelle non investitrici tale quota si ferma all’11%”. Ne trae grande giovamento il giro di affari di queste imprese: “(…) un aumento del fatturato nel 2017 ha coinvolto il 32% delle imprese che investono green (sempre con riferimento al manifatturiero tra 5 e 499 addetti) contro il 24% nel caso di quelle non investitrici”.

I green jobs.

Né si può sottovalutare l’apporto di queste aziende alle dinamiche occupazionali. Alla green economy – spiega sempre il rapporto – “(…) si devono già 2 milioni 998 mila green jobs, ossia occupati che applicano competenze verdi. Il 13% dell’occupazione complessiva nazionale. Un valore destinato a salire ancora entro l’anno: sulla base delle indagini Unioncamere si prevede una domanda di green jobs pari a quasi 474.000 contratti attivati, il 10,4% del totale delle richieste per l’anno in corso, che si tratti di ingegneri energetici o agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici o installatori di impianti termici a basso impatto; e nel manifatturiero si sfiora il 15%”.

I divari territoriali.

E’ chiaro che nella “geografia” della green economy esistono differenze tra i vari ambiti territoriali, anche se le imprese verdi sono diffuse in tutte le regioni. La Lombardia è la regione con il più alto numero di imprese eco-investitrici (61.650), seguono Veneto (34.797), Lazio (32.545), Emilia-Romagna (28.270) e Campania (26.176). In termini di province, valori assoluti, Roma (25.082) e Milano (21.547) guidano la graduatoria. A distanza, in terza, quarta e quinta posizione, con oltre 9.000 imprese eco-investitrici si collocano Torino, Napoli e Bari.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)

Foto D’Antonio Giuliano
Giuliano D'Antonio
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