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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Scenari/E’ l’anno delle elezioni europee, ma aumenta la distanza con la dimensione Ue
Imprese e “filiera” istituzionale, dialogo “improduttivo”
Non è più questione di analisi e di diagnosi, non decollano gli interventi decisivi Resta il nodo della scarsa rappresentatività della soggettività politica dei territori

La crisi economica si intreccia inevitabilmente con l’ennesimo passaggio “critico” della politica. E’ senza dubbio un fenomeno di livello nazionale, ma la sua “riproduzione” nello scenario locale assume non poche caratteristiche riconducibili ad un vero e proprio immobilismo irresponsabile (o, addirittura, inconsapevole). E’ del tutto evidente che il territorio salernitano attraversa uno dei suoi periodi peggiori in termini di capacità di concretizzare un programma chiaro e condiviso di iniziative da mettere immediatamente in campo senza attendere chissà che cosa dall’alto. Non è un problema di diagnosi o di “visioni” che – soprattutto grazie ad una parte del mondo dell’associazionismo datoriale – sono state in qualche modo già elaborate, perdendosi, poi, nel silenzio della distanza che si è accumulata in maniera esponenziale tra il mondo del fare e le varie ed inconcludenti “filiere” politico/istituzionali. Nell’eterno scaricabarile tra Salerno ed il resto del mondo anche le progettualità valide ed imprescindibili (metropolitana, aeroporto, sistema retro/portuale e reti logistiche ed infrastrutturali integrate) per attivare un disegno di sviluppo non completamente campato in aria, restano indietro o vivono un presente precario. E’ sempre in stand by – mentre sopravvivono vari ed estesi vetero/municipalismi superati da ogni logica targata realmente Ue – il percorso operativo legato alla costruzione di un’area vasta salernitana capace di dialogare con altri territori virtuosi non solo in termini di contiguità geografica, ma sul filo della condivisione delle produzioni di qualità sfruttando in maniera intelligente le enormi opportunità offerte dal web e dalle piattaforme digitali di business. Tutto è pietrificato dall’imbarazzante inconsistenza nell’aumentare il proprio peso specifico – dal punto di vista delle idee e della capacità di portarle avanti nelle sedi istituzionali delegate – da parte della soggettività politica orizzontale. Perché? Proprio perché alla faticosa e silenziosa operazione di costruzione di reti intelligenti di sviluppo – le uniche che possono ambire ad impattare positivamente sull’arcipelago dei programmi e dei piani sostenuti dai fondi Ue – si preferisce contrapporre percorsi solitari, di respiro corto, inevitabilmente “tarati” sullo scadenzario elettorale o sul tornaconto di breve termine dal punto di vista dei singoli “orticelli” politici. Ed è in questo contesto che si disperdono le energie positive, i fermenti che pure intercettano le problematiche reali della base produttiva – per esempio – o le negatività derivanti dall’ostruzionismo burocratico; o, ancora, la domanda di interventi reali/realistici di politica industriale basata su un’analisi pragmatica del divario di competitività con altri territori. Vogliamo parlare di reti? Reti stradali disastrosamente abbandonate a se stesse; reti di energia e reti internet che solo di recente stanno ricevendo maggiore attenzione dopo i disastri di un recente passato. Continua a mancare, quindi, un approccio di sistema alle varie e vaste problematiche che permangono sul tavolo di una crisi che ha cambiato – e continuerà a farlo – strutturalmente la geografia economica e produttiva del Mezzogiorno e, naturalmente, della Campania e della provincia di Salerno. Non si può ancora ragionare attraverso la categoria analitica degli “asset” trainanti – che resta in ogni caso un riferimento centrale – ma è urgente mettere mano ad interventi premianti per le aziende che sul campo hanno già dimostrato di essere resilienti alle varie ondate della crisi; imprese, cioè, che hanno reagito riadattandosi alle nuove logiche di mercato e che adesso guardano al breve e medio periodo con minore ansia e con un orizzonte più largo. Aziende, quindi, che vanno aiutate nell’agganciare i timidi e controversi segnali di ripresa. Come? Non disperdendo le nuove risorse Ue; accelerando la spesa dei fondi strutturali in scadenza; cambiando le regole del patto di stabilità interno; provando ad alleggerire la pressione fiscale (anche partendo da quella locale); rimettendo al centro della discussione nuove forme di interazione virtuosa tra sistema produttivo ed organizzazioni sindacali (intese anche nelle loro più capillari articolazioni). Ma, naturalmente, è indispensabile recuperare la capacità di agire in maniera concreta ed efficace, in tempi compatibilmente accettabili, da parte delle Istituzioni locali e regionali. Il primo passo – magari – potrebbe essere la valorizzazione della dimensione di maggiore “prossimità” rispetto ai territori ed ai problemi della quotidiana lotta per la sopravvivenza di lavoratori ed imprese. Ma non è una sfida di poco conto, considerando il contesto di partenza. Il problema è che in pochi si sono accorti che il tempo regolamentare è già scaduto e che siamo quasi alla fine dei minuti di recupero.ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it

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