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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Appare evidente che siamo sul confine di una nuova prospettiva sociale, questa sì di natura sostanziale. Ma, intanto, imperversano vecchi “schematismi”.
Il voto, la politica e le “ragioni” dello stipendio
Ma siamo veramente sicuri, che in campagna elettorale - per le europee, per le regionali, per le comunali - si parli di quello che interessa ai cittadini, alla gente comune che è restata aggrappata in questi anni allo stipendio, così lontano da quanto si guadagna andandosi a sedere sulla sedia di un qualsiasi Parlamento?

Come era facilmente prevedibile, la situazione politica appare destinata ad assumere, regolarmente, un clima di scontro pragmaticamente progressivo, ineludibile, per arrivare alla determinazione di un quadro ben preciso, senza alcun tipo di contraddizione: o di qua o di là. E cioè: da un lato i buoni, coerenti con i propri principi più volte declamati, dall’altro i “cattivi”, alle prese con una serie di “bugie” che devono essere tenute bene in evidenza. Insomma, poco spazio alla creatività o alla fantasia: la politica italiana ha talmente le idee chiare che non “teme” di indicare con largo anticipo ai propri elettori le cose che non vanno nello schieramento contrario, più volte descritto come la conseguenza più evidente di una vera e propria contraddizione che va accantonata, anzi superata. Inutile richiamare, elencare, la serie di errori compiuti a centro, a sinistra e a destra, fino a confondere con una certa regolarità – anche dal punto di vista strettamente temporale – la sequenza di schieramenti che, in fondo, è lì a testimoniare come non sia cambiato proprio nulla negli ultimi venti, trenta’anni più o meno. Come, in realtà, abbia assunto “solo” un’altra valenza epocale la scelta dei partiti che ora sono più lontani, molto più lontani, dal rappresentare una vera e propria scelta esistenziale, oltre che politica. La crisi del significato dei partiti, perché proprio di questo aspetto si tratta, è, ormai, una vicenda che riguarda una parte talmente piccola dell’universo complessivo di quanti riescono ancora a trovare la motivazione didattica per recarsi al seggio elettorale, che in effetti è molto vicino a non significare quasi più nulla. E’ questa la vera e unica contraddizione che attraversa – puntando a prenderne un vero e proprio giovamento di carattere utilitaristico, ovviamente – la politica: meno siamo? Meglio siamo. Ma, a ben vedere, nell’immobilismo più totale, alla vaga ricerca di una ragione concreta per scegliere chi votare – con vari perché che vanno dall’interesse personale a una ragione politica anche di carattere storico o, se volete, anche filatelico –  è evidente che siamo sul confine di una nuova prospettiva, questa sì di natura sostanziale. Se voti da una parte forse ci coloreremo di parole d’ordine che, in realtà, non preludono a nulla di tutto quello che vogliono lasciare immaginare; se voti dall’altra, lo scenario che si apre è ugualmente ondivago e abbastanza inconcludente. Restano i confini delle cose che si devono fare, che si possono fare, che le ragioni degli interessi prevalenti – quelli dei grandi gruppi di potere che comandano sempre il mondo (sotto il profilo economico, ovviamente) – configurano come evidenti e urgenti, senza alcuna possibilità di rinviare.

Quello che ci sembra lontano, quasi svanito nel nulla, è l’insieme di ideali, di principi nei quali, invece, bisogna ancora – o non più? – almeno provare a credere. In che percentuale si affermeranno mai queste banali e semplici riflessioni che ormai esulano strutturalmente dal “dibattito” politico? Ma siamo veramente sicuri, che in campagna elettorale – per le europee, per le regionali, per le comunali – si parli di quello che interessa ai cittadini e non ai “politici”, ai “partiti” e non alla gente comune, che è restata aggrappata in questi anni allo stipendio, così lontano da quanto si guadagna andandosi a sedere su una sedia di qualsiasi Parlamento?

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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