contatore visite free skip to Main Content
info@salernoeconomy.it

GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

La vittoria degli animal spirits nella scala delle priorità che determina la selezione delle news.
Il valore (anche) mediatico delle imprese coesive
E’ del tutto evidente che le aziende interessate a posizionarsi adeguatamente nel circuito delle relazioni dovranno convincersi che l’unica strada percorribile è quella legata alle dinamiche dell’inclusività.

Alla luce dello scenario relativo alle dinamiche più attuali dell’info/comunicazione (così come sinteticamente descritte negli ultimi tre numeri della newsletter di SalernoEconomy), diventa complicato immaginare percorsi di veicolazione nei canali mediatici delle attività delle imprese sia in caso di buona che cattiva reputazione. L’ingresso dei social nell’arena ha di fatto spostato l’asse centrale del sentiment complessivo (addetti ai lavori, politica, istituzioni, corpi intermedi e, soprattutto, attori mediatici e utenza finale del percorso delle notizie o delle non notizie) dalla testa alla pancia. Si è di conseguenza verificata la vittoria degli animal spirits nella scala dei valori che determina la selezione delle news al punto che la stessa gerarchizzazione classica delle fonti è oggi relegata in secondo piano rispetto alla constatazione che la cosiddetta onda dei social rappresenta di per sé un fattore che influisce sulla domanda di informazione alimentando un’offerta che non sempre può tenere conto dell’effettiva rispondenza ai criteri di verità e di verificabilità dei fatti (o non fatti) che approdano nell’immenso bacino dell’utenza dei social. Per intenderci: non ha più molta rilevanza andare a scoprire – magari dopo qualche ora, qualche giorno o qualche mese – che quel fatto (o quel non fatto) non aveva alcun fondamento: in quell’esatto momento si è rivelato un fatto (o un non fatto) perché ha suscitato l’attenzione generale – e, quindi, la richiesta di informazioni – relegando in secondo piano il sostanziale accertamento della sua veridicità o meno.

In considerazione di questo preoccupante stato di cose come si può porre il comunicatore d’impresa chiamato a mettere in campo una strategia mediatica al fine di rendere noti eventi positivi o negativi per l’azienda committente?

Occorre a questo punto fare un passo indietro. La prima questione dirimente riguarda l’orientamento gestionale ed organizzativo dell’azienda e le scelte che sono state decise in merito alla relazionalità complessiva con il territorio nel quale opera.

E’ del tutto evidente che le aziende che sono interessate a posizionarsi adeguatamente nel circuito delle relazioni mediatiche – ma prim’ancora istituzionali, politiche eccetera eccetera – dovranno convincersi che l’unica strada percorribile è quella legata alle dinamiche dell’inclusività, dovranno, in altre parole, sforzarsi di diventare aziende coesive; aziende che, cioè, non si presentano (e non operano, ovviamente) come entità avulse dalla comunità nella quale – anche solo per una mera questione di localizzazione – sono inserite.

Da questa scelta primaria dipende quasi del tutto la tipologia di info/comunicazione che dovrà/potrà essere messa in campo, perché qualora non fosse questo l’orientamento, si dovrebbe ripiegare su un’impostazione molto più regressiva e, quindi, eminentemente difensiva che – nel medio e lungo periodo – avrà maggiori difficoltà a gestire eventi o cicli reputazionali e mediatici di crisi.

Queste due opzioni prescindono – è bene sottolinearlo – dalle programmazioni di campagne di marketing/commerciali, ma riguardano, invece, specificamente l’atteggiamento relazionale verso tutti i soggetti con i quali un’azienda è chiamata ad interloquire sia all’interno che all’esterno del perimetro del proprio sito produttivo.

Le innovazioni più interessanti dal punto di vista info/comunicativo – che vanno nella direzione della piena integrazione dell’azienda con il territorio e con la comunità con la quale più da vicino interagisce – riguardano le imprese cosiddette coesive. Si tratta di quelle aziende che hanno in corso una relazione positiva con il territorio di riferimento, quelle che hanno contatti non solo legati al proprio business (fornitori, rete istituzionale eccetera eccetera), ma che hanno saputo interpretare un ruolo propulsivo all’interno della comunità nella quale fisicamente si collocano. Si tratta di aziende che sono pienamente consapevoli della valenza sociale insita nell’attività d’impresa e che percepiscono pienamente il valore  di una relazionalità aperta e trasparente non solo in termini di “buona accoglienza” e, quindi, di vantaggio competitivo, ma anche dal punto di vista del valore aggiunto sociale (oltre che economico) che sono in grado di riflettere sulla comunità della quale (consapevolmente o inconsapevolmente) fanno a pieno titolo parte.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

@PappalardoE

Glocal-business-man-1031755_960_720
Chi vince nell'arena info/comunicativa?
Back To Top
Cerca