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Scompare lo “Stato intelligente che riesce a cedere sovranità verso l’alto e verso il basso.
Il “tempo progettuale” si arrende e finisce in tilt per la guerra
“Usciamo dalla crisi pandemica senza una vera bussola e la visione del Pnrr si allontana, mentre scarseggia la fattibilità dei processi. Lo spaesamento si moltiplica”.

di Pasquale Persico

Perché c’è bisogno dell’anticipatory governance? Il termine anticipatory governance ha una genealogia complessa. Tre principali componenti sono confluite nei recenti sviluppi ed hanno contribuito a forgiare l’idea di anticipatory governance: la nascita e l’istituzionalizzazione delle nanotecnologie; la pianificazione urbanistica; la trasformazione del potere esecutivo imposta dalle crescenti complessità e velocità dei processi politici e sociali (Fuerth 2009).

L’espressione anticipatory non ha natura previsiva, prevale, invece,  la consapevolezza che la decentralizzazione e la nuova propensione delle strutture gerarchiche possano migliorare la capacità delle varie istituzioni di auto-organizzarsi, e cioè la propensione di queste ultime ad adattarsi al cambiamento. «I sistemi tradizionali di formulazione delle politiche sono basati sul presupposto della linearità. La linearità distorce la nostra nozione di causa ed effetto. Siamo soliti dividere il governo in gerarchie verticali che ordinatamente seguono norme giuridiche, confini burocratici; inoltre si è consapevoli della  selezione e formazione del proprio personale, con il presupposto che alla fine il risultato sarà quello di azioni pienamente integrate, parti di un insieme pienamente funzionante».

I buoni propositi del Pnrr in una diversa  direzione, più complessa, si sono indeboliti per diverse ragioni, le nuove emergenze politiche e la debolezza dei sistemi di valutazione hanno poi moltiplicato il tema strutturante che è poggiato sulla visione transdisciplinare; questo tema di confronto, per affrontare l’emergenza clima, i rischi idrogeologici, la transizione ecologica e la transizione digitale, non è mai emerso; invece,  il problema di una cultura transdisciplinare da mettere a servizio dell’anticipatory governance è vitale, ma le pratiche esistenti nelle Università e nelle attività di progettazione private sono lontane da un dialogo costruttivo delle diverse discipline ed ognuna di esse ragiona con il suo tempo progettuale.

I criteri di valutazione ignorano questa problematica e presuppongono i temi di una normale conferenza di servizio a supporto di un processo decisionale, tipo variante urbanistica o semplificazione. La guerra, poi, ha stravolto tutto  e le pressioni politiche vanno verso l’adesso dei risultati.

La nozione complessa di tempo, come pensiero scientifico viene ignorata; ad esempio il tempo della  geologia è diverso dal tempo della geofisica ed il tempo dello strutturista trascura il tempo del dissesto e del rischio climatico. Non parliamo poi del tempo della politica e della visione delle famiglie e delle imprese.

Conclusione: usciamo dalla crisi pandemica senza una vera bussola, e la guerra accorcia il tempo delle decisione, la visione del Pnrr si allontana e tutti invocano una revisione; i diversi tempi da accordare nei progetti potenziali danno scacco matto alla fattibilità dei processi; l’entropia dei processi aumenta e lo spaesamento si moltiplica.

Il problema del tempo di progetto, coerente con la visione, richiederebbe diverse teorie scientifiche e filosofiche da mettere a confronto, tra gravità quantistica e tempo newtoniano, ad esempio, per non parlare della relatività. Poi c’è l’esperienza del tempo vissuto che pervade i comportamenti che spesso hanno fretta di saperne di più sul proprio domani.

Ed allora? Allora, aspettiamo che anche la politica faccia proprio questo concetto apparentemente difficile di anticipatory governance;  la Costituzione italiana ben tratta l’argomento  con la parola sussidiarietà istituzionale; si ipotizza un’ armonia legata alla responsabilità della politica e dei partiti nel sapere sposare  visione  e realizzazione, con lo sviluppo delle istituzioni democratiche di supporto, a partire dallo Stato  intelligente che sa cedere sovranità verso l’alto (organizzazioni internazionali) e verso il basso (Regioni, Comuni, imprese ed organizzazioni non profit).

La speranza di una visione comune tra Costituzione degli Stati e Costituzione europea è ancora in campo ed a partire dalle elezioni in Francia questa speranza può essere alimentata, mentre la sussidiarietà dal basso dovrà fare sentire la sua nuova soggettività politica non avvertita dalle leadership politiche in campo, in Italia ed in Europa.

 

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Pasquale Persico
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