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L'altra notizia »

Il Punto di Arpocrate. Il dopo Brexit

di Pasquale Persico

Da diversi anni molti giovani studiosi hanno trovato collocazione in prestigiosi atenei del Regno Unito. Il loro status – che costituisce anche un buon indicatore della qualità della città che li ospita – è stato fino ad oggi quello di residente equivalente. La grande isola nazione coloniale per cultura secolare considerava lo straniero – come Nausica “inquadrava” Ulisse – una probabile fonte di ricchezza, specie se contribuiva a formare il capitale innovativo e  scientifico delle proprie Università. Oggi la regressione è evidente, e  come per altri Stati fondatori dell’Unione europea, lo straniero, anche se studioso di chiara fama, non è più un elemento ritenuto necessario alla comunità per il progresso. Molti studiosi italiani sono considerati solo “stranieri residenti” ed il lungo tempo della residenza allontana e non avvicina allo status  della doppia cittadinanza.  Abitare e migrare si contrappongono e la politica sovranista fa riemergere i fantasmi dello jus sanguinis e dello jus soli in Gran Bretagna come  in molte altre nazioni Europee. L’Europa in ritardo cerca rimedi, ma il caso Brexit invece che portare buoni consigli ispira istinti primordiali di difesa del territorio, territorio che la storia insegna essere appartenuto temporaneamente a molti altri popoli erranti o conquistatori. E allora? La nuova era dei muri ritarda ancora la civiltà plurale evocata da A. Camus  nel 1957, civiltà plurale ancora presente, per fortuna, nelle città evolute dell’Europa in metamorfosi. Dalle città arriverà la soluzione per il ridimensionamento della nuova visione dello Stato-Nazione, pachiderma in estinzione  raccontato da ammalati di negligenza unilaterale spazio/tempo.


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