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Il Punto di Arpocrate di Pasquale Persico/Ultima conversazione sulla città che verrà con Paolo Portoghesi.

Una lezione in tandem fatta durante la pandemia del 2021, ci permise di  raccontare – a studenti universitari che seguivano un corso sui beni culturali dell’Università di Roma – come avevamo interpretato, in tempi diversi, i luoghi su cui poggiare il nostro concetto di città. Lui era già da tempo nella sua casa e nel suo giardino di Calcata;  fui io,  per primo, ad introdurre il suo progetto per la Fondazione Alario, a Velia, l’antica Elea, oggi Ascea. La sua ispirazione faceva riferimento al mondo Greco. Gli standard immateriali indispensabili, per parlare di nuovo luogo, erano tutti presenti nel progetto; le attività della Fondazione nei luoghi della scuola eleatica potevano vivere nello spazio ad  urbanità duratura. Due teatri, il segno immanente della biblioteca di Efeso, come fondamentale per dare impulso alla ricerca sui temi del pensiero occidentale, i materiali del travertino come riferimento al mondo classico della Grecia e non tanto della vicina Paestum, ancora oggi, dalla piazza, parlano dei suoi pensieri sulla possibile città contemporanea. Io, sopraggiunto alla Fondazione come presidente, qualche decennio  dopo, ebbi modo di ricordare ai ragazzi del master, che proprio partendo dal concetto della casa di Pitagora di Ugo Marano, nel Vallo di Diano,  ho potuto rendere esplicita la connessione del mio progetto strategico per il Parco del Cilento, con il progetto di Portoghesi, appunto.

La ricerca fatta insieme all’amico artista, mi consentì di allargare il concetto di città. La Città del Parco, metteva insieme  96 comuni, invece dei 15 da lui prefigurati per la Città del Vallo. I nuovi standard ambientali subentrati con la nascita dei parchi nazionali nel 1994, cioè dieci anni dopo la sua proposta di Città, unione dei 15 comuni del Vallo di Diano, rendevano espliciti  i  presupposti per parlare  di una città all’avanguardia sui temi della transizione ecologica e transizione energetica, la Città del Parco, arcipelago di luoghi a contemporaneità moltiplicata e plurale. Certo, la sua architettura affondava nel barocco della città da esaltare, ma la sua era anche una proposta di città  concreta, di fusione innovativa dei comuni che avrebbero trovato un policentrismo regalato dalla storia degli attraversamenti e da una ricchezza di standard ambientali inimmaginabili, (vedi la Valle delle Orchidee). La proposta di una  storia da realizzare era basata su un comportamento istituzionale completamente diverso da quello perseguito in Val’d’Agri, dove lo stesso Portoghesi aveva tentato di introdurre il concetto di città policentrica. Ma i sindaci delle due Valli, non sono sempre apparsi, in quegli anni (e anche dopo), al passo dei tempi, abbagliati da altri percorsi di tipo politico o, forse, dalla necessità di un protagonismo maggiormente riconoscibile.

Il discorso critico sull’architettura della città, di Portoghesi, fu molto semplice: il suo riferimento rimanevano gli standard da fare riconoscere come evoluzione della cultura greca, visione  sulla città che si contrappone a quella tecnologica e funzionale della città romana e a quella, a lui contemporanea, subordinata alla rendita urbana. Lo stesso Albert Camus nel suo taccuino, relativamente al viaggio a Paestum, ci illumina per riferirlo, poi, anche a Portoghesi: a Paestum non c’è cultura greca, solo tecnologia copiata.

In questa mia nota di ricordo, voglio ribadire che, nonostante il rifugio nel quale si era ritirato, la sua casa continuava a riempirsi di libri, ed il giardino, di piante; il suo primo libro sul Borromini  poteva essere associato alla felce come pianta di riferimento fermo, dopo la glaciazione; poi la sua curiosità aveva  prodotto un’evoluzione della ricerca, ibridante, ed i suoi pensieri stanno, oggi,   bene nella Valle delle Orchidee del Vallo di Diano, oltre che nel suo magnifico giardino, a contemporaneità al quadrato. Libri, piante e fiori  crescono insieme, e parlano di futuro.


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