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Il Punto di Arpocrate di Pasquale Persico/Servizi ecosistemici, città metropolitane ancora in grave ritardo.

Federica Russo, Gabriella ed Antonio Nesticò (Università degli Studi di Salerno) hanno prodotto un interessante studio sulla capacità dei territori di produrre servizi ecosistemici, iniziando dalla Campania, ma l’aspettativa dei risultati non sarà molto dissimile per le altre regioni dove vi sono le città metropolitane. Il ruolo dei servizi ecosistemici è un tema di grande rilevanza e centralità nei dibattiti attuali riguardanti l’ambiente, l’emergenza climatica e le strategie di sviluppo sostenibile. Il capitale naturale, fonte inestimabile di benessere per il genere umano, è vittima di un continuo sfruttamento insostenibile da parte dell’uomo; ciò comporta una significativa trasformazione degli ecosistemi e una conseguente perdita di biodiversità in tutto il pianeta. La politica economica ed ambientale ha generato grande attenzione all’attivazione di politiche compensative, quando non è possibile la transizione ecologica veloce ed efficace. L’argomento introduce la responsabilità delle città metropolitane nel cattivo uso delle risorse del Pnrr messe a disposizione per la forestazione urbana, cioè un obiettivo chiave per la tutela del nostro territorio e delle sue risorse di capitale naturale. Dai risultati della ricerca, per la Campania in particolare, ma vale per tutte le regioni a cui si è fatto riferimento, gli schemi PES, pagamenti o penalità per i servizi ecosistemici  resi o non resi, possono  contribuire a ridurre le disuguaglianze, ad alleviare la povertà e a migliorare i mezzi di sostenibilità sociale, specie, se inseriti in efficaci strategie di sviluppo sostenibile. Requisito preliminare per l’applicazione di tale strumento è la valutazione economica degli ecosistemi e dei servizi da essi svolti, ed è questo il focus dei tre ricercatori studiosi e pionieri, già citati.

Ebbene, alla fine dello studio, con spiegazioni molto chiare, si capisce che le aree metropolitane, a partire da quella campana, non sono e non saranno in grado di produrre ecoservizi in termini di massa critica bastevole, anche perché esse hanno fatto a gara a non raggiungere la superficie minima richiesta dalla pianificazione Pnrr, superficie difficile da sottrarre  alle esigenze di sviluppo della rendita urbana, o dell’uso del suolo previsto dai piani regolatori.

Si può osservare, da altri studi, che in molte regioni dove ci sono le città metropolitane, a partire dalla Campania, le attività forestali sono in difficoltà per mancanza di trasferimenti adeguati alle comunità montane dove ancora esistono ed ai sindaci delle aree montane, anche se non inserite in nessuna normativa di tutela.

Si dovrebbero, allora, segnalare proprio i sindaci delle città metropolitane al fine di ottenere compensazioni adeguate, come avviene per ogni danno ambientale causato da attività che ostacolano la transizione ecologica (vedi Legge Marzano, ancora non abolita).

Questo tipo di valutazione per adesso è lontana dai temi della revisione del Pnrr. Invece,  le risorse destinate alla forestazione non utilizzate potrebbero essere dirottate ai comuni montani in rete, su obiettivi legati a una maggiore efficacia allargata dei servizi ecosistemici, ad esempio: buona gestione, con il contributo delle imprese, dei piani Natura 2000.

Ecco il punto chiave, nessun protagonismo politico, in termini di sussidiarietà e reciprocità in rete tra comuni ed imprese. Queste ultime mostrano un protagonismo, per così dire, in ritardo nel proporsi; poche imprese, una percentuale bassissima del tessuto territoriale, si sono destate, le altre  ancora appaiono sopite, sognando l’aiuto di bandi inopportuni.  Invece , esse dovrebbero  manifestarsi attraverso una  rete strategica, partendo dai Bilanci ESG ( E-transizione ecologica, S- lotta alle disuguaglianze sociali, e G-innovazione nella governance sostenibile).

La politica, però, ritarda ad elaborare strumenti compensativi sulla transizione ecologica e sull’autonomia energetica. Non restano che le denunce? Di solito, questa, è una strategia che non funziona nei sistemi capitalistici arretrati e dove si tenta di modificare la Costituzione invece di valorizzarla e utilizzarla come lampada etica che  illumina  la politica economica e l’innovazione nei processi di nuova governance.


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