contatore visite free skip to Main Content
info@salernoeconomy.it

La notizia del giorno »

Il Punto di Arpocrate di Pasquale Persico/La politica economica, il debito buono e la transizione della Meloni.

Se la politica economica residua abbandona, con il Pnrr, il faro del debito buono, salta la transizione politica della Meloni? Per dare sostanza a questa affermazione, ricordo che esistono varie dimensioni valutative dei processi complessi che guidano lo sviluppo, spesso affidati a leadership organizzative. Una prima è definita idraulica (“L’arte della leadership”- James G. March, Thierry Weil, Il Mulino/2007), cerca di padroneggiare le dimensioni più rilevanti dell’organizzazione complessa da mettere in campo, esaltando gli strumenti tecnici di riferimento e messi a disposizione dei beneficiari delle azioni. Questa visione presuppone una altissima competenza dei vertici della organizzazione nel comprendere le specificità dei singoli territori e degli ambiti amministrativi, dove deve penetrare l’efficacia e l’efficienza delle azioni. Una capacità di iniziativa forte entra in campo, basata su deleghe e monitoraggi, con sistematici controlli condotti grazie a efficienti sistemi informativi, capaci di rilevare anche il senso di comunità residuo o partecipativo. Era questa anche la visione proposta da Draghi e suggerita dal suo staff durante un convegno  Anci sul modo in cui il Pnrr avrebbe dovuto fare  arrivare risorse  sul territorio. Il criterio del debito buono doveva essere il faro, attuando riforme per la risalita della efficacia della spesa pubblica a vantaggio della produttività territoriale e del Mezzogiorno in particolare. Oggi, dopo la pandemia e la nuova aggressività  della forza dei monopoli internazionali della finanza e dell’energia, che approfittano anche delle guerre, il rigore non è più al centro della riflessione su come governare il deficit ed il debito. I due autori appena citati, non a caso, allargano la prospettiva sul come costruire progetti a fattibilità più aperta, e mettono in campo una seconda ipotesi che chiamano approccio poetico o flessibile alla governance strategica. In questo caso la sintesi organizzativa con la  cura dello sguardo territoriale largo dovrebbe coltivare  una visione – disponendo delle autorità di governance necessarie – senza  diffondere inquietudine, ma cercando  di incoraggiare il metodo e l’apprendimento collettivo ed istituzionale (coordinamento tra Unione europea, Governo, Regioni, Comuni e partecipazione della maggior parte delle istituzioni della sussidiarietà e della reciprocità, vedi Costituzione).

La campagna elettorale per le europee, come prospettiva, sta facendo emergere, con miopia, la necessità di allontanarsi dai temi principali che davano sostanza al Pnrr, remando contro le strategie economiche della transizione ambientale, energetica e digitale. Si vuole evitare ogni cessione di sovranità che dia vantaggio ad  una probabile nuova politica fiscale Ue, rendendo incerto tutto il tema del nuovo patto di stabilità che, invece, dovrà essere lo strumento del futuro dialogo di politica economica possibile tra Europa e Stati nazionali.

Allora? Allora nessuno dei modelli descritti è in campo, l’effetto spiazzamento degli investimenti privati è il principale elemento di preoccupazione, troppi investimenti, o spesa pubblica,  in debito, rispetto a quelli connessi agli investimenti privati e pubblici ad efficacia moltiplicata. L’autonomia differenziata come prospettiva, non allargando le macroregioni di riferimento, rischia di rendere inutile lo studio commissionato a Draghi dall’Europa sulla risalita della produttività delle macroaree europee, perché questa nuova opportunità non è percepita dagli Stati membri e l’Italia ha iniziato un percorso regressivo, con visione per ambiti ristretti.

In definitiva il ritardo con il quale stiamo incassando i miliardi del Pnrr sono il segno che qualcosa non funziona nel modello di governance applicato e lo spread non potrà che salire a favore di una finanza internazionale che cammina con i suoi parametri prudenziali ma remunerativi: astenersi dal finanziare gli Stati a rischio crescente di stabilità e che evitano la persistenza della politica economica a debito buono. E’ necessario un nuovo patto sociale rinnovando il tema del compromesso storico, ritornando ai valori della Costituzione sui temi della reciprocità istituzionale. Nessuno si salva da solo, sarebbe dovuto essere lo sguardo nuovo da rendere universale anche dopo la pandemia,  quello sguardo dovrebbe allargarsi nel nuovo patto di reciprocità per la risalita della prudenza nell’approfittare delle risorse del Pnrr. In maniera coerente con il principio di base bisognerebbe evitare effetti/spiazzamenti discorsivi. Il miraggio di un premio elettorale connesso nocciolo duro dei propri elettori, con una “riparazione” del disagio provocato dalla forza dei monopoli,  finirà per essere scoperto tra  qualche mese  ed il pericolo di un patto di stabilità avverso è dietro l’angolo. Scompare ogni ipotesi di nuova efficacia della politica economica nazionale ed europea, e riparte solo la necessità di una nuova lunga transizione politica inopportuna e fuori dal tempo della storia economica e politica potenziale, che,  invece , verrà.


Back To Top
Cerca