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Il Punto di Arpocrate di Pasquale Persico/Draghi, Calvino e l’ombra da sconfiggere della malinconia civile.

Sembra un ritorno con semplicità ed umiltà quello di Draghi, per inquadrare i nodi da sciogliere sull’Europa e la politica economica italiana. C’è la prospettiva di una evoluzione significativa della Comunità Europea, è per esporre questa possibilità, egli non può non ricordare il ruolo della Banca Centrale Europea a partire dal 2012, con il risultato di stabilizzare in parte il ciclo economico delle nazioni di appartenenza. A partire dalla pandemia, però, sono emersi temi (clima, autonomia energetica e guerra in Ucraina) che ci obbligano ad un comportamento di appartenenza ad una economia del continente europeo piuttosto che ad un patto-somma delle singole politiche nazionali. Emerge la lezione americana di Italo Calvino sulla “molteplicità” come approccio, il suggerimento tecnico diventa esplicito: fare emergere una politica economica europea, ancora latitante, con una chiara ma necessaria cessione di sovranità sui temi della politica fiscale strategica (la spesa in comune nei settori  citati,  e non solo, deve emergere con chiarezza).

La via della cessione di sovranità specifica e condivisa, per Draghi, è il minimo comune del numeratore che specifica l’impegno percentuale in crescita della politica economica europea. Ritorna, senza nominarlo, il concetto di debito buono e l’emersione di un coordinamento che dia voce a politiche europee e nazionali più mirate ed efficaci, con debiti sotto controllo. Draghi non ne parla, ma è evidente che questa prospettiva farebbe entrare il futuro del partito della Meloni, dalla porta principale nella stanza del gruppo dei partiti moderati europei. Il richiamo di Draghi  dice: “Noi dobbiamo, a differenza del passato, evitare di espandere l’Europa delle periferie (tra poco Balcani ed Ucraina) senza rafforzare il centro della politica economica europea”, è il concetto chiave sulla politica fiscale connessa alla nuova cessione di sovranità. Ecco rafforzarsi, in questa prospettiva, anche il dramma della Lega di Salvini, ma  non dei governatori della Lega. La nuova regola europea dovrebbe valere anche sul tema delle Autonomie delle Regioni. La politica economica nazionale deve essere rafforzata con una nuova visone delle macroregioni. La richiesta di Autonomia delle attuali regioni va bilanciata con un rafforzamento anche del centro. La spesa efficace della politica economica deve trovare un nuovo equilibrio tra centro e periferie (vedi il tema del disastro alluvionale della pianura padana dove non basterà il coordinamento di solo tre regioni per parlare di nuova efficacia dell’assetto di difesa suolo, sempre nell’ambito strategico della macroregione padana). Le strategie del passato che hanno garantito all’Europa sicurezza e prosperità sono diventate obsolete (vedi le politiche di coesione) e nessuno dei passati Governi ha saputo anticipare i temi oggi in emersione. La transizione climatica, quella ambientale ed energetica richiedono un cambio dei paradigmi di riferimento e la cessione di sovranità specifica è senza dubbio un elemento decisivo. Maggioranze conservatrici e potenziali maggioranze progressiste, oggi minoranze, devono trovare un nuovo terreno di reciprocità istituzionale per parlare di politiche economiche efficaci in termini di economie dei continenti.

Il tempo per entrare nella storia è arrivato ad una svolta decisiva, cerchiamo di non ammalarci di malinconia civile.

 

 

 


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