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Il Punto di Arpocrate di Pasquale Persico/Carlo Levi, Maria Padula, Caggiano, Montemurro, Aliano.

Ispirato dalle riflessioni di Eloise Lonobile, appassionata di letteratura, e dall’idea di Giovanni Caggiano, presidente Asmel, di proporre una riflessione su Carlo Levi ed il Sud, ho chiesto al direttore del Dipartimento di Scienze Umane CNR, il Prof. Salvatore Capasso, anch’egli con la passione della pittura, oltre che dell’economia, di avviare una riflessione sugli ecosistemi di innovazione ed il significato dei colori dell’assenza che, a partire da Carlo Levi ed Ernesto De Martino, sono descritti,  nei loro libri, come caratteristica dell’antropologia dei luoghi, della storia delle popolazioni del Mezzogiorno e dei SUD del Mediterraneo.

È partita, allora, l’idea di un inventario della ricerca da fare emergere dai numerosi istituti CNR del Dipartimento di Studi Umanistici, per proporli all’attenzione in un convegno-viaggio nei luoghi dell’Assenza di Soggettività Istituzionale, da programmare per il 2025. La studiosa Eloise Lonobile ci suggerisce di approfondire i particolari campi semantici di “Cristo si è fermato ad Eboli”, come se fosse un quadro raffigurante una “Natura morta”. “L’ambiente è inequivocabilmente rurale e povero; prova ne sono gli alimenti distesi a seccare (i fichi, i pomodori, cioè cibi da contadini). La casa, dalla quale si parte per il punto di vista descrittivo, assomiglia molto alle antiche case dei vecchi borghi contadini, con alti soffitti e balconi di ferro; case dove, durante l’estate, l’aria è fresca e al contempo pesante. Sia qui che là, si descrive la tranquillità di una scena statica, dove ciò che maggiormente traspare, oltre ai colori del quadro, sono le sensazioni dell’anima. Oppure è l’emozione che l’artista prova nell’osservare e restituire una visione di verità” (vedi anche il Violinista al balcone di Matisse). Carlo Levi è stato, prima che scrittore, un pittore attento a restituire dei valori veritieri all’arte, ponendosi contro la poetica veloce del futurismo e del modernismo a oltranza e senza una visione storica approfondita”.

Maria Padula , nata a Montemurro, con le sue tele colorate della Val D’Agri, ha  dipinto con colori dallo sguardo largo il prendersi cura dei paesaggi e delle persone, di cui parla Franco Armino a proposito di Aliano e dei paesi in generale. Anche lui, indirettamente, fa riferimento a Carlo Levi. I colori dei due artisti pittori sono, pertanto, una testimonianza di un territorio dimenticato e/o colonizzato; essi parlano dei Sud come esempio di questa frammentazione assurda e della moltiplicazione delle assenze di una minima soggettività politica ed istituzionale, dei luoghi.

Ecco la richiesta di Giovanni Caggiano: rappresentare meglio questi comuni e le loro potenzialità con gli occhi della ecologia della mente, in parte già misurabile dagli Accordi Istituzionali CUGRI-Asme di supporto all’incremento di capacità di governance e di movimento delle comunità locali e dei partenariati transdisciplinari incardinati negli Ecosistemi di Innovazione nel Mezzogiorno, “arenati” nelle secche burocratiche e nei vuoti sguaiati della partitica.

In linea con quanto sopra detto, la scrittrice di letteratura ci dice che i colori di questi comuni, descritti da Levi, hanno anche un valore di verità, nel senso che rappresentano il calarsi, da parte del narratore, nell’immaginario collettivo del luogo in cui egli si trova. La ricerca di un valore di verità in opposizione alla poetica di falsa modernità del futurismo di allora e di oggi, ci riconduce al contesto del romanzo ed alla sua attualità. Scritto tra il 1943 e il 1944, Cristo si è fermato a Eboli è la narrazione autobiografica del confinamento dello scrittore in Lucania (Aliano), durante gli anni del fascismo.

La scrittrice Eloise Lonobile sottolinea che il libro é un racconto di guerra, un racconto politico, che, tuttavia, per il tono dimesso e umano in cui è raccontato e per i temi che sviluppa, presenta valori di fratellanza, tolleranza e pace (le nuove trasparenze desiderate della Reciprocità nella Governance delle Organizzazioni che ci circondano). Valori che ricordano, appunto, la figura del Cristo presente nel titolo, finalmente spiegato. Il Cristo (cioè i valori di fratellanza e pace) dovrebbe esistere e se esiste, si è fermato a Eboli, nel senso che non è mai arrivato fino alle terre più desolate del Meridione, dove si svolge la vicenda di altri molti Sud, oggi in maniera ancora più drammatica. “L’assenza di movimento, la stasi che permea l’intero romanzo e che si respira nello stesso titolo è reale e tangibile, è un elemento concreto della vita quotidiana del Meridione; ma essa è anche una grande metafora della stasi politica ed economica, dell’assenza di provvedimenti legislativi e organizzativi per migliorarne le condizioni” Mischiare i colori micro di Carlo Levi con i colori e con gli strumenti concettuali del PNRR in pericolo di obsolescenza potrebbe essere una ricerca da fare. La scrittrice appassionata li descrive.

“i Colori: le trecce di fichi nere di mosche; gli stendardi neri; la conserva di pomodoro color del sangue; il Mar Rosso. Due sono i colori dominanti: il nero e il rosso, due colori forti e in contrasto, sia cromaticamente che dal punto di vista del significato. Il nero, da sempre, connota valori negativi nella nostra cultura: è associato alle tenebre, al freddo, alla morte, al lutto e a “la passività assoluta, lo stato di morte completa e senza mutamenti” (dal Dizionario dei simboli, Biblioteca Universale Rizzoli). Il rosso è il colore del sangue, del fuoco, della vita, del calore, della passione e della forza impulsiva e attiva; ma, quasi paradossalmente, il rosso è anche associato alla morte, perché può simboleggiare il sangue sparso e che ancora è segno di guerre”.

I Rumori: vi è il grande silenzio della campagna, interrotto, o piuttosto accompagnato, solo dal mormorio continuato delle mosche; poi, nell’ultimo periodo, comincia a battere una campana dalla chiesa vicina. Il silenzio della campagna è tanto più profondo (pesante, si dice nel testo) in quanto accompagnato dal brusio ininterrotto dello sciame di mosche, che ne accentua l’intensità, come fosse una musica senza fine del tempo vuoto. Persino la campana che batte non riesce che a produrre un suono non lamentoso.

La calura estiva: si parla della vampa del sole, di chiazze di sangue che seccavano al sole, dei piedi asciutti delle mosche e delle parti già solidificate (per il caldo) del sangue. Ma l’impressione di forte calura è accentuata anche dal resto della descrizione: a partire dal lento dondolare delle trecce di fichi (pigre per troppa fiacchezza), alla presenza delle innumerevoli mosche, fino al paesaggio stanco e pesante dell’intera campagna.

L’assenza di vita, di movimento: nessun personaggio anima la presente descrizione, oltre al narratore, la cui figura del resto non appare. Gli unici movimenti, oltre a quelli delle mosche, sono tutti lenti, pesanti, pigri. Il tempo sembra scorrere per nessuno (infatti è un tempo vuoto), la campana sembra battere per nessuno (per qualche santo ignoto, o per qualche funzione deserta).

rimandi biblici: nel titolo si parla del Cristo, e nel testo del popolo di Mosè, del Mar Rosso e degli eserciti di Faraone.

I colori di Maria Padula parlano di risveglio, di speranza, di una risalita culturale, civica, fatta di reti della politica che verrà dalle unioni di comuni, queste parlano di una ripresa possibile di un arcipelago di urbanità dove l’arte e la cultura hanno capacità di rimuovere l’assenza, prefigurando ibridazioni ispirate dalla natura che chiede di essere riconosciuta come soggettività super pro-attiva della “ Terra Madre”. Sono I colori nuovi dell’arte e della cultura che chiedono, oggi, a Roma ed all’Europa di rinnovare la politica economica dei Continenti, oggi in competizione avversa e miope. Far maturare un coro plurale di studiosi ed istituzioni è la missione esplicita dell’organizzare un viaggio di apprendimento nell’arcipelago delle assenze ed ipotizzare incontri con nuove presenze attive e riconoscibili.


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