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Il Punto di Arpocrate di Pasquale Persico/A Caggiano trova casa il sogno della critica Doris Von Drathen.

Per Doris von Drathen (professoressa a L’Ecole Speciale d’Architecture di Parigi) l’atto di ascoltare è il primo passo per dare ospitalità. Allo stesso tempo, però, aprire la percezione sensoriale, entrare in uno spazio di silenzio senziente non è un atto spontaneo. Ci vorrebbe quella topologia del vuoto della quale parla Lacan (1975), quel terreno di libertà, fuori dei limiti quotidiani che per tanti artisti rappresenta il punto di partenza per creare una forma nuova alle nostre vecchie domande: “Da dove veniamo?, dove andiamo?”, (J.Cage).

La domanda sarebbe, dunque, in che modo l’esperienza spaziale offerta dall’arte ci apre all’esperienza della libertà? La libertà anche di accogliere l’altro, lo sconosciuto, potrebbe servire come un modello per abbandonare i nostri limiti territoriali così come i nostri limiti di identità, per costituire il nostro ego come un’unità vitale nello spazio aperto all’altro.

Non si tratta di cancellare nomi, memoria, legami emozionali a un luogo vissuto, bensì di superare il paradigma, anacronistico, dell’identità come appartenenza a un territorio specifico dell’arte o di un territorio nazione. L’alternativa sarà, semplicemente, quella di «fare dello spazio» per l’Altro. Riappare l’azione della quale vi è traccia nell’opera di alcuni dei più significativi artisti contemporanei, come (in ordine sparso): John Cage, Dani Karavan, Fred Sandback, Susumu Shingu, Hanne Darboven, Yael Bartana, Rui Chafes, Joseph Beuys, Gianni Kounellis, Carl Andre, Rebecca Horn, Walter De Maria, Pat Steir, Fabienne Verdier, Joan Jonas, o ancora nell’opera di artisti meno conosciuti come Marc Papillon per quanto riguarda lo spazio sottomarino o Raphaël Zarka per le sue sculture dedicate agli skaters.

L’artista non citato, però, è Pistoletto che meglio interpreta il libro della critica d’arte: The Vortex  of Silence. Seguendo Doris, Pistoletto si accorge che il vortice della comunicazione che l’avvolge (appartenenza all’arte povera come pioniere) limita il suo voler essere artista in evoluzione e vuole allontanarsi dai suoi segni fino ad essere irriconoscibile e fuori dalla comunicazione estetica che lo chiude, elogiandolo. Inizia a dipingere come se fosse un altro e per l’altro a cui andare incontro, fino al tema dello spazio  del terzo paradiso.

Ebbene a Caggiano , luogo natio del critico d’arte della invenzione della transavanguardia, Achille Bonito Oliva,  forse anche per effetto della notizia di nuovi transiti di artisti e collezionisti, per effetto dell’arrivo della Fondazione Morra, il sogno dell’amica critica d’arte si realizza in una forma originale. Una galleria anonima accoglie quadri ed opere  senza firma o  identità attribuibile ad un artista specifico, prodotti capaci di incontrare collezionisti anonimi che comprano quadri per il loro valore comunicativo, facendoli uscire dal vortice della comunicazione delle fiere, delle aste e dei giornali specializzati. L’affidabilità della galleria è garantita e la sua reperibilità è presso un laboratorio di grandi dimensioni che confeziona cornici e telai per artisti di tutto il mondo. È segnalato un flusso di tele da mettere su telai e disegni da incorniciare, provenienti da Parigi e Roma, di artisti noti e di artisti ignoti.

Il vortice del silenzio, di cui ha scritto molti anni fa la critica nata ad Amburgo, ha trovato casa nel territorio di Caggiano, nell’ area industriale ed industriosa della piccola cittadina.

 


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