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Il credito? Alle famiglie, non alle imprese

Se si disaggrega il dato complessivo relativo all’andamento degli impieghi bancari nel 2016 (+1,2% rispetto al 2015), si comprende che l’incremento (in ogni caso moderato) è riconducibile in primo luogo ai finanziamenti alle famiglie (+3,2%), mentre quelli alle imprese si sono ampliati soltanto dello 0,4%.

Il credit crunch non è stato superato e nella nostra provincia ha colpito principalmente le costruzioni (-6,5%) ed il manifatturiero (-5,5%).

Le richieste di nuovi prestiti da parte delle imprese campane nel 2016 sono state indirizzate principalmente al sostegno del capitale circolante e solo in misura ridotta agli investimenti e alla ristrutturazione delle posizioni debitorie pregresse. I finanziamenti nel 2016 per l’acquisto di  macchine ed attrezzature sono diminuiti del 13,2% rispetto al 2015.

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Il rapporto tra banche e imprese continua a rimanere problematico in provincia di Salerno. E non è una “questione” di visione rispetto allo stato attuale delle cose. E’ semplicemente la “certificazione” sancita dai numeri che provengono dalla Banca d’Italia. Se si disaggrega il dato complessivo relativo all’andamento degli impieghi bancari nel 2016 (+1,2% rispetto al 2015), si comprende che l’incremento (in ogni caso moderato) è riconducibile in primo luogo ai finanziamenti alle famiglie, che sono cresciuti del 3,2% assorbendo il 36,4% del totale dei prestiti, mentre quelli alle imprese (che ammontano al 51,7% del totale provinciale) si sono ampliati soltanto dello 0,4%. Percentuali che comunque non compensano il calo verificatosi nel periodo 2011-2016 (-1,8% sommando prestiti ai privati ed alle aziende). Se si scende nel dettaglio delle classi dimensionali, ci si rende conto che per le piccole imprese (meno di 20 addetti) è cambiato poco o niente (sempre all’interno, però, di un perimetro che resta negativo), in quanto la variazione registrata – per i prestiti erogati da banche o altri istituzioni finanziarie – è stata pari (rispetto al 2015) al -0,9%. Ma se si fa riferimento, invece, alle imprese più grandi (20 addetti o più), l’indicatore precipita fino al -3,9%. In altre parole il credit crunch non è stato superato e nella nostra provincia ha colpito principalmente le costruzioni (-6,5%) ed il manifatturiero (-5,5%). Mentre è andata meglio per le imprese che operano nel segmento dei servizi, che hanno usufruito di un aumento dei prestiti pari al 5,3%.

Il credito alle famiglie.

In altre parole, è del tutto chiaro che le famiglie hanno aumentato la domanda di credito cercando di cogliere le opportunità offerte dalle condizioni di finanziamento particolarmente favorevoli grazie alla riduzione dei tassi. Ed è proprio questa spinta che ha influito sul dato finale (+1,2%) riferito alla massa degli impieghi realizzati dalle banche. Le erogazioni per l’acquisto di abitazioni sono aumentate del 13,3%, a testimonianza della ripresa che ha avuto inizio nel 2014 e che viene confermata dal positivo andamento delle transazioni immobiliari. In più, i finanziamenti a medio termine concessi alle famiglie per acquisto di beni durevoli hanno fatto registrare un progresso del 15,8% rispetto all’anno precedente.

Il credito alle imprese.

Ma le preoccupazioni sulla ripartenza effettiva dell’economia in provincia di Salerno sono alimentate soprattutto dall’analisi dei flussi degli investimenti delle imprese.  Un’indagine della Banca d’Italia (Regional Bank Lending Survey) segnala che le richieste di nuovi prestiti da parte delle imprese campane nel 2016 sono state indirizzate principalmente al sostegno del capitale circolante e solo in misura ridotta agli investimenti e alla ristrutturazione delle posizioni debitorie pregresse. Ne è conferma il fatto che i finanziamenti oltre il breve termine erogati nel 2016 dalle istituzioni creditizie per l’acquisto di beni quali macchine ed attrezzature sono diminuiti del 13,2% rispetto al 2015. Non resta che attendere adesso se le agevolazioni fiscali (credito d’imposta) derivanti dal piano governativo “Industria 4.0” saranno in grado di riversare effetti positivi anche nelle aree del Mezzogiorno. Inutile dire che proprio su questo versante si gioca la partita decisiva per combattere la polarizzazione in atto tra imprese virtuose (quelle che hanno “usato” la crisi per procedere alla riorganizzazione dei processi produttivi nella direzione dell’efficienza e della competitività soprattutto sui mercati esteri) e imprese meno virtuose (quelle che di fatto sono scivolate ai margini delle relazioni e delle filiere, non riuscendo a conservare un profilo di redditività sostenibile).

I tassi di interesse.

Riguardo ai tassi di interesse provinciali sui prestiti a breve termine (in particolare, quelli sulle aperture di credito in conto corrente), nel 2016 essi sono stati mediamente pari all’8,5%, in calo rispetto al 9,3% del 2015. Il tasso applicato alle famiglie è stato pari al 5,1% (5,7 nel 2015), quello alle imprese al 9,2% (9,8 nel 2015).

Le consistenze creditizie nelle sub-aree provinciali.

Per delineare il “peso” degli impieghi bancari nelle singole sub-aree provinciali e nello scenario complessivo del Salernitano, è utile scendere nel dettaglio delle consistenze al 31 dicembre 2016. In totale, nei 30 comuni per i quali la Banca d’Italia fornisce il dato esplicito (e in cui sono localizzati il 73,7% degli sportelli e l’86,3% degli impieghi totali) i finanziamenti erogati dalle banche a soggetti non bancari (nella forma di mutui, scoperti di conto corrente, prestiti personali, ecc.) ammontano a 8 miliardi e 620 milioni. Nel comune capoluogo sono stati alimentati impieghi per 3 miliardi e 842 milioni (il 44,6% del totale campionario). Subito dopo si colloca la Piana del Sele con 1 miliardo e 464 milioni (17%). Seguono: l’Agro Nocerino Sarnese (1 miliardo e 348 milioni, 15,6%); il Cilento e Vallo di Diano (880 milioni, 10,2%); la Costa d’Amalfi (549 milioni, 6,4%); le Valli dell’Irno e del Picentino (434 milioni circa, 5%) e il Calore-Alburni-Tanagro e Alto e Medio Sele (102 milioni, 1,2%).

Le dinamiche nelle sub-aree provinciali.

L’analisi dell’evoluzione dei finanziamenti bancari consente di avere un quadro più dettagliato delle dinamiche del credito che hanno caratterizzato le sub-aree della nostra provincia.

A fronte di un tasso di aumento degli impieghi nei comuni campione del Salernitano dell’1,4% tra il 2015 e il 2016, gli incrementi più significativi si sono avuti nelle zone del Calore, Alburni, Tanagro e Alto-Medio Sele (+14,3%), del Cilento e Vallo di Diano (+7%) e dell’Agro Nocerino Sarnese (+5,2%). Pressoché trascurabile la variazione in Costa d’Amalfi (+0,4%), mentre nella città capoluogo si osserva un calo dell’1,7%. Queste due ultime aree (in cui è localizzata più della metà dei finanziamenti bancari di questo campione provinciale) sono anche quelle che hanno maggiormente sofferto la riduzione degli impieghi degli ultimi anni. Infatti, dal 2011 al 2016 i prestiti si sono contratti del 6,3% a Salerno città e del 6,5% nella Costiera Amalfitana. Nello stesso quinquennio, l’area Calore, Alburni, Tanagro e Alto-Medio Sele ha fatto registrare un +11,3%, quella del Cilento e Vallo di Diano un +14,3%, e la zona comprendente le Valli dell’Irno e del Picentino un +15,4%. A livello provinciale il medesimo valore è invece pari al -1,8%, che rappresenta il calo più contenuto tra le province campane (tra le quali svetta Avellino con un decremento quinquennale dell’10,1%) ed è anche minore di quello nazionale (-9,2%).

La prospettiva.

Il dato sopra citato inerente agli investimenti delle imprese è fondamentale per comprendere quanto abbia picchiato duro la lunga crisi recessiva che – nei fatti – non appare ancora metabolizzata dal tessuto produttivo provinciale e regionale. Né si può propendere verso un facile ottimismo. La necessità di liquidità da parte delle imprese – che emerge chiaramente dai numeri della Banca d’Italia – rimarca principalmente l’affanno di una gestione alle prese con la quadratura del cerchio nel brevissimo periodo, mentre l’urgenza di procedere al ricambio del parco macchinari obsoleto fino a questo momento non ha preso il sopravvento. Tutti gli esperimenti relativi al credito d’imposta sono ovviamente da considerarsi  positive azioni di stimolo. Ma la carenza di capitali da investire risulta al momento predominante.

Paolo Coccorese

Ernesto Pappalardo


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