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Il “credit crunch”? Morde le imprese. E più si scende al Sud, più si avverte. (Indagine Cna-Swg)

ll credit crunch – la riduzione della somministrazione del credito alle imprese ed alle famiglie – è ormai un fenomeno in pieno svolgimento e dispiega i suoi negativi effetti soprattutto sulle Pmi. L’ennesima, documentata conferma arriva da un’indagine Cna-Swg Trieste. Il 78% del campione degli intervistati ritiene che la stretta creditizia in atto è peggiore di quella verificatasi nel 2008 e nel 2009 (all’avvio della crisi finanziaria internazionale). Le maggiori preoccupazioni si registrano nel Mezzogiorno e nella filiera delle costruzioni. Più l’azienda è di dimensioni ridotte, più si avvertono gli effetti negativi del razionamento del credito. Il 35% per cento delle imprese intervistate con meno di 50 dipendenti ha avuto problemi e difficoltà nell’accesso al credito; il settore edile è andato in affanno per il persistente ritardo nei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Il 58% del campione pensa di andare incontro ad un peggioramento del proprio rapporto con le banche ed il 45% denuncia costi troppo alti per l’accensione di mutui o per le operazioni di sconto e anticipazioni. Più si scende verso Sud, più si avverte l’aumento dei costi del credito. Solo il 22% degli intervistati dichiara di avere ricevuto risposte motivate al diniego del credito attraverso una valutazione del rischio associato all’analisi della situazione finanziaria dell’impresa di cui è titolare. Tra le proposte avanzate per migliorare l’approccio alle relazioni con le banche si segnala quella relativa all’attivazione di reti d’impresa.


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