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Rileggere e ripartire da Schumpeter. Covid-19? Come diventa anche una grande opportunità.
Il coraggio di cambiare
Una virtù che è più facile esprimere quando le prove da superare danno timore, paura, scoramento, proprio come adesso.

di Virgilio Gay*

Partito da Wuhan, in Cina, il Covid-19 ha generato una crisi che impatterà su tutti i piani: sociali, economici e politici. Nella lingua cinese, la parola crisi si scrive wēijī che sta a significare “momento cruciale” ossia quando comincia o cambia qualcosa. In greco il termine deriva dal verbo krino, cioè separare: il momento in cui bisogna operare delle scelte. Perciò tutte le crisi rappresentano anche un momento di grande opportunità in quanto prefigurano differenti scenari, alternativi e innovativi, da governare con scelte che imporranno l’impiego intelligente della tecnologia che attualmente abbiamo, ma non mettiamo ancora a frutto del sistema e della collettività.

Schumpeter scriveva che “l’impulso fondamentale che mette in moto e mantiene acceso il motore capitalista proviene dai nuovi beni di consumo, dai nuovi metodi di produzione o trasporto, dai nuovi mercati, dalle nuove forme di organizzazione industriale che l’impresa capitalista crea”.

L’impatto del virus potrà favorire delle accelerazioni di processo. Vediamo quali.

Big data.

Si possono cominciare a monitorare gli spostamenti per capire dove intervenire: per la pianificazione urbanistica, la localizzazione dei servizi, l’efficienza e l’efficacia dei trasporti. Rispetto a questi ultimi, il gesto quotidiano di obliterare non dovrebbe significare solo l’avvio del countdown per la validità del titolo di viaggio. Un suo monitoraggio continuo ci darebbe indicazioni per migliorare e rendere efficiente i servizi, conoscendo i flussi di affollamento, a cui adeguare gli orari di servizio, il numero delle corse, la tipologia dei mezzi, ecc. La “bava digitale” del cellulare ci offre la sovrapposizione dei percorsi di turisti, residenti, studenti e lavoratori. Così che si può riqualificare il tessuto urbano con adeguamento dei servizi turistici, la delocalizzazione degli uffici, l’intermodalità dei trasporti.

Industria 4.0.

Finora non si è compreso, almeno in maniera diffusa, che l’organizzazione tradizionale delle filiere rappresenta una remora allo sviluppo delle stesse. In particolare gli attuali processi di disintermediazione e di re-intermediazione impongono una revisione dell’approccio strategico al supply management, imponendo supply chain agili, capaci di adattarsi presto e meglio alle dinamiche della domanda, con il coinvolgimento diretto della clientela nelle fasi di costruzione dell’offerta. In effetti, una sorta di centralizzazione della progettazione integrata, fondata sulla relazione cliente/produttore, unitamente a una diffusa parcellizzazione della produzione e/o un coinvolgimento dell’intera filiera nella ideazione o innovazione del prodotto.

Turismo e sviluppo locale.

Qui l’imperativo è una comune strategia di “marketing generativo circolare” in cui il prodotto diventa veicolo di promozione territoriale, mentre al contempo il territorio ne incrementa il valore, soprattutto in termini di brand e storytelling, con l’esperienzialità diretta dell’accoglienza. Quest’ultima deve fare i conti con un maggiore equilibrio tra autenticità e professionalità, conseguibile con una governance condivisa. Infatti, ad esempio, lo sviluppo indiscriminato della ricettività diffusa e non professionale produce l’avvio di processi di gentrificazione che, alla fine della fase di crescita, ridurranno conseguentemente la capacità attrattiva dei luoghi, ormai depauperati da ogni connotato locale che ne aveva caratterizzato il successo.

Scuola e Università.

La sperimentazione delle lezioni a distanza potrà essere occasione per una maggiore contaminazione dei saperi, magari rendendo comune la didattica frontale di eccellenza, quella di autorevoli docenze, nel recupero del vero significato della competizione (scolastica) che rimanda al latino cum petere, ovvero andare tutti nella stessa direzione: l’accrescimento del sapere.

Lavoro agile e digitalizzazione della PA.

I pochi dati finora disponibili sono tutti concordi nel dimostrare un aumento della produttività ottenuta con il telelavoro. Un suo incremento produrrà nuovi modelli di residenzialità (la necessità di avere dei working corner) e una revisione dei modelli di ufficio, a vantaggio di postazioni non più personalizzate e di spazi flessibili per i meeting settimanali. Infine, un rapporto digitale con la PA ridurrebbe non solo i tempi della burocrazia, quanto anche quelli degli spostamenti, a vantaggio della riduzione del traffico cittadino, oltre che una più agevole delocalizzazione degli uffici.

Per tutto questo serve il coraggio di cambiare. Una virtù che è più facile esprimere quando le prove da superare danno timore, paura, scoramento. Come adesso.

*Esperto di marketing territoriale.

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