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Il discorso di fine anno del presidente della Repubblica, l’appello ai valori e ai principi della Costituzione.
I “costruttori”? Sono spariti subito, il giorno dopo
“Si avvertono, invece, solo voci di presunti creditori che aspettano ricompense non meritate, mentre i partiti continuano a essere il megafono di tante e inutili contraddizioni”.

di Pasquale Persico

Il richiamo di Mattarella ai partiti ed ai rappresentanti delle istituzioni – tutte – è stato chiaro e diretto, i riferimenti alla Costituzione sono stati espliciti, e  non è stato difficile, per il Presidente,  proporre un programma politico ambizioso. Tre proposizioni in tutto: a) questo è il tempo dei costruttori; b) bisogna rinunciare agli effimeri vantaggi di parte;  c) spendere bene, con intelligenza e senza sprechi, i soldi in prestito del Recovery Fund. Il giorno dopo il suo appello è sembrato, per un attimo, che lo scopo fosse stato raggiunto; i leader hanno danzato in tv ripetendo il ritornello delle tre proposizioni,  fino a proporsi come ballerini provetti di un nuovo balletto di reciprocità inatteso. Essi sono apparsi, a tarda sera, e in doppia replica, come sogno desiderato tra i danzatori di Bolle,  che hanno invocato – con musica e movimenti – sentimenti di speranza e di fiducia. In un terzo momento noi, spettatori ed uditori, ci siamo predisposti nuovamente a dare credito alla politica rappresentata dalle prime notizie della  rassegna stampa del giorno: tutti costruttori di reciprocità progettuale. Ma già il secondo giorno i distinguo si sono moltiplicati e le difficoltà di fare vivere gli articoli-chiave della Costituzione, attraverso i comportamenti di quelli che hanno  giurato fedeltà ad Essa, sono emerse con drammatica attualità; unità, reciprocità e collaborazione istituzionale diventavano richiami su come  scalare montagne.

Il gioco diventava quello noto, e emergeva il concetto principale: vi può essere credito verso i partiti solo se cresce la fiducia; ritornavano domande da fare al Presidente: è vero che era il Tuo, un comportamento istituzionale, ma come si fa a dare credito a qualcuno, nel senso di riconoscergli affidabilità, ed aspettare, poi, che questo credito produca restituzione in termini di comportamento? Come sperare che quello che è accaduto in Germania per la Cancelleria di Angela Merkel possa accadere anche in Italia: credito politico e restituzione doppia per la nazione e per l’Europa? In Italia l’esercizio di fiducia è difficile, l’economia sempre in ritardo e la politica ancora di più;  ed il credito è sempre una sfida complicata da proporre, non a caso la prudenza di cui parla il commissario Gentiloni finisce per connettersi alla difficoltà di dare fiducia all’Italia debitrice incallita.

La storia dei governi temporanei degli ultimi decenni ci dicono che relazioni leali e creative si sono affacciate con parsimonia, mentre si sono moltiplicate le relazioni distorte e spiazzanti rispetto al tema della fiducia. La pandemia ha messo in campo altri argomenti, la fiducia verso le scienze ed i sistemi sanitari, la fiducia verso i portatori di equità e di istruzione, e verso i produttori di beni comuni ed universali. Si sentono, invece, solo voci legate ai presunti creditori  che aspettano ricompense immeritate, ed i partiti sono il megafono di queste contraddizioni ed impediscono di dare voce ai veri costruttori che, invece, nella pandemia hanno lavorato in un silenzio stampa e lungimirante.

La pandemia ci parla del passato in maniera chiara, siamo tutti debitori con diverse responsabilità; abbiamo accumulato debito finanziario, debito ecologico, debito sanitario, debito sociale, debito di sviluppo ed occupazione; in definitiva, abbiamo moltiplicato un  debito fiduciario diventato  irredimibile. Rimane il problema da affrontare, per potere raccontare dei frutti da raccogliere;  come diventare noi costruttori di nuova urbanità, dopo avere capito che siamo debitori nei confronti della vita e spesso  verso gli altri. Diventare costruttori di relazioni positive è un programma politico da svolgere in comunità aperte, di appartenenza plurale, non riscontrabile nel comportamento dei partiti esistenti, che spesso in modo palese tradiscono il loro stesso statuto.

La scorciatoia delle elezioni è ancora una volta la modalità per nascondere le responsabilità di debitori certi,  chiamati in Parlamento e nelle istituzioni a riparare per i  debiti accumulati, anche durante la pandemia.

La richiesta di un salto culturale, cruciale, del presidente Mattarella, si unisce al grido di dolore del Papa che tenta di farsi riconoscere in nuovi spazi continentali come portatore di fiducia e reciprocità. Ambedue cercano di allontanare l’idea di essere contemporaneamente creditori e debitori  indistinti. Le immagini delle diseguaglianze ed il monito degli economisti  nascosti  ci parlano dei problemi  da risolvere e dei debiti da riparare con partenze collettive necessarie,  evitando di svuotare   il peso delle parole: clima, disuguaglianze , diritti, umanità .

La danza di reciprocità connessa alla parola fiducia istituzionale ha bisogno di nuovi spazi neutri riconoscibili. Il G20 deve diventare G200, le unioni tra macroregioni continentali devono saper guardare oltre i continenti ed ogni nazione non deve imitare la Gran Bretagna con il suo desiderio di liberà astratto, miope  e nostalgico. La parola libertà da sola non ha significato, nelle Costituzioni dei Paesi progressisti è sempre abbinata ad altre parole, come diritto al lavoro, fraternità, parità di genere, informazione, istruzione, civiltà plurale.

Allora, le tre frasi-programma di Mattarella sono diventate delle farfalle a vita breve? No, rimangono i loro colori fondamentali per comporre un mosaico riconoscibile,  individuando i nuovi costruttori che spesso non  appaiono in televisione e  nemmeno troppo spesso sui media; essi sono in cerca delle invarianti per costruire, sapendo che i mattoni  cotti, come invarianti tradizionali,  alla giusta temperatura erano usati  per dare la base ai monumenti simbolo delle speranze da far germogliare. Ma prima della cottura l’argilla doveva poter espellere tutte le bolle di acqua nascoste, per poter aumentare  la probabilità di successo e di durata  delle fondamenta  dei luoghi delle credenze.

Il presidente aveva scelto poche parole per essere essenziale , lo è stato. Voleva ribadire, con poche parole, come fanno i poeti, il come arrivare alla profondità delle cose da dire e da fare.

 

 

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Pasquale Persico
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