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La crisi della politica e dei corpi intermedi sollecita l’elaborazione di modelli innovativi di amministrazione del territorio.
“Governance without Government”
Tra le strade percorribili rientra quella ispirata dalle strategie del “collaborative public management” che richiede, però, l’individuazione di leadership condivise, autorevoli e pienamente inserite nella dialettica democratica.

Nei prossimi mesi sono in programma le elezioni amministrative in diverse città d’Italia ed in molti dovranno interrogarsi sulla scelta da fare. La public governance è questione complessa in quanto i portatori di interessi (gli stakeholders) sono di natura plurima e comprendono istituzioni, cittadini, imprese e altri enti pubblici, oltre alle opposizioni di cui non si potrebbe non tenere conto, se si volesse governare dando il giusto peso alla collettività nelle sue varie espressioni. La complessità, o per meglio dire la difficoltà non è solo italiana, tant’è che negli anni ‘90 in America l’amministrazione Clinton-Gore creò una agenzia governativa per riformare il governo federale. Non che in Italia siano mancate le riforme della PA, che richiamavano tra l’altro ampiamente le metodologie sviluppatesi anni prima negli Stati Uniti (riforme Bassanini e Brunetta), le quali, per esempio, introducevano la separazione tra le funzioni di indirizzo dell’organo politico, e quelle di gestione affidate al management, i funzionari, i dirigenti. Modifiche epocali che però oggi appartengono ad un’altra era “geologica”: il tasso di litigiosità senza controllo dell’attuale classe politica non può non condizionare l’operatività dei funzionari spesso bloccati dalla paura di finire nel vortice delle polemiche strumentali dell’opposizione “di turno”. Occorrerebbe quello che alcuni chiamano “collaborative public management” che tuttavia richiede come corollario la presenza di leadership riconosciute, autorevoli ma democratiche (oltre che followers maturi!) in grado di valorizzare il ruolo di tutti al fine di promuovere la partecipazione attiva e consapevole dell’intera società civile. Non è, soltanto, una questione di managerialità perché mentre per un’azienda è facile definire cosa si intende con l’espressione “creare valore”, assai più arduo lo è per una amministrazione pubblica che deve rispondere a bisogni ed aspettative di una pluralità di stakeholder, compresi il partito di appartenenza e quelli di opposizione. Probabilmente la semplificazione più concreta sarebbe il superamento dei partiti intesi in senso tradizionale (Governance without government) che renderebbe meno minata l’azione dei nostri rappresentanti: una governance attuata tramite partnership e leaders civici.
Le smart cities.
Ci vuole molta intelligenza ed anche eleganza, specie oggi che le risorse negli enti pubblici sono sempre più scarse: gli anglosassoni usano l’espressione alla moda, Smart City. Per essere efficace il concetto di Smart Cities va declinato in base al territorio e al sistema delle comunità locali, con proposte e progetti che valorizzino le opportunità anche con il coinvolgimento dei cittadini.
Il piccolo comune di Gangi per esempio ha deciso di far rinascere il centro storico vendendo gli immobili abbandonati a 1 euro. In questo modo ha riqualificato il borgo ricco di storia e arte per un giro di affari di 7 milioni di euro; ha valorizzato le risorse architettoniche e culturali, destagionalizzato il turismo, con un modello virtuoso di sviluppo sostenibile. A L’Aquila con il Progetto “Smart City”, Comune ed Enel Distribuzione hanno ripristinato e reso “intelligente” la rete elettrica anche attraverso una campagna di sensibilizzazione dei cittadini:

1) per favorire la riduzione di consumi; 2) per promuovere una mobilità alternativa e sostenibile attraverso i veicoli elettrici.

La pianificazione strategica di sviluppo di un territorio comunale non è astratta dal contesto più vasto nel quale esso insiste. Ma quale sviluppo? “Strutturale, infrastrutturale, culturale. Senza teorie utopiche o fantasie, senza fronzoli ideologici – dichiara Gennaro Esposito, Vice sindaco del Comune di Baronissi, che con l’amministrazione Valiante porta avanti il progetto di “Città della Medicina” – oggi sempre più labili e sfumati”. “Non è sufficiente – continua Esposito – creare le opere, ma bisogna preparare la comunità alle sfide ed alle opportunità che ne derivano: per questo motivo sono stati predisposti percorsi didattici volti all’auto-imprenditorialità ed all’auto-apprendimento che possano mettere i giovani in condizione di scendere in campo favorendo e cavalcando il processo di sviluppo virtuoso che si produrrà”. “L’Amministrazione – conclude Esposito- si è impegnata al di là del dato istituzionale a favorire l’attività di professionisti e prestigiose società di formazione che mettendo a disposizione le proprie risorse hanno reso possibile realizzare con il Comune iniziative di alta qualità, al di là delle bandiere politiche”.
Perché essere troppo polemici e di parte non paga almeno secondo quello che dice l’ultimo Governance Poll del Sole 24 Ore, che non ha visto brillare i sindaci del Movimento 5 Stelle, mentre ha visto vincere Paolo Perrone,sindaco di Lecce, l’unico comune meridionale nei primi 15 posti della speciale graduatoria.
@LucaIovine6 Company Trainer

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Crisi della governance e crisi dei partiti
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