Scuola ed impresa sono sempre state molto lontane in Italia ma anche grazie alle recenti normative (Buona Scuola) le possibilità di convergenza tra scuola e mondo del lavoro sono aumentate significativamente; e questo è un bene sia per i giovani che per le imprese, perché crea un maggior legame tra i ragazzi ed il territorio. Nel lungo periodo l’attivazione di questo processo, potenzialmente virtuoso, dovrebbe infatti frenare la triste fuga di cervelli che da troppo tempo caratterizza l’Italia. Anche se non soltanto dovremmo trattenere i nostri cervelli, ma dovremmo attirare anche quelli di altri Paesi. Il che risulta difficile per il “Bel Paese” indietro nella speciale classifica degli investimenti in Ricerca&Sviluppo. Invertire questa tendenza è la ricetta necessaria per aumentare la competitività delle nostre imprese rispetto a quelle degli altri Paesi industrializzati. Ma per riuscire a cogliere questo obiettivo, bisognerebbe innanzitutto far parlare un po’ di più tra di loro scuola ed impresa le cui difficoltà di dialogo non sono solo una questione di linguaggio, ma anche culturale oltre che di obiettivi condivisi: di più breve periodo per gli imprenditori vincolati a più stringenti esigenze di budget e di più lunga durata per chi si occupa di ricerca e deve esplorare i “meandri” della conoscenza. Ma l’equazione della competitività è cultura, innovazione, crescita. Le PMI italiane hanno bisogno di cultura per crescere. Un’impresa se non cresce anche culturalmente, non può fare aumentare i suoi profitti oltre un certo livello; a loro volta le Università hanno bisogno degli imprenditori per indirizzare e sostenere la ricerca ed i tanti talenti che afferiscono nei nostro Atenei.
Non mancano gli incentivi per trattenere i talenti italiani e cominciano ad esserci anche le condizioni socio-economiche per coltivarli con successo.
Le imprese italiane, secondo una recente indagine di Unioncamere, nel 2016 torneranno ad investire con più fiducia. Bisogna sperare che oltre ad investire in tecnologia già nota, decidano di investire in maniera più consistente anche nella ricerca e nei giovani.
A questo proposito esiste un bando molto interessante che eroga incentivi a favore delle aziende che assumono giovani, non solo quelli laureati, ma anche quelli che sono ancora a scuola, proprio come succede nel sistema duale tedesco, dove la disoccupazione giovanile è al 7%. Tra le più basse al mondo. Il bando, denominato FIxO, che promuove questa iniziativa è stato prorogato fino a giugno 2016. Questo dimostra che qualche passo nella direzione del confronto tra scuola, università ed impresa deve essere fatto. L’iniziativa promuove una sorta di apprendistato con i ragazzi che possono applicare immediatamente sul campo quello che hanno imparato a scuola. Gli apprendisti, che sono studenti-lavoratori, trascorrono la giornata alternando studio e lavoro, scuola e azienda. E’ un meccanismo molto utile non solo per i giovani apprendisti, ma anche per gli altri lavoratori che possono aggiornare le loro conoscenze e beneficiare dell’entusiasmo dei più giovani. Con FIxO (Formazione e Innovazione per l’Occupazione Scuola e Università) le aziende (ma anche gli studi professionali, ad esempio quelli dei commercialisti) ricevono un incentivo se assumono questi ragazzi almeno per un anno. Gli incentivi vanno da 4 mila a 8 mila euro.
L’iniziativa è promossa da Italia Lavoro che è una società per azioni interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. E’ possibile trovare maggiori informazioni al link di seguito riportato:
www.italialavoro.it/wps/portal/fixo @LucaIovine6 Company Trainer