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Effetto Prisma. Il ricorso alle anticipazioni di porzioni di reddito futuro – il credito al consumo – diventa un valente sostegno.
Fiducia in calo, portafoglio chiuso
Sulle dinamiche di acquisto delle famiglie si riflette anche il brusco arresto del potere d’acquisto mai effettivamente risalito dagli anni bui della crisi.

di Maria Teresa Cuomo*

Indipendentemente dal contesto economico recessivo o di più tenue stagnazione, l’osservazione dei consumi delle famiglie italiane denuncia ancora oggi dinamiche negative. Tanto più se l’analisi si circoscrive al Mezzogiorno, dove le principali statistiche segnalano cali molto più consistenti rispetto al Nord, che, invece, pare mostrare un barlume di ripresa. Ben oltre i dati, però, è necessario individuare con precisione le cause alla base di questa istantanea a tinte differenziate.

In prima battuta, la mancata capacità di pieno recupero del ciclo economico nazionale, unitamente alla revisione in frenata del Pil, ha giocato una partita rimarchevole. A ciò vanno aggiunti il brusco arresto del potere d’acquisto dei consumatori – mai risalito dagli anni bui della crisi – e soprattutto il loro persistente clima di sfiducia. Su quest’ultimo versante la più recente rilevazione dell’Istat parla chiaro, evidenziando una generalizzata contrazione dell’indicatore di fiducia dei mercati di sbocco (da 113,9 a 112,4 – Istat, 27 febbraio 2019), in specie nelle sue componenti connesse al clima economico e a quello corrente.

Evidentemente, l’invarianza del reddito disponibile e la percezione di «trame economiche non a lieto fine» finiscono per contenere in modo sostanziale i comportamenti di consumo, mettendo alle corde le famiglie meridionali, in particolare, costrette a robusti processi di abbassamento delle spese e a revisioni della ripartizione del budget domestico tra le diverse categorie merceologiche, registrando aumenti solo per le comunicazioni (+17,9%) alberghi e ristoranti (+8,2%), intrattenimento e cultura (4,6%) a fronte del crollo dei consumi di alimentari (-9,9%) e abbigliamento (-2,5%, Cgia-Mestre 2019).

Differendo ad un altro momento una pur interessante riflessione sulle tipologie di spesa che hanno visto una variazione (incremento/diminuzione), per un corretto approfondimento analitico occorre partire dal presupposto secondo cui i consumi possono essere ampliati anche in assenza di redditi disponibili, ma con quali strumenti? Il ricorso alle anticipazioni di porzioni di reddito futuro – alias il credito al consumo – può costituire un valente sostegno. Ad evidenza, si sottolinea un incremento dei prestiti in tal senso non solo nel peso di tale categoria di finanziamento (44,7%) sul totale indebitamento familiare, ma anche nel confronto con l’anno precedente (+2,5%, Crif-Mister Credit marzo 2019). Sorprendentemente l’aumento del credito al consumo appare stridente con il calo di fiducia delle famiglie; va considerato, tuttavia, per un verso che la percezione negativa del clima economico presenta uno sfasamento temporale non trovando (forse) ancora corrispondenza in comportamenti di consumi basati su una maggiore oculatezza e cautela, per l’altro, che il credito al consumo ha esercitato comunque una sua funzione positiva, probabilmente contenendo crolli ancor più consistenti della spesa destinata al consumo. In aggiunta, la Mappa del credito 2018 di Crif-Mister Credit illustra una condizione preoccupante dei nuclei familiari meridionali, che risultano più indebitati degli omologhi settentrionali, stante la più elevata incidenza (Sud 25%, Nord 13%) della rata di debito da finanziamento (mutui, crediti al consumo, prestiti personali) sul reddito medio.

Prende forma, così, l’ennesimo differenziale Nord/Sud. Chissà se le nuove misure di stimolo saranno in grado di mutarne le sorti.

* Docente di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Salerno e presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

 

 

 

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