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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Il girone di ritorno fu strepitoso. L’Inter riuscì ad inanellare risultati perfetti: vinse anche il derby del 7 marzo 1971.
E’ solo la storia dei sogni, uno dietro l’altro
Ricostruire le partite, inseguendo la palla che entra dentro e ricorda la conquista di uno scudetto straordinario, con un gol - capolavoro del campionato - di Boninsegna che è restato nella memoria di tutti i tifosi.

Devo dire che può capitare – per quanto mi riguarda è la prima volta – di ricevere indicazioni e proposte che inducono a scrivere il testo che prende forma e, senza alcuna previsione, rivela cose dimenticate, archiviate, messe definitivamente da parte. O, almeno, così sembrava fino a qualche minuto fa, ogni cosa pareva destinata a scivolare via dalla memoria. Eppure, eccoci qua a rimettere ordine in quelle poche notizie che erano rimaste aggrappate al ricordo di un ragazzino nato a Salerno, il 2 dicembre del 1963. Il campionato di serie A era quello della stagione 1970-71, il colore della maglietta che, ormai, era già entrata nella scia dei sogni “importanti”, era uno solo: il nerazzurro. Insomma, gli ingredienti per partecipare, con gli occhi attaccati alla televisione, a quella stagione che si sarebbe conclusa con lo scudetto tricolore c’erano tutti. Facevano emozionare fino all’ultimo. All’inizio del campionato, però, le cose non andavano proprio bene. Era la seconda volta di Heriberto Herrera sulla panchina, che scontava le cessioni di Guarneri e Suarez, al loro posto erano arrivati Giubertoni e Frustalupi. Bedin e Jair erano stati esclusi dai titolari. I nuovi si chiamavano Fabbian e Pellizzaro. Insomma, l’Inter  partì – diciamo – proprio “bene”: 4 punti in 5 giornate. Si arrivò nel mese di novembre alla sconfitta – netta sconfitta – contro il Milan. Fraizzoli, il presidente, dovette esonerare Herrera (Heriberto) e chiamare sulla panchina della prima squadra Giovanni Invernizzi, che stava guidando il settore giovanile. Debuttò nello scontro contro il Torino, vincendo. Ma con il Napoli, in testa alla classifica, perse sul campo degli azzurri. Senza attenuanti. Prese due gol: al 70’ segnò Pogliana e al 75’ Ghio, che rimediarono nel migliore dei modi alla rete che Jair (50’) pure aveva messo dentro. E fu proprio al ritorno da Napoli che i nerazzurri firmarono il “patto” della riscossa. Erano collocati all’ottavo posto (dopo sette partite): fu relativamente facile siglare una tabella-scudetto in grado di richiamare tutti a giocare bene, come sapevano fare, e, forse, a voltare pagina. Invernizzi capì di dovere mettere mano alla formazione titolare: di nuovo in campo Bedin (da mediano) e, soprattutto, Jair (a destra), Bertini a centrocampo (nello spazio di Frustalupi). In porta il grande Vieri, a fianco Bellugi e Facchetti. E, poi, la sorpresa-Burgnich nel ruolo di libero con a fianco Giubertoni. Burgnich dopo anni e anni da terzino, cambiava con coraggio ruolo: era lui la vera novità là dietro. Era lui – Burgnich – il libero che chiudeva e rilanciava ogni palla. Avanti Mazzola-Corso (a sinistra) facevano segnare Roberto Boninsegna detto Bonimba. I suoi gol si sentirono forte in quella meravigliosa corsa-scudetto. E ci fu anche il tempo di fare esordire Bordon e Oriali: due idoli del futuro.

Il girone di ritorno fu strepitoso. L’Inter riuscì ad inanellare risultati perfetti: vinse il derby del 7 marzo 1971, sconfisse il Napoli a San Siro (tra mille contestazioni). E, poi, vittoria a Catania e primo posto in classifica. Lo scudetto arrivò alla terzultima giornata (2 maggio 1971), mentre il presidente Fraizzoli compiva 55 anni: 5-0 al Foggia e il Milan che perdeva sul campo del Bologna. Boninsegna, alla sua maniera, segnò con i foggiani un gol fantastico, entrato nella storia del calcio e vinse il titolo di capocannoniere (con 24 gol). L’undicesimo scudetto (4 punti di vantaggio sui secondi, 46 contro 42), fu il primo del presidente Fraizzoli.

Nella mia mente rimasero due formazioni bellissime che avevo potuto ammirare a Napoli, durante quella partita che con mio zio Raffaele eravamo andati a vedere credendo di vincere. Quella del Napoli: Zoff, Monticolo, Pogliana, Zurlini, Panzanato, Bianchi, Hamrin (sostituito al 65’da Abbondanza), Improta, Altafini, Ghio e Sormani. A disposizione: Trevisan. E quella dell’Inter che Invernizzi avrebbe portato al trionfo in campionato, un pezzo di storia nerazzurra rimasto intatto nella mia memoria: Vieri, Bellugi, Facchetti, Fabbian (84’ Bedin), Giubertoni, Burgnich, Jair, Bertini, Boninsegna, Mazzola, Frustalupi. A disposizione: Bordon.

Quanto tempo è passato da quel 1971, ma la traccia nerazzurra della felicità è sempre la stessa. Rimane, come un sogno che evoca altri sogni. E non importa se questi sogni non arrivano mai o arrivano, forse, un po’ tardi e troppo cambiati rispetto all’immagine che portiamo ancora negli occhi. L’importante è riuscire a ricordare l’inizio, con la maglietta addosso e il passaggio o il tiro che hanno indovinato l’angolo giusto. Con la palla dietro al portiere che guarda quasi distratto il gol subito, che ha preso forma nello sguardo esultante dei bambini felici che siamo stati.

Ernesto Pappalardo

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Roberto Boninsegna (FC Inter 1908) jpeg
Roberto Boninsegna
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