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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

L’azzeramento del “futuro” è sempre correlato alla descrizione di quanto sta accadendo (o sta per accadere o può accadere).
La guerra “domina”, secondo dopo secondo, nel “regime” di internet
Nel periodo storico dell’incertezza non si riesce più a rintracciare il “racconto” con il “finale” già scritto al quale credere perché “certo” e “vero”.

Esiste, in maniera sempre più dominante, in queste giornate così tetre a causa degli eventi bellici in corso, una stretta correlazione tra i fatti che si susseguono e le modalità di racconto, principalmente in forma di notizia, che ad essi si associano. Il carattere preminente, rispetto al contesto più ampio all’interno del quale gli accadimenti pure si svolgono, dell’informazione diventa di ora in ora – travalicando il ritmo stesso delle giornate –  non solo stabile, ma crescente, fino ad affievolire ogni forma di “contesto”. E’ così che la “sequenza” giornalistica è destinata a determinare lo stesso ritmo relazionale del racconto, fino ad accantonarlo. Il “fatto” è la “notizia dominante” di minuto in minuto e non concede – se non per pause tecniche più indotte che reali –  rallentamenti effettivi. Tanto è vero che non “sopravvivono” facilmente quelle “occasioni” di informazione che considerano il commento o l’analisi come obiettivo di riferimento, ma, in netta prevalenza, quelle “successioni” di “quadri” in qualche modo ispirati a una qualsiasi forma di narrazione di cose che stanno accadendo, non che sono già accadute o che accadranno. La forma temporale – anche quando si aggancia al passato prossimo o al futuro immediato – rimane in maniera “assillante” nel presente. Al punto che pure la descrizione del quotidiano appena uscito in edicola non propone – dal punto di vista di chi prova ad illustrarlo – solo una giusta sintesi di quanto si è verificato, ma, prioritariamente, di quanto sta per accadere e, quindi, accadrà. Questo azzeramento del “futuro” – anche se nel “racconto” l’evocazione del futuro che emargina la guerra e la violenza è costante – è sempre correlato alla descrizione di quanto sta accadendo o sta per accadere o può accadere. Con una prima, inevitabile, “conseguenza” emozionale dell’utente di questa massa imponente di elementi informativi: il tentativo di seguire ogni particolare, ogni minimo frammento di novità che può influenzare e determinare quanto non si è già verificato, ma si verificherà.

E’ questa la “dimensione” temporale effettiva che stiamo provando ad attraversare, sgomenti, mentre tentiamo, ogni tanto, di riepilogare i fatti che si sono effettivamente succeduti, che sono, cioè, già realmente accaduti. E, nel frattempo, riservando, in ogni caso, la massima attenzione a quello che sta per accadere e accadrà (così “dicono i media”).

Restano, ovviamente, tante questioni in sospeso rispetto a questo panorama informativo che ci viene proposto e con il quale non sembra esistere una “potenzialità interattiva” in grado di “risolvere” seriamente non pochi dubbi interpretativi. Anche perché il soggetto ricevente sembra permanere da questo punto di vista passivo: quale reattività si può sollecitare rispetto a questa massa di notizie che vengono così ritmicamente proposte e accelerate su ogni canale di diffusione?

E, allora, nasce una “tipologia” di utente che potremmo definire “assorbente”, ma non “selezionante” in merito ai flussi di notizie che riceve a ritmo continuo, in diretta dal fronte. Fino ad inseguire, nei mille “racconti” che gli arrivano anche ben “confezionati”, una massa enorme di informazioni che, nelle sue intenzioni, gli consentono di avere le idee chiare rispetto a quello che sta accadendo – attenzione: “sta accadendo”, non “è accaduto” o “accadrà” – e non può, quindi, già “essere archiviato”.

Restano convinzioni, “parole d’ordine”, “certezze vere e profondamente radicate”? Pare di sì, ma nel giro di ore, minuti, secondi pare anche di no. Anzi, né sì, né no. Tutto si “appende” alla cronaca del minuto per minuto. In attesa, alla fine, di un parere, di una riflessione che pure arriva. Ma non ha più quell’autorevolezza che avrebbe potuto avere anche solo un minuto fa.

E’ il tempo della guerra nel regime di internet e della più sfrenata contemporaneità. O, forse, solo nel periodo storico dell’incertezza che predomina e non ha più un “racconto” con il “finale” già scritto al quale credere perché “certo” e “vero”.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

 

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