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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

La politica? Pensa “soltanto” alle prossime elezioni per ritornare “nel pieno delle sue funzioni”.
E alla fine tutti usarono la “bacchetta” del Pnrr
Ma rimaniamo sempre nell’identica situazione nella quale ci trovavamo prima della pandemia, con gli stessi nodi irrisolti (economia, scarso efficientismo della macchina istituzionale) e con un ampio catalogo di cose da cambiare al più presto.

Tra le mille questioni che si aggirano irrisolte, in questo momento, sul terreno della politica, appare evidente come i partiti si confermino nella loro piena inadeguatezza rispetto a quanto dovrà essere al più presto affrontato per tentare di uscire da quello che resta – al di là delle varie interpretazioni, più o meno “creative” – un pericoloso percorso che, pure, non può essere evitato. Il punto è sempre lo stesso, ma, un po’ tutti gli attori in campo ne inventano una al giorno per descriverlo sempre diverso, in movimento, forse già superato, proiettato verso le nuove cose da fare. E, invece, siamo nella situazione nella quale ci trovavamo prima della pandemia, con gli stessi nodi irrisolti (economia, piena ed efficiente funzionalità istituzionale) e con un ampio catalogo di cose da cambiare al più presto. Ma – e  in queste ultime giornate è stato particolarmente evidente – nonostante tanti richiami alla necessità di metterci alle spalle errori e sindromi della “distanza strutturale” della politica dalle cose che vanno fatte (perché non si può fare altrimenti), non riusciamo a raggiungere nessun ambito traguardo. Un esempio calzante: mentre aumentano scadenze, obiettivi da agguantare (non semplicemente raggiungere), riforme da mettere veramente – non solo a parole – in moto, a quale unica cosa la politica pensa e ripensa? Molto semplice: alle prossime elezioni, quelle del prossimo anno, quelle che dovranno “disegnare” il “nuovo assetto”, la “prossima Italia”. Insomma, il vero e solo punto all’ordine del giorno è come riprendersi tutto quello che negli ultimi anni è sfuggito al pieno controllo della macchina partitica determinando “una confusione grave” alla quale “va posto rimedio”. E’ questa la verità che guida la “politica”  e che ci ritroveremo sempre più di fronte, fino ad intravedere “panorami” fino a questo momento neanche lontanamente immaginati. Troppo pessimismo? No, solo un sano e disincantato realismo che tenta di sottrarsi al “nulla” che si “propone” con insistenza – e senza idee valide – e che non ammette neanche di constatare come la costante del debito crescente abbia finito per “rallentare” ogni prospettiva di effettivo cambiamento che pure può (e deve) risolvere l’ormai famoso “ritardo” nel quale versa il “caso-Italia”.

Anche l’ultima, abbondante, “ricetta” – il Pnrr – mostra già i segni del tempo: quante singolari “interpretazioni” dovremo ancora ascoltare, mentre aspettiamo, invece, che parta qualche rilevante e atteso cantiere? Mentre aspettiamo che prenda forma qualche riforma significativa e ampiamente attesa? Mentre aspettiamo che finalmente spiri forte il vento del cambiamento più autentico e lungo, già in grado di guidarci nel mondo nuovo, quello che in altri Paesi è già partito e va avanti (anche senza Pnrr)?

La verità è che niente pare viaggiare con il tempismo giusto. Già non sono pochi i rallentamenti e, soprattutto, già hanno preso forma le folle di politici che usano la formula più alla moda: “Faremo leva sui fondi del Pnrr”. Per fare cosa? Qualsiasi cosa, per continuare a insistere su un solo punto: siamo e restiamo l’unico Paese dove si può fare tutto e il contrario di tutto. W il Pnrr, viva l’Europa e il resto del mondo.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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