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di Pasquale Persico
A partire dal “Sole 24 Ore”, tutti i maggiori e più autorevoli media d’Italia e del mondo hanno commentato la bellezza del discorso del presidente Draghi al Senato. Certo, c’erano – nel suo primo e secondo discorso – molti riferimenti ai passaggi chiave del cambiamento da proporre; l’enfasi sulle discontinuità con il precedente Governo erano raccontate con eleganza, ma erano, anche, evidenti i salti di qualità; abbondavano, nei commenti, i complimenti all’approccio strategico e alla visione di lungo periodo tracciata come approdo necessario. Non a caso, i complimenti e le sottolineature riguardavano il sogno e la visione larga, come se la bellezza potesse durare anche nel tempo lungo della condivisione politica necessaria. La lunga serie di valutazioni, sul testo specifico del suo discorso, era sembrata, allo stesso presidente, appropriata, ma le sottolineature erano state, spesso, troppo elogiative: un viva il Re troppo sfacciato anche per alcuni passaggi minori. Lui aveva voluto rendere produttivo ed efficace il suo ragionamento; esso consentiva a molti di potere confrontare le immagini di riferimento come rappresentative dell’animo umano in concordia, mostrando anche aspirazioni alle quali – anche lui – non poteva rinunciare.
Emergeva il tema della proporzione giusta tra cose dette e cose possibili da realizzare, quasi a voler richiamare Pitagora e i suoi numeri giusti. E così il riferimento al Governo del Paese Italia ed al voto sul suo Governo – come voto sulla irreversibilità dell’euro – sono apparsi una riflessione pitagorica profonda, una relazione irrinunciabile e strategica, una credenza esplicita da perseguire senza riserve mentali e con comportamenti adeguati.
Un giorno Pitagora aveva osservato come i martelli del fabbro producessero suoni diversi; scopri così la proporzione tra peso e suono; questo porterebbe a pensare che Salvini non tenga sempre presente che nei templi dell’antica Grecia c’era – e c’è – una proporzione esplicita tra la distanza tra le colonne e i tempi musicali.
Una coerenza estetica o di sostanza strutturale?
E’ stato scoperto, anche, da qualche altro commentatore che il tema della comunicazione per Draghi è una giusta proporzione connessa al valore etico del comportamento. Esiste, cioè, una giusta proporzione tra parole ed atti e questo riferimento deve sostenere un comportamento distintivo dell’operare del suo Governo; pochi principi ispiratori e molte azioni da compiere con efficacia sobria e trasparente, per comunicare il saper fare. Edificare e costruire, allora, è la giusta relazione tra le pietre o tra i mattoni nelle costruzioni di Mario Botta, architetto del sublime. Le pietre in sequenza architettonica danno valore al sacro delle sue chiese e delle sue opere. Questo richiamo concettuale aiuta a comprendere la proiezione morale da fare riconoscere ai giovani, che dovranno interpretare le aspettative dell’Europa. Essi potranno abbracciare la speranza di eliminare i diversi debiti contratti dalle generazioni passate: debiti ecologici, della sanità, dell’ istruzione, della produttività. Ma soprattutto essi dovranno apprendere il come essere protagonisti della costruzione dell’infrastruttura sociale aperta che darà vita alla nuova civiltà plurale europea.
In Draghi, mentre la rassegna stampa sul suo discorso cresceva in abbondanza di complimenti, riappariva quella inquietudine sul tempo giusto e sulla densità-qualità da dare alle azioni. Alla lettura i temi del Recovery Plan apparivano in tutta lo loro sproporzione specie se quel documento veniva letto partendo dal titolo da lui preferito, Next Genenration Eu. Lui l’aveva detto più di un anno fa, bisogna aumentare la percentuale di debito buono fino a fare diminuire la percentuale di quello cattivo, che in ogni caso sarà fisiologico e legato ai compromessi della politica. Ma, nonostante le buone intenzioni del precedente Governo, le sproporzioni erano evidenti ed emergevano tutti i dubbi critici di alcuni economisti di indubbio valore: Giuseppe Pisauro, presidente della commissione bilancio della Camera e Tito Boeri, già presidente Inps.
Certo, l’arte ha diversi esempi di successo nella sproporzione, Picasso forse più delle avanguardie storiche, ma l’inquietudine di Draghi riguardava anche il merito delle sue affermazioni programmatiche; il suo richiamo al 2026 metteva in campo la capacità dei progetti di rendere credibili gli obiettivi fino al 2030, fino a quelli da raggiungere nel 2050 con e per l’Europa; questa capacità potenziale non emergeva dalla sostanza delle infrastrutture programmate e presenti nella bozza di programma, e nemmeno dalle misure di sostegno alle imprese ed all’occupazione. Diventava attuale il suggerimento di Boeri: migliorare al massimo l’efficacia dei finanziamenti a fondo perduto accompagnando il rilancio delle imprese e dell’occupazione con le riforme necessarie: pubblica amministrazione, giustizia, mercato del lavoro e sistema fiscale connesso al welfare, così come già emerso dal confronto con sindacati e Confindustria.
Con il tempo giusto, poi, si potrà rendere meno sproporzionato il rapporto tra debito buono e debito inefficace, fino a mostrare inutile il ragionamento fatto sul Mes da non pochi presunti politici dell’efficacia.
Si tratta, allora, di prevedere un differimento di qualche anno per l’accesso alla parte del Recovery che presuppone una chiara valutazione dell’efficacia del debito? Una responsabilità da rendere chiara adesso, sul presupposto che la bellezza si nasconde nella giusta proporzione da riconoscere come metodologia dell’edificare e del programmare?
L’inquietudine deve diventare saggezza da comunicare, approfittando degli elogi sulla bellezza, o deve ancora essere nascosta e ragionare, solo con i ministri tecnici, sulla nuova proporzione credibile, condivisibile ed efficace?
La solitudine della decisione apparve nella sua mente; lui stava nell’immagine del bello appena raccontata, di spalle, come se questa decisione fosse solo da fare apparire come possibilità, e non come credenza. Egli, in realtà, doveva essere il protagonista della decisione, e del come guidare le azioni del cambiamento, sapendo che la sola rappresentazione non crea alleanze. Anzi, è probabile che si allarghi la platea di coloro che preferiscono l’adesso, come immagine del bello da comunicare; la scelta politica per questi apparirebbe come sproporzione politicamente perseguibile ed adatta al consenso stupido del breve periodo. La strategia del silenzio riapparve; si ricordò di una citazione: “Il tempo d’esecuzione della musica varia in relazione all’ambiente” (Sergiu Celibidache). Il dubbio divenne spazio aperto, pagina da leggere, sintonizzazione da affinare.
Pasquale Persico