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L’illusione che la caduta del muro di Berlino avrebbe fatto crollare (subito) altri steccati per un’Europa più plurale.
Draghi e le lezioni di Beniamino Andreatta
Da governatore della Banca d’Italia ricordava spesso le intuizioni dell’economista e ministro democristiano. Le forti critiche al sistema pubblico e all’“assistenzialismo industriale”.

di Pasquale Persico

“Nel 1986, in un convegno del suo partito, Andreatta sostenne tesi molto impopolari, tesi lungimiranti, ma con difficoltà ad essere coagulate dalle forze riformatrici”. Draghi – che introduce e richiama le parole di Andreatta – specifica alcune sue priorità: “La spesa sociale italiana non è adeguata ed è  mal distribuita fra i diversi strumenti. Lo stato sociale non si è attuato, come nel caso dei Paesi nordici, a partire da  idee semplici che partono dal welfare. Vi è solo una spinta della pressione politica del momento a tutela di taluni interessi piuttosto che di altri. E’ prevalso, nel tempo, l’interesse dei gruppi da aggregare per ragioni politiche, piuttosto che la prevenzione della malattia e della mancanza di reddito della persona anziana o in disagio economico. Sono rimasti sacrificati quasi tutti gli istituti propri del Welfare State che riguardano la protezione della disoccupazione e delle condizioni estreme al di sotto della linea di povertà.  Vi è una incapacità di dire no per pronunciare alcuni sì essenziali. Vi è poi un assistenzialismo industriale esagerato rispetto alla ripresa strategica della politica industriale, esso  accresce in maniera pericolosa il già notevole carico del debito pubblico”.

Non a caso, poi, Andreatta  iniziò a riflettere sul destino dell’impresa pubblica per descrivere i limiti di una politica riformista. Per lui la porta aperta ai finanziamenti (pubblici) era una pessima medicina per guarire dalla rendita inopportuna, presente nelle pieghe nascoste dell’impresa pubblica, spesso ispiratrice di politiche monopolistiche. Lui credeva che la caduta del muro di Berlino avrebbe fatto crollare altri steccati per un’Europa più plurale. Si intese, perciò, con il commissario per la concorrenza  Ken Van Miert , firmando, come ministro degli Esteri,  il protocollo che impegnava il Governo italiano a ridurre entro il 1996 l’indebitamento delle imprese pubbliche, serbatoio nascosto (del debito pubblico) non buono per il futuro dell’Italia.

La storia raccontata è lo specchio di quanto stiamo vivendo oggi, e ci dice dello stallo trentennale nel quale siamo stati e rimaniamo, mentre  la strada che stiamo ripercorrendo non è dissimile da quella già percorsa.

Le nomine nelle grandi aziende pubbliche e negli apparati vitali di governance non lasciano speranze sulla possibilità di sciogliere i nodi per contribuire ai vantaggi della possibile politica economica europea che si è iniziata a percepire durante la pandemia. E’un’azione ondivaga,  prevale la politica del compromesso temporaneo. Le due Costituzioni in campo, quella europea e quella italiana, vengono tradite nei giorni dispari e negate nei giorni pari. La soggettività politica lungimirante non è ancora nata; la massa critica adeguata a risolvere i propositi di Beniamino Andreatta è ancora bassa. Le credenze di Andreatta si evolsero nel tempo da lui vissuto per dare alle decisioni una valenza adeguata al suo sentire il contemporaneo sopraggiunto, che reclamava la necessità di guardare oltre gli ostacoli, per far crescere i beni comuni necessari a correggere il capitalismo parassitario, a voracità crescente. Democrazia, inclusione e moralità pubblica sono al centro della sua riflessione, ancora oggi ispiratrice di nuovi comportamenti che, come allora, tardano ad essere misurabili.

 

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Pasquale Persico
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