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I numeri dell'economia »

Il Rapporto Eurostat sulla deprivazione materiale ci isola tra i Paesi più poveri in area Ue.
Disagio sociale in crescita
Il 23% della popolazione italiana (1 su 4, ben 14 milioni di persone) non riesce ad onorare le scadenze principali mese per mese. Siamo tra le 10 nazioni più povere. E, soprattutto, emerge la tendenza a peggiorare.

di Alfonso Schiavino
Secondo voi, quanta gente non riesce a pagare l’affitto, riscaldare la casa e onorare scadenze altrettanto ordinarie? Gli italiani sono quasi 1 su 4. Per l’esattezza: il 23% della popolazione, 14 milioni di persone, cittadini della Repubblica fondata sul lavoro. Certo non siamo soli, perché molti europei annaspano nel bacino delle difficoltà: 1 su 6, quindi un buon 17% della gente che compone la costellazione politica dell’Unione. Però l’Italia si ritrova isolata fra i 10 Paesi più poveri (lontanissima è la Svezia del 2,8%) e, soprattutto, manifesta una tendenza a peggiorare.
La fonte dei dati e i criteri.
I numeri di questo articolo vengono da Eurostat. L’ufficio statistico dell’Ue ha pubblicato venerdì scorso un rapporto (in inglese) sul disagio economico-sociale nell’anno 2015. Il titolo è meritoriamente diretto (“Un europeo su 6 è materialmente deprivato”) ma in un certo senso perfino insufficiente, perché esistono due gradazioni del problema.
Il tasso di deprivazione materiale – spiegano i ricercatori – è la percentuale di persone che devono rimandare alcune spese essenziali e normali, descritte in un paniere di 9 elementi. I malcapitati che incontrano difficoltà su 3 voci integrano la categoria “basilare”. Da 4 voci in poi, il livello diventa severe: severo, assoluto.
Gli indicatori sono proprio elementari. 1: avere morosità (affitto, mutuo, bollette, rate). 2: non potersi permettere ferie annuali di una settimana. 3: non poter consumare un pasto con carne, pollo, pesce (o equivalente vegetariano) ogni due giorni. 4: non essere in grado di affrontare oneri imprevisti. Da 5 a 9: impossibilità di riscaldare l’abitazione o acquistare un telefono, un televisore, una lavatrice o un’automobile.
Il popolo dei disagiati, 14 milioni di italiani.
Nell’Ue del 2015, dunque, 1 persona su 6 risultava materialmente deprivata. Le quote maggiori si registrano in Bulgaria (49.1%), Grecia (40.8%), Romania (39.5%) e Ungheria (34.8%). Seguono Cipro, Croazia, Lettonia, Malta e Lituania. Decima è l’Italia: il suo 23% equivale a 14 milioni di disagiati.
Eppure non siamo il Paese più popoloso dell’Unione, visto che ci precedono Germania, Francia e Regno Unito. Questi Stati hanno tassi di privazione sotto la media: Gran Bretagna circa 16%, Francia e Germania 11%. Il resto dell’Unione è piuttosto solare: l’indice scende sensibilmente in Olanda e Austria (8,2%), Danimarca (8,1%), Finlandia (7,7%), Lussemburgo (4,9%) e Svezia (2,8%). Questo è il quadro generale medio.
L’Italia peggiora sempre.
Se consideriamo il grado “severo” della privazione (l’incapacità di soddisfare 4 o più necessità), la situazione italiana risulta peggiore. Infatti, una buona metà del disagio nazionale è di tipo alto, come accade per i Paesi (Bulgaria, Grecia eccetera) nostri vicini nella posizione poco invidiabile della graduatoria.
Non solo. Alcuni quadri di approfondimento, sempre dell’Eurostat, rivelano che il Paese ha visto aumentare e raddoppiare la privazione severa nell’arco di un decennio.
Nel 2007, gli italiani che dovevano rinunciare ad almeno 4 voci del ‘catalogo’ erano il 7%. Il tasso, oscillante fino al 7,4% del 2010, è balzato all’11,1% nel 2011. Nel 2012 si registrava il picco del 14,5%, lievemente sgretolato negli anni seguenti: da 12,3% (2013) a 11,6% (2014) e 11,5% (2015). Nell’ultimo anno considerato, 7 milioni di italiani dovevano scegliere quale ‘uscita’ trascurare, in attesa di tempi migliori.
Cresce il rischio di povertà.
Il tasso di privazione, peraltro, è solo uno dei programmi statistici che misurano l’esclusione sociale in Europa.
Un altro rapporto importante, il “rischio di povertà”, più monetario e tecnico, attesta che quasi 119 milioni di persone (il 23,7% della popolazione) fronteggiavano le ristrettezze nel 2015: un po’ meglio del 2014 (-0,7%), ma sempre tantissimo. Le big del malessere erano Bulgaria (41,3%), Romania (37,4%) e Grecia (35,7%), ma, annota Eurostat, oltre un quarto della popolazione era considerata a rischio di povertà in Lettonia, Lituania, Croazia, Cipro e Italia (17,5 milioni). Numeri alti anche in Germania (16 milioni), Gb (15) e Francia (11), che, però, hanno proporzioni maggiori e sono in ripresa. In Italia si registrava un aumento leggero sul 2014 e marcato sul quinquennio, in controtendenza europea.
Cosa dicono di politico questi numeri.
Trilussa e altri intellettuali (molto meno gli esperti) insegnano che le statistiche non tratteggiano mai condizioni omogenee, perché l’uomo medio non esiste. Tuttavia, il metodo empirico e la chiarezza espositiva di Eurostat certificano una realtà cruda: nel continente che inventò la giustizia sociale e il welfare state, troppa gente vive nell’angoscia.
Complimenti a quelli che hanno governato l’Italia e l’Europa in questo inizio di millennio.
Complimenti alla gente comune che confonde la fortuna individuale con il destino collettivo e crede di risolvere tutto con l’egoismo delle piccole patrie. Ormai dovremmo saperlo: nessuno può essere felice se ci sono tanti infelici.

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Si ampliano le fasce di cittadini Ue in difficoltà economica
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