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Nel luglio di quest’anno si è giunti a 2.858 miliardi e 601 milioni, quasi 88 miliardi in più di un anno prima.
Debito pubblico, tra un record e l’altro e non si ferma mai
Alla fine di agosto è arrivato a 2.841 miliardi (circa). Alla fine del 2018, è risultato pari al 134,8% del Pil, percentuale tra le più alte al mondo.

Una domanda, ricorrente, risulta sempre più preliminare ad ogni tipo di ragionamento sul contesto economico (e finanziario) di riferimento del Paese-Italia. Ma a quanto ammonta, più o  meno, il debito pubblico italiano (nella condizione odierna)? Se prendiamo in considerazione le comunicazioni della Banca d’Italia, stiamo parlando di circa 2.790 miliardi rispetto ai 2.772 dell’inizio del mese di settembre. L’incremento (al 15 settembre 2023) è stato pari a 18 miliardi. Va detto che nel luglio di quest’anno si è giunti a un record, per il debito pubblico italiano, che è arrivato a 2.858 miliardi e 601 milioni, quasi 88 miliardi in più di un anno prima.

La seconda domanda sostanziale è: ma chi sono i creditori del nostro debito pubblico? Banche Centrali – BCE, Bankitalia – banche di credito ordinarie, assicurazioni e fondi di investimento italiani, famiglie e imprese italiane, investitori esteri. Va detto, per entrare nel merito globale, che il Giappone ha il debito pubblico più alto del mondo, pari al 258 per cento del suo Pil. E che il debito pubblico americano totale (federale e regionale) è di oltre 32 mila miliardi di dollari, era di circa 10 mila miliardi durante la crisi finanziaria del 2008. Entro la fine di questo decennio raggiungerà i 50 mila miliardi. Il debito della Cina è tra i più grandi al mondo, ammonta all’equivalente di 51.900 miliardi di dollari, quasi tre volte la dimensione dell’economia cinese quantificata in base al Prodotto interno lordo.

Attraverso il debito pubblico, vale la pena ricordarlo, ogni Stato finanzia il proprio deficit: la differenza tra entrate e uscite. Se le spese annuali dello Stato superano le entrate, è necessario fare conto del debito, che cresce per fronteggiare il deficit. Fin dagli anni ‘80, l’Italia ha generato un debito molto significativo generato da alti tassi di interesse, bassa crescita economica e spesa pubblica elevata. Il rapporto debito/Pil del nostro Paese è  uno dei più alti del mondo: alla fine del 2018, il debito pubblico italiano si configurava al 134,8% del Pil.

Come sostenere il debito pubblico? Quali sono i parametri da considerare? Come realmente valutarlo? La ricchezza privata (molto alta) e la stessa distribuzione del debito. A considerare bene la situazione, è più rischioso che sia disponibile per privati e operatori stranieri. Risulta in mani estere circa un terzo del debito pubblico. A valutare bene, la quota è più bassa: bisogna includere le istituzioni europee e le società italiane residenti all’estero. La percentuale – minoritaria – è in ogni caso enorme, se partiamo dal 4% del 1988.

Nel contesto generale, occorre tenere conto dei parametri di Maastricht: lo Stato deve fare riferimento a un rapporto debito/Pil inferiore al 60% o, comunque, l’Italia dovrebbe dimostrare un preciso orientamento alla riduzione in rapporto al Pil. Il debito eccessivo può condizionare il Paese a non rispettare gli impegni, e, quindi, generare il default. Il debito pubblico italiano è in crescita dalla metà degli anni ‘60, e si è canalizzato in netta salita negli anni ‘80. Dopo Maastricht e l’euro, con la riduzione dei tassi sui titoli di Stato, si è giunti a un calo diffuso. Il debito – in base alla contrazione del Pil e alla necessità di maggiore spesa pubblica – in genere aumenta in fasi di stagnazione o recessione. Questo spiega quanto accaduto dopo la crisi finanziaria del 2008.

Il debito pubblico italiano – in base al numero degli abitanti – determina l’ammontare del debito procapite a  circa 46.900 euro. Se moltiplichiamo questo importo per il nucleo famigliare di tre persone, il debito arriva a toccare 140.700 euro. Nel 1967 il debito pubblico italiano pro capite si attestava a circa 3.000 euro. Le previsioni relative ai prossimi anni sono obbligate a tenere conto del crescente invecchiamento, che si rifletterà su pensioni, sanità ed assistenza.

 

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