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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Forse, prende forma solo un conflitto basato sugli interessi personali, sociali, culturali e, alla fine, anche partitici.
Che cosa resta, cosa è rimasto dello “scontro elettorale”?
La sfida è aperta e sono in tanti a rappresentarsi anche in maniera molto lontana da tutto quello che, veramente, sono diventati: è questa la partita che si agita molto, ma non trova affatto un percorso da riuscire ad affermare.

Resta più o meno intatto – ma in lievissima risalita – il quadro delle proiezioni in termini percentuali dei due principali antagonisti della partita (anche) elettorale in corso in Italia da qui a giugno per le Europee, oltre che per le Regionali. FdI e Pd si guardano un po’ da lontano (circa 10 punti percentuali di differenza, più o meno) e provano a mettere in campo una sfida che, per la verità, è molto difficile provare a immaginare, considerando tutte le novità che in così poco tempo si sono condensate fino a fare quasi scomparire la tipologia di voto che, pure, aveva preso una sua forma compiuta in termini di aggancio ai partiti o a quello che ne resta. In altre parole, ma siamo proprio sicuri che a ogni simbolo sia rimasto agganciato lo zoccolo di consensi fin qui maturati (o dispersi) in base a una precisa connotazione politica? Insomma, siamo certi che non si sia perso per strada il percorso più antico e radicato, quello dell’appartenenza ideologica o, in ogni caso, basato sulla condivisione politica rispetto a una serie di valori ben più ampia? Perché la sensazione che è andata affermandosi negli ultimi tempi, è che si sia verificata, in più di un appuntamento con le urne, una precisa tipologia di conformazione elettorale che tiene conto, più o meno esclusivamente, delle mosse (tattiche o più semplicemente protese alla “conquista” di consensi) non tanto dei partiti o dei movimenti, ma dei leader, del tutto trasformati in veri e propri “influencer”, orientati – al di la dei partiti, sia ben chiaro – a impersonare anche (anche ma non solo) la figura (di cui fidarsi) di risolutori dei problemi, disegnando prospettive e percorsi di crescita. A guardare a fondo con questo binocolo, si ritrova la tipologia specifica di colui che indirizza verso una meta (in questo caso anche politica): il personaggio – come spiegano bene i manuali – di successo, “popolare nei social network e in generale molto seguito dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico”. Il “politico”, il leader, la persona impegnata a ricavarsi una specifica “missione” ha dovuto, quindi, imparare non solo a entrare in contatto con la massa di persone necessaria a conquistare il ventaglio di cose da fare, ma anche a piacere a questi interlocutori, a impersonare/recitare un personaggio capace di instaurare con loro un vero e proprio dialogo, fino ad assumere la veste di vero e proprio riferimento: una catalogazione di carattere fiduciario. Per queste motivazioni la profilazione strettamente politica è venuta a mancare, probabilmente resta uno degli elementi che concorre alla scelta elettorale (antiche tradizioni, approcci culturali anche di carattere familiare, ma non solo), ma è non il solo.

Che cosa resta, allora, di quello che fino a poco tempo fa era un vero e proprio “scontro” elettorale? Forse, si gioca solo una partita basata sugli interessi personali, sociali, culturali e anche partitici (ma con quale vera approssimazione?). O, forse, neanche questo. La vera sfida è, probabilmente, sulla capacità di auto-conservazione di vari blocchi sociali – ma anche economici, e questo aspetto è abbastanza chiaro – che avvertono di essere, perennemente, messi in discussione, o meglio: accantonati.

La sfida è aperta e sono in tanti a rappresentarsi anche in maniera molto lontana da tutto quello che, veramente, sono: è questa la partita che si agita molto, ma non trova affatto un percorso da riuscire ad affermare.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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