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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Nel momento del buonismo prevalente a nessuno interessa dirimere la strutturale contesa tra centrodestra e (centro) sinistra.
Cari ragazzi, è Natale: non siamo tutti più buoni?
E’ così che prende forma, si stampa in faccia a tanta parte della politica quel pezzo di geografia psicologica che disegna la lontananza (fittizia o reale?) dalle mille questioni che restano aperte - bene aperte, quasi irrisolvibili - e nessuno appare al momento impegnato ad analizzarle e a comprenderle per, magari, addirittura tentare di risolverle.

Come (quasi) sempre accade di questi tempi  – a una decina di giorni dal Natale – qui da noi, nelle aree del Sud (dove, statisticamente, l’accelerazione della sindrome della disperazione è diffusamente più presente a causa di una condizione economica davvero complicata e difficile da superare) prende forma, soffusamente narrata (o auto-narrata) in un’atmosfera armoniosa festosa, la ciclica esegesi della salvezza. Non solo perché ben si abbina alle forme interpretative del Vangelo (e della Bibbia), ma anche perché, negli anni, le stesse forze politiche, si sono sedimentate – con sempre maggiore lungimiranza e capacità interpretativa dettata, ovviamente, dall’interesse primario finalizzato alla raccolta del consenso – con mitica coerenza sul dettato religioso, che predica, giustamente, la fratellanza e il perdono come indicazioni primarie nella vita dell’individuo che così può aspirare a paesaggi migliori. Insomma, al di là di quanto sta accadendo politicamente (patto di stabilità, Mes, elezioni europee alle porte, distinzioni – anche nel centrodestra – con quegli schieramenti di vera e propria destra che il vicepremier Salvini ha già chiamato a raccolta), tutto si protende nella creazione di un’atmosfera dove anche il buonismo si materializza a piene mani e predica – predica – una frase che  ben sintetizza che cosa fare in queste giornate anche noiose, mentre si tende a non prendere atto di verità che sono, ormai, entrate tra le ovvie banalità di cui tenere conto. Di quale frase stiamo provando a parlare? La solita, anche in termini di proattiva sagacia: forza, è Natale, non pensiamo sempre alle cose da fare, è il momento di stare tutti uniti, di non litigare, non facciamoci distrarre da animosità proprio fuori luogo. Insomma, almeno a Natale, ricordiamoci che siamo tutti più buoni. Appena ci rimettiamo a lavoro, riattacchiamo tutte le tubature e riprendiamo a litigare.

E’ così, quindi, che prende forma, si stampa in faccia a tanta parte della politica quel pezzo di geografia psicologica che disegna la lontananza (fittizia o reale? Chi può davvero contare di saperlo…) dalle mille questioni che restano aperte – bene aperte, quasi irrisolvibili – e nessuno appare al momento impegnato ad analizzarle e a comprenderle per, magari, addirittura tentare di risolverle.

E c’è anche – non solo dalle parti del centrosinistra (diventato ora solo sinistra), ma anche del centrodestra – chi (e non sono affatto pochi) non riesce a vedere male (magari solo per strategia politica, per esigenza di non distinguersi troppo o di manifestare una visione effettivamente non criticabile) e ritiene che, in fondo, il prossimo presidente della Commissione europea potrebbe essere (anzi, dicono in molti, sarà) Mario Draghi, che, pure, è stato il predecessore, in Italia, della Meloni.

Nel frattempo, ricordiamoci tutti che è Natale, quando siamo tutti più buoni. Per litigare, anche politicamente, c’è sempre tempo.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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L'Italia si riflette in se stessa
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