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Apparteneva a un tipo di calcio dove ancora non si giocava in considerazione degli stipendi e dei premi partita che sarebbero copiosamente arrivati dopo.
Anquilletti, senso pratico e mai un cartellino rosso
Sempre presente nel Milan di Rocco e Rivera che riuscì a vincere - 1969 - Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale con la maglia da titolare. Il suo vero insegnamento: mai un cartellino rosso, perché rispettava, sempre, il suo avversario.

(Er.Pa.) – «Anquilletti non è precisamente uno stilista, bensì un pratico. Si attacca all’avversario, sia esso un’ala o un centravanti, e non lo molla per nessun motivo al mondo. Lo stile è rozzo ma la dedizione è tale che riesce a far sempre la sua brava figura». Le parole di Gianni Brera – come in tante altre occasioni in quegli anni di calcio avventuroso e, in ogni caso, costruttivo, a  considerare bene come, poi, si articolarono le cose, fino alla realizzazione dell’evento vittorioso e imprevisto degli anni ’80 in Spagna – anche questa volta pongono il sigillo su una verità confermata dai fatti (tanti) e dall’emergere di un gigante, per certi versi specifici da avvicinare a Tarcisio Burgnich, ma, in fondo, autonomo e propositivo come pochi altri tra quelle generazioni sempre presenti e combattive, destinate a un cammino glorioso in quella prospettiva che il calcio degli ’60 e ’70 riuscì a delineare con chiarezza e precisione, ben al di là della dimensione letteraria che, inevitabilmente, fu quasi costretto ad assumere in seguito.

Mario Angelo Anquilletti (San Donato Milanese, 25 aprile 1943/Milano, 9 gennaio 2015) apparteneva a un tipo di calcio dove non si giocava in considerazione degli stipendi e dei premi partita e di tutte le clausole aggiuntive che sarebbero copiosamente arrivati dopo. Tanto è vero che a fine carriera Anquilletti fece bene a investire investire i guadagni del calcio in alcune iniziative che sembravano buone a farli fruttare bene. Ma non riuscì in questa impresa e Roberto Donadoni – dopo la sua morte a 71 anni (nel 2015) in seguito a una lunga malattia – fu vicino ai figli per affrontare i problemi finanziari maturati e recuperando la vendibilità della casa di proprietà.

Rimase impressa, nella memoria dei tifosi, l’abilità di Anquilletti  nel marcare gli avversari, sempre con tempestività, ma anche con inarrivabile spirito combattivo, senza mai valicare i limiti della correttezza che aveva sempre in mente come principio ispiratore.

Fin dagli esordi – con la Solbiatese in serie D (1964-1965) – mostrò da terzino destro particolare attenzione e capacità nel marcare l’avversario, dote che convinse l’Atalanta (squadra di serie A) a prenderlo nel proprio organico. L’esordio, con i bergamaschi (15 novembre 1964) a 21 anni di età, avvenne in Sardegna, a Cagliari e fu vincente (1-0). Due stagioni con i nerazzurri e, poi, il grande salto nella storia di quel magico Milan che lo consacrò un campione a tutti gli effetti. Era il 1966, Anquilletti aveva 23 anni: indossò la maglia con i colori rossoneri per undici anni (per arrivare al 1977) e costruì con il tedesco Karl-Heinz Schnellinger una coppia difensiva di alto livello, fondamentale nelle vittorie del Milan di quel periodo.

Notevole il profilo che emerse: 418 presenze (fino a fargli conquistare il sesto posto in assoluto nella storia della squadra); 278 partite in serie A, 71 in Coppa Italia, 63 nelle Coppe europee e altre 6 nei rimanenti tornei. Ma, soprattutto, con la maglia rossonera Anquilletti vinse uno scudetto e, poi, quattro Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e due Coppe delle Coppe (1968 e 1973). Nel mito di quegli anni la doppietta realizzata contro il Levski Sofia nel 1967 (Coppa delle Coppe): le uniche reti che riuscì a segnare con la maglia del Milan. Terminò la carriera a Monza, campionato cadetto, a 36 anni. Giocò solo in formazioni lombarde, mise a segno (in 326 presenze in A e 41 in B senza riuscire a mettere mai la palla in rete in campionati svolti in Italia.

Va detto che entrò a fare parte della Nazionale che vinse il campionato europeo nel 1968, senza prendere parte a nessuna gara. Debuttò in azzurro durante una tournèe in Messico (gennaio 1969), prima del campionato del mondo del ’70 al quale non partecipò dopo l’infortunio che gli capitò durante Juventus-Milan del 29 marzo del 1970.

Il suo debutto avvenne in occasione di una tournée in Messico, effettuata nel gennaio 1969, in vista del campionato del mondo 1970: due sfide contro la nazionale messicana che lo videro sempre in campo, le uniche sue presenze in azzurro. Un grave infortunio, durante Juventus- Milan del 29 marzo 1970, gli impedì di partecipare ai mondiali.

I tifosi avranno sempre in mente il grande calciatore che non amava parlare, sempre presente nel Milan di Rocco e Rivera che  riuscì a vincere – 1969 – Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale con la maglia da titolare. La vera impresa nell’impresa. Insieme con quella che resta il suo vero insegnamento: mai un cartellino rosso: perché riusciva, sempre, a rispettare il suo avversario.

1968–69_AC_Milan_-_Angelo_Anquilletti
Mario Angelo Anquilletti
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