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“Caro De Luca, vogliamo sceglier un sindaco (di Napoli) che coltivi l’idea alla base del nuovo piano strategico della Regione Campania?”.
Anfione, Tebe e la “scoperta” del Recovery Fund
“Le reti di città riposizionano (anche) i temi della digitalizzazione necessaria alle esigenze di terzo apprendimento connesso agli altri cinque sensi. Scuola e società insieme finalmente, lontane dall’errore di Cartesio”.

di  Pasquale Persico

Nel prossimo anno due opzioni strategiche devono emergere in Campania: la prima – da parte della Regione – coinvolge la volontà politica necessaria a fare crescere le città metropolitane come nuove soggettività istituzionali (esprimendo il sindaco – metropolitano – con elezione diretta);  la seconda –  nel programma del sindaco di Napoli che verrà – si concretizza nell’impegno a perseguire questo obiettivo, mancato ultimamente, attraverso una forma di transizione che riconosca e moltiplichi le aree omogenee della città. Per dare luce a queste ipotesi basta chiedersi: come mai la sola Milano compare nella lista delle città competitive a livello internazionale e come mai la sua posizione è in regressione? Per mostrare la nostra tesi esponiamo un breve  racconto sull’evoluzione della città,  dal mito  alla realtà, partendo dalla città di Anfione.

Anfione, con la poesia e con la cetra, aveva fatto levare, con dolcezza, dalla terra, i massi adatti a formare le mura di Tebe. La città si presentava bella, con le capacità programmatiche dell’uomo sapiens che riconosceva l’armonia. In questo modo la città ben orientata vedeva l’orizzonte e l’asse cosmico. La città appare, quindi, come immagine finita dell’infinito. La città sacra e quella terrena si compenetrano. La città di Ferrara disegnata dentro le mura, ed anche prima delle addizione Erculea, è anch’essa sacra e terrena, oggi Patrimonio Unesco per l’Urbanistica. Geometria e tecnica danno forma e simmetria alle città, che diventano luoghi dove cittadini e viandanti godono delle funzioni estetiche e pratiche. Parigi nel 1625 appare come un melograno d’amore e poi Places des Vosges può essere vista come  diamante colorato.

La città di Cartesio prende forma nella storia come una filosofia della città, dove proprio filosofia della città  vuol dire anche affrontare il problema del rapporto città- natura; qui Cartesio si sposa con Bacone e poi anche con Leibniz, filosofi del Sei-Settecento, che concepiscono la fondazione della città-natura come rincorsa tra mondo naturale e mondo umano; quest’ultimo è mondo tecnico e della conoscenza che dominando la Natura cerca di preparare una futura conciliazione con la crescita  della sua consapevolezza; questa avviene nel divenire storico della geografia del territorio.   La città palazzo di Urbino, o la Firenze che sappiamo, ma anche Venezia della memoria, e la Ferrara dell’addizione in attesa che la natura si esprima dentro le mura e si avvantaggia del mancato sviluppo della rendita agraria (a differenza di Napoli nella stessa epoca).

Oggi diremmo che la rete ecologica ispira il cambiamento possibile che si addolcisce nella sua evoluzione necessaria. La città (l’architettura), l’agricoltura (la campagna) e la Natura (le aree in evoluzione) si compenetrano tanto che nonostante le discontinuità del costruito la natura si fa pittura essendo definibile come architettura che si fa paesaggio e questo è interpretabile in termini di rete ecologica funzionale all’uomo e alla biodiversità . Dalla Natura apprendiamo che difficilmente due foglie o due efflorescenze  sono identiche e quindi è grazia produrre un molteplice vario, a somiglianza del molteplice della natura e non un molteplice seriale (la città delle Immobiliari.) La Città del Parco nel Parco del Cilento svolgeva non a caso  il paradigma identità e diversità.

Poi arriva l’antagonista di Anfione, che è  Prometeo, il dio tracotante che sovverte l’ordine della natura per far dono agli uomini, creature di un sol giorno della storia della terra, di poteri che spettavano agli immortali consapevoli. La fulminea metamorfosi delle città europee, distrutte dalla guerra, rovescia completamente il rapporto tra vita contemplativa o del pensiero e vita attiva o dell’azione.

Prometeo vince sempre su Anfione, dispensando il miraggio del massimo benessere, esaltando le industriose città del Nord-America e non controllando lo sviluppo abnorme delle città del Sud America. E’ lo stesso Prometeo che illude l’Europa suggerendo alle città di aderire alla tecnologizzazione del mondo. La città diventa contemporaneamente familiare e estranea, le periferie annunciano città uguali, si rischia di perdere l’identità vissuta o sognata.  Chiudiamo, pertanto, gli occhi in treno 10 minuti prima di arrivare a Ferrara e 20 prima di arrivare a Venezia, quindici prima di arrivare a Roma e sempre, quando viaggiamo verso Sud, tranne che non vogliamo guardare il mare e le stelle.

Mentre prima la città restava se stessa in quanto diventava diversa in se stessa ( come ognuno che cresce), seguendo un percorso di mutazione, di  evoluzione e sviluppo quasi desiderato; essa diventava, la città, non diversa da se stessa, nelle sue parti, oggi lo spazio nuovo non è un multiplo riconoscibile ed il dentro della città nata ieri perde identità di segni e di progetto.

Ecco, allora, che l’urbanista – architetto – entra anch’egli nel tempio di Ammon-Ra, non ha più memoria lunga e il catalogo delle città della storia è pesante e non sostenibile socialmente, egli mette segni futuristi come illusione estetica facendo finta di far parlare a Prometeo la lingua di Anfione; egli, nel tempio di Ammon-Ra non sa parlare che dell’adesso che gli altri vogliono, egli come gli altri ha perso la capacità di immaginare la città nuova, per gli altri o per la parità con gli altri.

Da Pasteur parte l’idea che nelle attuali condizioni ambientali l’organismo (anche quello sociale) non prende spontaneamente vita dal materiale inorganico (contenitori da progettare). Scampia, Napoli, è un esperimento chimico che non ha vita biologica orientata al futuro ma una socialità distruttiva in contenitori pieni di libertà non orientabile.

Laser significa Light  Amplification by Stimulatined Emission of Radiation. Il laser come laboratorio attivo per la città nuova può suggerire, attraverso attivazioni o inibizioni, le modalità per bruciare le incoerenze (rallentare e sottrarre) e favorire le coerenze. Fino a ricordare, con l’Einstein del 1925, che  le radiazioni indotte si legano  a chi le ha indotte, il tutto può evolversi in maniera coerente guadagnando qualità o virtuosità del processo urbano.

Illuminare con il Laser dell’urbanistica non euclidea  i progetti ed  i frammenti significativi della Città Metropolitana, rende possibile il percorso della città di Pasteur; questa cerca di provocare una massa critica di cellule virtuose che autogenerandosi risana il tessuto e fa vivere temporaneamente la città nuova, che si nutre, questa volta,  di identità e sviluppo, di identità e diversità, di reti complesse, fino a immaginare temporaneamente di arrivare all’identità felice come progetto di impegno della comunità allargata, società possibile e riconoscibile, plurale ed accogliente.

La città diventa frattale a forma complessa, imprevista e varia, ma leggibile;  ecco allora la prospettiva: fare diventare Napoli, Neo-Neo Napoli , città moltiplicata in  reti di città capaci di far esplodere le economie di scala degli standard urbani contemporanei, immateriali e materiali; ma anche la città che sviluppa  le economie di diversità che ci fanno stare nelle economie globalizzate e ci difendono dalle incertezze, danno spazio al potenziale di naturalità necessario a ridare prospettiva al tema salute, nutrizione e prevenzione.

E rinnovando il rapporto tra cittadini e beni culturali, le reti di città riposizionano  anche i temi della digitalizzazione necessaria alle esigenze di terzo apprendimento connesso agli altri cinque sensi; scuola e società insieme finalmente, mente e corpo dei cittadini lontani dall’errore di Cartesio.

Allora, l’appello culturale e politico dovrebbe essere chiaro.

Caro De Luca, vogliamo rendere esplicita questa opzione concorrendo a scegliere un sindaco che coltivi questa ipotesi come base nel nuovo piano strategico della Regione che vuole, insieme alle altre,  fare buon uso delle risorse nel Recovery Fund?

L’autonomia delle Regioni deve sposarsi con la capacità in rete delle stesse di guardare ad infrastrutture complesse che si avvantaggiano della visione di macroregioni verso una nuova governance delle stesse regioni, in concordia di programmazione con le reti di città, siano esse metropolitane o altre città.

 

 

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Pasquale Persico
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