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Il quarto e ultimo articolo dedicato all’analisi dei profili “emergenti” di sviluppo nei territori della provincia di Salerno.
Amalfi+Sorrento? The Golden Coast
Il punto nodale risiede nelle criticità della rete di mobilità di cose e persone. Gli accessi – mare, terra, cielo – sono ancora operativi come decine e decine di anni fa.

diPasquale Persico e Ernesto Pappalardo
Questo articolo è apparso sul Mattino (Edizione Salerno) di sabato 17 dicembre. E’ il quarto di una serie di approfondimenti che si pongono l’obiettivo di contribuire ad individuare i nuovi profili economici e produttivi potenzialmente realizzabili del territorio provinciale diviso in quattro sub/comprensori.
Può diventare molto difficile immaginare anche solo qualche “pezzo” di futuro di un territorio – la Costiera Amalfitana agganciata al gate di Cava de’ Tirreni – che è da considerare una delle poche “isole felici” all’interno dello scacchiere provinciale e regionale (e ben oltre questi confini) dal punto di vista di una precisa identità produttiva. La “mission” è ben chiara, per non dire “imposta” dall’alto (molto dall’alto): turismo/turismi, accoglienza, attrattività in senso lato (cielo, mare, paesaggio, beni culturali, eno/gastronomia: tipica filiera asimmetrica purtroppo ancora non messa del tutto a sistema). Non è questa, quindi, la domanda di base per individuare potenziali profili aggiuntivi e migliorativi dell’articolazione di un’offerta che regge nel tempo, sebbene apparentemente immobile. La domanda di partenza diventa un’altra: quanto può continuare ad essere sostenibile – in termini di vivibilità quotidiana – il modello attuale turismi/servizi che oggi detta i tempi della vita dei residenti (famiglie, imprese etc etec) stabili ed in soggiorno? Insomma, tra 5/10/20 anni chi “abiterà” realmente la Costiera Amalfitana? Chi transiterà nel gate metelliano e che cosa esso davvero diventerà?
I punti nodali? Mobilità e sanità.
Il punto nodale, ancora una volta, risiede nelle criticità della rete di mobilità di cose e persone. Gli accessi – mare, terra, cielo – sono ancora operativi come decine e decine di anni fa. Basta il solito pullman “straniero” che non “conosce le curve” per creare il maxi-ingorgo: roba da film degli anni ’50 e ’60. E’ ancora molto sottodimensionato il circuito via mare e il movimento su gomma resta prevalente. Per non parlare dei micro/percorsi via cielo che, pure, in altre località con meno standing internazionale della Costiera sono stati addirittura banalizzati. Al discorso della mobilità – da legare assolutamente ad una disciplina differita (a cominciare dagli orari di accesso) per persone e merci – è strettamente connessa la rigenerazione dei servizi alla persona, a partire dalla digitalizzazione delle relazioni tra cittadini e P.A. Aumentare il livello di interazione delle reti internet private e pubbliche significa l’inizio di una rivoluzione che dovrebbe consentire di approdare all’identità di una “Costa d’Amalfi 2.3.4.0”. Il miglioramento dell’assistenza sanitaria – anche in questo caso sfruttando al meglio le potenzialità della tecnologia – e dei servizi alla persona è il punto di svolta per costruire una nuova mappa dell’attrazione turistica, ma anche (e non secondariamente) di una nuova cittadinanza più proattiva e propensa a superare la comprensibile dimensione della rendita di posizione.
La digitalizzazione dei servizi a imprese e persone.
Mobilità efficiente/sostenibile e digitalizzazione dei servizi (a famiglie, imprese, residenti e visitatori) è la directory centrale prescelta in tutte le parti del mondo per entrare nelle “top ten” dei territori a più alta redditività nel comparto dell’accoglienza. Non può bastare più – ci dicono i casi virtuosi in Italia e all’estero – il potenziale naturale: occorre conferirgli valore aggiunto. Qualità ambientale totale – a cominciare dal mare (nota troppo spesso controversa al momento), dall’aria, dall’acqua, dalle tipologie delle fonti energetiche. A quando la circolazione in Costiera esclusivamente di auto, pullman, bici elettriche? Solo realizzando queste pre/condizioni, la competitività si trasforma in occasione di implementazione delle entrate per tutto l’anno. La stagionalità estiva è un residuo del passato che poggia su solidi previsioni di bilancio: costi e benefici confermano che le micro/strutture – e cioè la maggioranza – hanno margini troppo risicati per “sfidare” i mesi freddi. Perché? Perché la programmazione destagionalizzata non ha, evidentemente, alle spalle una cornice di sistema: tutti (o quasi) in ordine sparso. Ed allora si punta a ridurre i rischi. Una logica prudenziale, ma ampiamente comprensibile (nel contesto attuale).
La nuova “Golden Coast”.
Ma all’Area Vasta Costiera Amalfitana – con Cava de’ Tirreni, altro giacimento territoriale inopinatamente in bilico tra identità storico/turistiche rilevanti e dimensione urbana/cerniera tra il caos della mobilità dell’Agro Nocerino Sarnese ed il capoluogo Salerno – dove “conviene” guardare per fare il “salto di scala” ed uscire dallo “splendido isolamento”? Molto probabilmente più a Nord che a Sud, più a Sorrento che a Salerno, puntando alla definizione di una nuova e più ampia “Golden Coast”, che sublimerebbe il concetto di Divina Costa del Sole del Sud Italia: niente da invidiare alla Costa Azzurra o ad altri paradisi terrestri disseminati sull’intero pianeta. Si potrebbe, in questo modo, beneficiare anche da Amalfi in giù in maniera più organica dell’effetto moltiplicatore della rete di attrattori che circonda Sorrento. Non come accade adesso, in maniera non sistematica, ma da un punto di vista strutturale e programmaticamente affidabile.
Le criticità della governance municipalistica.
Va, però, affrontato senza infingimenti il tema di come un territorio “isola felice” debba necessariamente fare delle scelte ed annunciare la volontà di non farsi “invadere” da emergenze intrecciate al turismo ipertrofico e consumatore derivante dai vantaggi competitivi accumulati. L’area vasta/Costiera Amalfitana/New Golden Coast deve individuare la soggettività istituzionale giusta per dialogare con le due aree omogenee contigue che la riorganizzazione della Città Metropolitana di Napoli ha già definito e promuove come nuove Aree Strategiche di aggregazione in base a nuovi obiettivi identitari. L’Area Omogenea dei comuni Vesuviani che si allarga fino a Castellamare, Gragnano ed Agerola chiederà presto di raccordarsi con l’Area Vasta salernitana e la stessa cosa avverrà per l’Area Omogenea Sorrentina che “arriva” fino a Capri ed Anacapri. Bisognerà condividere la qualità dei beni di merito da produrre (es biodiversità e tutela insieme con i giacimenti culturali), ma anche quelli legati alla urbanità di qualità (benessere e salute, istruzione e mobilità). I nuovi orientamenti sul tema dei Parchi Regionali implicano una maggiore responsabilità dei territori che dovranno rivedere la loro percezione rispetto alla sensibilità ambientale. Mentre la rendita edilizia, invece, spinge ancora verso un abusivismo per fortuna non generalizzato (ma questo fenomeno segnala la difficoltà ad immaginare un grande salto di scala nel presentare un possibile scenario ad ecologia profonda, come, invece, già sta avvenendo in molte parti del mondo dove il consumo di suolo e l’uso di tecnologie energetiche ad impatto climatico ed ambientale zero rientrano nei programmi annunciati. E’ ipotizzabile che un piano di logistica delle merci e delle persone diventi un esempio territoriale da imitare perché ricorre al potenziale tecnologico della cosiddetta “Industria 4.0” in maniera innovativa, producendo innovazione sociale nel territorio complesso sia geomorfologicamente che in termini di urbanità diffusa?
Nuove forme di rappresentanza.
Ecco, allora, che l’Area Vasta deve trovare nuove forme di rappresentazione del proprio potenziale prima di farsi sommergere da ondate di turismi locali ed internazionali che annunciano incrementi paurosi in termini di presenze temporanee. Se ascoltiamo i territori pieni (Pompei), la mancanza di una protezione “intelligente” rispetto ai flussi in arrivo non consente l’elaborazione della visone strategica e la rincorsa alle emergenze diventa la vera comunicazione che scoraggia o incoraggia solo le decisioni non strutturali di sviluppo del nuovo potenziale. Emerge, quindi, il nodo politico, la programmazione paesaggistica è in ritardo operativo rispetto ai temi della rete ecologica efficace e dell’abitare, ed invita alla parcellizzazione delle scelte, nessun piano in comune tra Comuni; urbanistica, mobilità, residenzialità, aree Pip etc seguono logiche di bassa efficacia ed anche il territorio dalle “uova d’oro” potrebbe trovarsi in uno “spaesamento programmatico” non appena il ricambio generazionale non assicurerà la persistenza del valore culturale alto a partire dalla qualità dell’ambiente.
Un esempio che potrebbe evidenziare il cambio di passo? I riconoscimenti ambientali vanno chiesti per Aree Vaste e non più per singoli Comuni, così come le risorse aggiuntive sui Progetti Integrati che non hanno mai la qualità di essere veramente valore aggiunto per l’area allargata. Ma quando e con chi avviare questa riflessione?

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Una veduta della Costiera Amalfitana
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