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L’analisi delle dinamiche del sistema economico e produttivo nei territori della regione.
Agroindustria? Asset vincente
I dati di Unioncamere confermano che le imprese della trasformazione dei prodotti agricoli a fine 2014 rappresentano il 17,6% della consistenza totale del comparto manifatturiero campano. In crescita di peso relativo rispetto al 17% del 2011 e ben al di sopra del’11,8% nazionale.

(Er.Pa.)-Ll’agroindustria si conferma strategico per il rilancio dell’economia campana e non soltanto sulla base delle potenzialità ancora inespresse, ma in considerazione della risposta che ha saputo mettere in campo negli anni cruciali della crisi che ha squassato la spina dorsale del sistema economico regionale. I numeri di Unioncamere Campania (diffusi il 16 luglio scorso) disegnano il profilo di una capacità produttiva intorno alla quale costruire nel più breve tempo possibile un vero e proprio piano industriale di largo respiro (interprovinciale) e con un orizzonte temporale al di la delle consuete scadenze della politica. Insomma, l’agroindustria resta uno dei nuclei centrali da assecondare e valorizzare in un’ottica di rilancio strutturale dell’economia della regione. Il problema è che fino a questo momento non è stata affatto percepita l’esigenza di inquadrare la crescita di questo comparto in una cornice di norme (regionali) e di interventi che, sebbene da tempo individuati, non vengono, poi, attuati. I numeri.
“Le imprese della trasformazione industriale dei prodotti agricoli, a fine 2014 – scrive Unioncamere – sono il 17,6% della consistenza totale del comparto manifatturiero campano, in crescita di peso relativo rispetto al 17% del 2011, ben al di sopra del’11,8% nazionale (ma non del 20,7% meridionale) segnalando quindi una vocazione molto forte nell’agroindustria, che raggiunge punte di grande rilevanza a Benevento (dove il 24,9% delle imprese manifatturiere è di tipo agroindustriale), Salerno (21,3%) ed Avellino (19%)”. Un po’ più indietro si colloca il capoluogo di regione. “Ancora una volta – evidenzia sempre Unioncamere – Napoli è meno rilevante, anche se comunque esibisce un più che consistente 14,7% di imprese agroindustriali sul totale del comparto manifatturiero”.
Lo scenario risulta maggiormente significativo se si colloca il trend all’interno delle dinamiche che hanno investito l’industria campana negli ultimi anni. “L’espansione dell’agroindustria regionale (che fra 2011 e 2014 guadagna 89 imprese) nel contesto del processo generale di deindustrializzazione (il manifatturiero regionale, nel medesimo arco di tempo, perde 1.454 imprese) segnala quindi una crescente capacità della filiera regionale di imporsi sui mercati”.
Se, poi, si entra nell’ambito delle aziende artigiane che fanno riferimento al settore agroindustriale, per Unioncamere i numeri diventano addirittura “entusiasmanti”. “Qui le risultanze fra totale manifatturiero e alimentare – si sottolinea nello studio – sono ancora più nette. A fronte di un decremento di 322 unità delle imprese artigiane manifatturiere si contrappone una crescita di 72 unità per quanto riguarda l’alimentare dove Napoli di fatto trascina tutto il gruppo delle province campane (che va in territorio negativo solamente in Irpinia) se si considera il fatto che lo sviluppo imprenditoriale artigiano alimentare di tutta la regione è di 122 unità e quindi Napoli ne rappresenta il 59%”.
La competitività.
A dare il polso della situazione è il monitoraggio dei flussi dell’export. “La bilancia commerciale agroalimentare campana è, infatti, positiva per 442 milioni di euro circa nel 2014, in forte crescita rispetto al surplus di 148 milioni del 2011. Il peso dell’export agroalimentare sul totale delle vendite all’estero campane è del 28,8%, ben al di sopra del’8,6% nazionale, ma in determinate province, come Salerno, raggiunge il 57,8%, seguito dal 32,1% di Benevento e dal 31,7% di Avellino. Ad ogni modo, il peso dell’export agroalimentare è sempre superiore alla media nazionale, anche nella provincia in cui è più lieve, ovvero Napoli (17,3%). E’ quindi soprattutto dai mercati esteri, in una fase calante della domanda interna, che il tessuto produttivo dell’agroalimentare regionale trova linfa per crescere”. E ancora: “Infatti, è un settore agroalimentare (la frutta e gli ortaggi lavorati e conservati) a detenere il primato dei prodotti esportati in Campania, mentre i prodotti farinacei e da forno sono in quarta posizione, e quelli da colture agricole non permanenti in nona. Nello specifico, contano le vocazioni agricole locali. I prodotti da forno e farinacei sono la seconda voce di esportazione di Benevento, che nella sua top ten di prodotti esportati ha anche l’olio e le carni, mentre i prodotti ortofrutticoli figurano al quarto posto nelle esportazioni di Napoli, così come di Avellino (che poi ha al secondo posto i prodotti farinacei e da forno), mentre sono primi nell’export salernitano, che vede al secondo posto i prodotti di colture agricole non permanenti, ed al quarto gli “altri prodotti agricoli”. Il quarto settore più esportato in provincia di Caserta è invece quello dei prodotti lattiero-caseari”.
I mercati esteri.
L’impatto positivo dell’elevata qualità e l’appeal internazionale dell’agroalimentare campano hanno ricevuto un’importante conferma negli ultimi anni. “E’ importante notare – rimarca Unioncamere – come l’elevata competitività delle produzioni agroalimentari campane ha permesso al settore di non arretrare di fronte alla crisi economica, almeno in relazione alla domanda estera. Nello specifico, tra il 2011 e il 2014, mentre il valore complessivo dell’export è rimasto pressoché invariato, il comparto agricolo e quello agroalimentare sono cresciuti globalmente del 11,5%. Un incremento leggermente inferiore si è registrato a Napoli in un contesto però in cui l’export è sceso del 6,1%”.
Le produzioni certificate.
In Campania sono presenti, a fine 2013, 3.140 operatori certificati Dop/Igp, “in crescita di 68 unità sull’anno precedente”. Si tratta del valore più alto di tutto il Mezzogiorno, dopo la sola Sardegna, e del sesto più elevato fra tutte le regioni italiane. “A farla da padrone – specifica Unioncamere – sono gli olii extravergine ed i formaggi, che insieme assommano circa i due terzi delle certificazioni. Seguono a distanza le carni ed i prodotti ortofrutticoli. Un terzo delle certificazioni campane è concentrato in provincia di Salerno (soprattutto per l’olio) seguita da Caserta (dove prevalgono le certificazioni sui formaggi) e poi da Napoli (soprattutto olio). Due province a forte vocazione agricola come Benevento e soprattutto Avellino, invece, sono piuttosto indietro come numero di certificazioni (365 la prima e 213 la seconda) e avrebbero bisogno di potenziare tale aspetto”.
La tipologia delle produzioni.
Complessivamente la produzione agricola totale campana “è focalizzata sulle coltivazioni erbacee (45,3% del totale della produzione agricola nel 2013, a fronte del 30,2% nazionale), soprattutto in ragione degli ortaggi (che a Salerno, Caserta e Napoli rappresentano una rilevante specializzazione). Anche le produzioni forestali, per quanto marginali sul totale (1,9% della produzione totale) sono più rilevanti rispetto alla media nazionale (1,2%). Detto settore è particolarmente rilevante a Salerno ed Avellino”.
Risulta “in linea con la media nazionale il peso delle coltivazioni legnose (un quinto del totale) rispetto al quale frutta ed agrumi assumono una importanza particolare, in tutta la fascia delle province costiere (Caserta, Napoli e Salerno). Nell’ambito di tale categoria, anche la produzione olivicola è in linea con quella nazionale, concentrandosi su Salerno e Benevento. Meno rilevante è invece la filiera zootecnica, dove però spiccano le importanti produzioni di Caserta e Salerno, sia sul versante del latte che delle carni. Meno rilevante è anche il peso della produzione vitivinicola (4%, a fronte dell’8,3% nazionale) concentrata perlopiù su Benevento, Caserta ed Avellino”.

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L'agroindustria perno centrale dell'economia campana
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