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Salerno Economy VIII.16- 19.04.2019

Sempre più palese la polarizzazione tra le poche imprese agganciate alle catene del valore e le altre (in maggioranza) che navigano a vista.

Modelli di sviluppo e nuovi “pesi” produttivi

La settorizzazione dei finanziamenti pubblici rischia di non premiare in maniera adeguata i comparti che dal basso si sono affermati per fare fronte alle frustate della grande crisi recessiva.
Immagine Modelli di Sviluppo
Scie di futuro
di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo

Al di là di numeri e percentuali è del tutto evidente che la lunga crisi - ed il nuovo periodo di rallentamento già iniziato - impongono un ragionamento di ampio respiro e la costruzione (anche) in provincia di Salerno di un modello di sviluppo “sintonizzato” sulle effettive capacità produttive del territorio. Un modello, cioè, che punti al miglioramento dei fattori di crescita di base e che, nello stesso tempo, sia in grado di riconoscere le nuove filiere asimmetriche che interconnettono agricoltura, agro-industria e turismo, passando per la valorizzazione dei giacimenti ambientali, culturali ed eno-gastronomici. La settorizzazione dei finanziamenti pubblici – per esempio – in non pochi casi rischia di apparire un residuo del passato che non premia in maniera adeguata i bacini produttivi ad alto tasso di crescita e di redditività (oltre che di occupazione, sebbene in molti casi stagionale) che dal basso sono nati proprio per fare fronte alle frustate della grande crisi recessiva.
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Le elaborazioni realizzate per il Mattino (edizione Salerno) su dati Istat.

Turismo locomotiva, argine contro la crisi

Il valore aggiunto complessivo a prezzi correnti in provincia di Salerno nel 2016 ha superato (sebbene solo dello 0,7%) il livello precedente alla recessione (in termini assoluti 17,5 miliardi di euro rispetto a 17,4 con +131 milioni).
Immagine Numeri Economia Costiera
Costiera Amalfitana, carta vincente
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (ed. Salerno) di giovedì 4 aprile 2019.

di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo

Come è cambiata la “geografia” della produzione di ricchezza in provincia di Salerno? La nuova “mappa” del valore aggiunto riserva qualche sorpresa? O, più semplicemente, rivela la cristallizzazione delle caratteristiche storiche di un territorio da sempre sbilanciato sul comparto dei servizi (77,7% del v.a. nel 2016) all’interno del quale fanno la parte del leone commercio, alloggio e ristorazione (25,1% all’interno del 77,7%, sempre nel 2016)? Le nostre elaborazioni per Il Mattino (edizione Salerno) sulla base dei dati Istat recentemente pubblicati rivelano alcune dinamiche interessanti, ma, soprattutto, certificano che il valore aggiunto a prezzi correnti nel 2016 ha superato (sebbene solo dello 0,7%) il valore pre-crisi (in termini assoluti, 17,5 miliardi di euro rispetto a 17,4, con +131 milioni). E questa è senza dubbio una buona notizia. Ma va anche evidenziato che l’industria manifatturiera in senso stretto è ancora in ritardo rispetto ai numeri del 2007 (sempre dal punto di vista del valore aggiunto), essendo passata da 2,1 a 1,7 miliardi nel 2017 e avendo perso più di 2 punti percentuali (dal 12,2% al 10,1%) in termini di peso specifico nell’ambito della torta totale del valore aggiunto provinciale. La variazione assoluta (2007-2016) si attesta a -355 milioni di euro. Mentre - all’interno del settore dei servizi - il segmento che incorpora larghissima parte dell’offerta turistica (tra cui commercio, trasporti, alloggio e ristorazione) può sfoggiare numeri estremamente rilevanti, incrementando il valore aggiunto da 3,09 a 4,41 miliardi (+1,32 mld) e passando per incidenza sul totale del v.a. dal 17,7% al 25,1%.

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Determinante la presenza di aziende in comparti più dinamici come quello delle conserve vegetali.

Alimentare, il Sud corre di più

I dati del rapporto Ismea: “Negli ultimi tre anni il fatturato è cresciuto di più nelle imprese meridionali (+5,4%) che in quelle del Centro-Nord (+4,4%).
Speciale Alimentare Ismea
Giacimenti
Il dato può sembrare sorprendente, ma non mancano le giuste ragioni. “C'è una cosa che al Sud cresce più che al Nord: il fatturato delle industrie alimentari”. È lo scenario che emerge dallo studio realizzato dall'Ismea - in collaborazione con Fiera di Parma e Federalimentare - sulle 1.526 imprese alimentari dotate di bilancio e fatturato superiore a 10 milioni di euro. “Sebbene solo il 23% delle aziende medio-grandi si collochi nel Mezzogiorno (dove prevale una presenza ancora massiccia di imprese medio-piccole) - si legge in una nota di sintesi - negli ultimi tre anni il fatturato dell'industria alimentare è cresciuto di più nelle imprese meridionali (+5,4%) che in quelle del Centro-Nord (+4,4%). Quali le ragioni di questa dinamica? “Sono molteplici - spiega Ismea - le ragioni del sorpasso del Sud, dove nel complesso si contano oltre 344mila imprese agricole e quasi 34mila dell'industria alimentare, pari al 18,5% del tessuto imprenditoriale del Sud. Qui operano la maggioranza delle aziende dei comparti più dinamici come quello delle conserve vegetali e vi è una buona rappresentatività di comparti con buone performance a livello nazionale, quali lattiero-caseario, vino, salumi e carni”.
(Fonte: ismea.it/ 10.04.2019)
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Lo scenario delineato dall’analisi di Cst per Assoturismo Confesercenti.

I cinesi? Top spender tra i visitatori stranieri

Con una media di oltre 300 euro al giorno a testa (+15% 2018/2017) e di 1.500 euro a viaggio, quasi sempre per beni e servizi di lusso.
Immagine turismo cinesi
Flussi
Sono i flussi turistici che più fanno gola agli operatori del settore, perché lasciano sui territori consistenti ricadute in termini di spesa. Nel caso dell’Italia sono i visitatori provenienti dalla Cina che balzano in testa alla classifica dei top-spender. Nel 2018 hanno fatto affluire 462 milioni di euro, con una media di oltre 300 euro al giorno a testa (+15% sul 2017) e di 1.500 euro a viaggio, “quasi sempre per beni e servizi di lusso”. È questo il quadro delineato da uno studio di Cst per Assoturismo Confesercenti. “Ma per aprire davvero la via della seta al turismo - si legge in una nota di sintesi - dobbiamo rafforzare i collegamenti diretti di lungo raggio con la Cina: allo stato attuale, infatti, solo un visitatore cinese su tre arriva direttamente nel nostro Paese. Gli altri fanno base dai nostri competitor, principalmente Francia e Germania, e dedicano all’Italia solo pochi giorni del loro tour europeo”.
(Fonte: confesercenti.it/ 23.03.2019)
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L’obiettivo del 40% della Sau (Superficie Agricola Utilizzata) condotta con il metodo biologico entro il 2030.

Stop pesticidi, battaglia di civiltà

Il Wwf Italia, insieme con le associazioni che aderiscono alla Campagna “Cambia la Terra” promossa da Federbio, chiede al Governo e alle Regioni alcune modifiche sostanziali per il nuovo piano di azione nazionale, rafforzando divieti, limiti e regole vincolanti.
Immagine pesticidi
Sfide
di Giuliano D’Antonio*

E’ in corso in questi giorni un’importante partita sulle modalità di utilizzo dei pesticidi. In particolare il Wwf Italia ha voluto attirare l’attenzione sulla revisione del Pan (Piano di Azione Nazionale) scaduto lo scorso 12 febbraio, ed ancora in fase di aggiornamento da parte dei tre Ministeri competenti: Mipaaft, Mattm e Salute. Il Wwf Italia, insieme alle Associazioni che aderiscono alla Campagna Cambia la Terra promossa da Federbio, “chiede al Governo e alle Regioni - è spiegato in una nota di sintesi - alcune modifiche sostanziali per il nuovo Pan che dovrebbe prevedere divieti, limiti e regole vincolanti sull’utilizzo dei pesticidi in agricoltura, nella manutenzione delle strade e ferrovie e all’interno delle città per la gestione del verde pubblico e privato (orti e giardini), colmando le lacune della precedente versione del Piano che lo hanno reso di fatto inefficace rispetto agli obiettivi di riduzione dei rischi da pesticidi, come invece imponeva la Direttiva europea del 2009 (2009/128/Ce)”.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)
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