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Salerno Economy VII.13 – 30.03.2018

L’analisi degli scenari di medio e lungo periodo dopo il ciclo recessivo.

Le metamorfosi territoriali

Cambiamenti, opportunità e rischi alla luce delle nuove “geografie” dei modelli di sviluppo locale (?) alle prese con dinamiche prima sconosciute. A cominciare dalla digitalizzazione dei processi produttivi e delle rotte “digitali” all’interno dei mercati internazionali. E la lunga notte della politica.
Immagine Glocal Sud
Nuove georgrafie produttive
Non c’è dubbio che siamo di fronte a scenari nuovi e “mutanti”. L’analisi degli indicatori più attuali dell’economia salernitana – comparandoli a quelli degli anni che hanno preceduto la grande crisi – ma, soprattutto, l’ascolto diretto di molti imprenditori dei vari comparti, porta a confrontarsi con un “mondo” che prima non c’era. E tanto basta a fare qualche considerazione che SalernoEconomy approfondirà sul campo (come ha sempre fatto, per la verità), provando ad intensificare, se possibile, il filo del dialogo diretto con i protagonisti che vivificano questo territorio giorno per giorno. La prima constatazione è abbastanza netta: la filiera agricoltura-agroindustria-turismo/turismi è in grande movimento. Se ancora non si percepisce un disegno organico e strutturato, è in queste zone del “fare impresa” che si toccano con mano le più interessanti sperimentazioni. Quelli che fino a pochi anni fa venivano guardati – e si sentivano “adocchiati” – come i “parenti poveri”, ora si stanno giocando appieno le loro carte.
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L’analisi dei dati contenuti nell’indagine del MiBact (ultimo censimento realizzato nel 2015).

Turismo, la grande sfida della web reputation

In provincia di Salerno - su un campione di 52 siti museali o archeologici/paesaggistici - risultano ancora troppo basse incidenza ed interazione con i social media.
Numeri Economia-Paestum
Paestum, grande attrattore
Questo articolo è stato pubblicato martedì 20 marzo 2018 sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno).

di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo

Il quintetto d’oro del turismo culturale salernitano ha il profilo preciso dell’itinerario che si snoda da Amalfi a Paestum, facendo tappa a Ravello, fino ad arrivare a Padula. I dati ufficiali contenuti nell’indagine del MiBact (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) - che fanno riferimento al 2015, anno dell’ultimo censimento realizzato - incoronano il museo diocesano di Amalfi (300mila visitatori, ingresso a pagamento), il Museo Archeologico Nazionale di Paestum (289mila visitatori, ingresso a pagamento), l’Area Archeologica di Paestum (284mila visitatori, ingresso a pagamento), Villa Cimbrone a Ravello (102mila visitatori, ingresso a pagamento) e la Certosa di San Lorenzo (73mila visitatori, ingresso a pagamento). Il dato si intreccia perfettamente con la web-reputation di questi luoghi e di queste location che - secondo nostre elaborazioni sulla base delle recensioni rilasciate dai visitatori sul sito TripAdvisor, consultato il 1° marzo scorso - hanno sviluppato una notevole capacità attrattiva.
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Da Capri a Padula, sfruttando la primavera (e magari la nuova giornata di visite gratuite).

Castelli e certose, per fuggire fra la folla

Un itinerario lungo le costruzioni militari e religiose della Campania che condividono la grandezza delle soluzioni architettoniche e il respiro dei paesaggi. Binomi molto graditi dai commenti su Google: queste strutture raccolgono in media 4,4 stelle su 5.
A. Schiavino-la Certosa di Padula
La Certosa di Padula
di Alfonso Schiavino

Cosa possono avere in comune le fortezze e i monasteri? Forse le grandi soluzioni architettoniche e le posizioni spesso strategiche sui paesaggi mozzafiato. In vista della nuova giornata gratuita nei luoghi della cultura promossa dal Mibact (Ministero dei beni ambientali e culturali e del turismo), Salerno Economy propone un viaggio speciale da Capri a Padula, in cerca dei luoghi perfetti per una pausa di respiro nelle frenetiche giornate primaverili, perfino in una città pullulante come Napoli. Con una bella sorpresa per la Campania: le strutture militari e religiose della nostra selezione (ampliata alla villa di un imperatore che trasformò un'isola in una mezza capitale) raccolgono i plausi dei recensori su Google: le stelle “accese” sono in media 4,4 su 5. Luogo per luogo potete “confrontare” le schede ministeriali e i commenti degli internauti. Quali preferite?

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L’analisi condotta dall’Ufficio Economico dell’associazione sulla base dei dati ufficiali Istat.

Lavoro indipendente, -639mila dal 2007

Confesercenti: “Autonomi sconfitti dalla crisi. Redditi 12,7 miliardi sotto i livelli pre-crisi, serve sostegno”.
Lo Speciale 2 Confesercenti Giovani che lavorano Censis
Indipendenti in difficoltà
“Imprese familiari, ditte, collaboratori e lavoratori in proprio continuano a sparire: dal 2007 al 2017 i lavoratori indipendenti sono diminuiti di 639mila unità (-11,1%), di cui oltre 100mila solo nell’ultimo anno. Una crisi occupazionale e sociale che rischia di rendere ancora più debole la ripresa dell’economia e su cui è sempre più urgente intervenire”. E’ questa la “fotografia” che emerge dall’analisi condotta dall’Ufficio Economico Confesercenti sulla base dei dati ufficiali Istat. “Nell’universo dell’occupazione indipendente - spiega una nota di sintesi - a calare sono soprattutto i lavoratori in proprio (-465mila, -13%), ma anche i collaboratori (-218mila, -45%) ed i coadiuvanti familiari (-124mila, -29,7%). L’unica voce in crescita è quella dei liberi professionisti, che aumentano di 274mila unità (+24,3%) nel periodo, ma che non basta a correggere la flessione complessiva”.
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“Potenzialità ampie ma sugli scambi internazionali pesano le incognite della Brexit e della politica protezionistica di Trump”.

Agroalimentare, export oltre 40 miliardi

“Agrifood Monitor”: “L’Italia fa meglio degli altri big exporter - come Usa (-0,2%), Cina (+2,1%), Germania (+3,3%) o Canada (+3,4%) - ma la distanza in valore assoluto resta ancora alta”.
Green Style Made in Italy
Le sfide del Made in Italy
L’agroalimentare Made in Italy continua a macinare successi e record, ma la strada da percorrere per raggiungere i livelli dei Paesi europei top player nell’ambito delle esportazioni è ancora lunga e non priva di ostacoli anche difficili da superare. Uno scenario – quello emerso da “Agrifood Monitor” (iniziativa congiunta di Nomisma e Crif) presentato a Bologna nei giorni scorsi – che evidenzia le grandi potenzialità da cogliere e, nello stesso tempo, i limiti strutturali che le aziende tricolori sono chiamate a superare in un contesto internazionale difficile e complesso. “Da strategia di sopravvivenza a opportunità di crescita; si potrebbe così sintetizzare il processo di internazionalizzazione - si legge in una nota diffusa alla stampa - che negli ultimi 10 anni ha contraddistinto l’attività imprenditoriale del settore agroalimentare italiano. Sebbene l’Italia abbia da sempre giocato un ruolo di primo piano nel commercio internazionale di prodotti agroalimentari, il calo dei consumi domestici conseguente agli effetti della crisi economica ha spinto le imprese alimentari italiane a rivolgersi sempre di più al consumatore straniero. Basti pensare che tra il 2007 e il 2017 il valore delle esportazioni agroalimentari italiane è passato da 22 ad oltre 40 miliardi di euro, record storico, sebbene ancora lontano dall’ambizioso traguardo che il Paese si è dato dei 50 miliardi al 2020. In particolare, a trainare questa crescita sono settori tipici del “Made in Italy” come lattiero-caseario, carne e derivati, vino, che, a partire dal 2007, hanno fatto segnare incrementi medi annui dell’export superiori al 6%”.
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