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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

L’analisi dei profili formativi che consentono una maggiore capacità di accesso al mercato del lavoro.
Il diploma? Offre più chances
I dati Excelsior-Unioncamere relativi al periodo agosto/ottobre 2017 segnalano maggiori opportunità di contratti (settori industria e servizi) per quanti sono in possesso di questo titolo di studio.

A riflettere bene su perché il titolo di istruzione che è più diffuso tra quanti sembrano candidati a firmare un contratto di lavoro (15.990, secondo le previsioni della banca dati Excelsior Unioncamere) entro la fine di ottobre in provincia di Salerno è il diploma, ci si convince che la parola-chiave è sempre di più flessibilità. Ma, forse, per semplificare, può essere maggiormente di aiuto anche il detto “fare buon viso a cattivo gioco”. Il punto cruciale è sempre lo stesso: il diplomato (anche in considerazione della vasta estensione della tipologia di indirizzi che conducono a questo titolo di studio) è specializzato sì, ma può essere anche impiegato in diversi segmenti del ciclo organizzativo di un’azienda con maggiore adattabilità rispetto alla qualificazione di base. In questo modo può acquisire – come avviene nella maggioranza dei casi – una sua specifica competenza sul campo. In altre parole, può concretizzare il percorso che lo conduce a diventare un vero e proprio professionista “taylor  made”, (ri)formato, cioè, in considerazione delle esigenze particolari della singola impresa. Perché non bisogna dimenticare che – come spiega in una nota di sintesi Unioncamere – “sono soprattutto le aziende di piccole dimensioni a programmare nuove posizioni di lavoro”. Nei tre mesi esaminati (agosto, settembre ed ottobre 2017), “2 entrate su 3 sono pianificate dalle imprese con meno di 50 dipendenti. Mentre il 22% delle ricerche di personale sarà avviato dalle aziende che hanno dai 50 ai 249 dipendenti”. E solo il restante 13% degli ingressi “è alimentato dalle imprese con classe dimensionale più elevata (oltre 250)”. Traducendo: il tallone di Achille della dinamica domanda/offerta di lavoro non solo in provincia di Salerno, ma in larghissima parte del Mezzogiorno, risiede prioritariamente nella dimensione eccessivamente piccola e frammentata del tessuto produttivo, che non apre facilmente le porte – e non sempre per motivi riconducibili all’assetto patrimoniale/finanziario – ai laureati per cause connesse principalmente alle dinamiche organizzative e gestionali. In parole povere: l’alta specializzazione e competenza del laureato (al di là del costo stesso del suo lavoro) non è così spesso funzionale all’obiettivo produttivo. Va, inoltre, ribadito che il profilo di impresa familiare molto diffuso non sempre genera il ricorso al mercato delle alte professionalità.

I numeri della “flessibilità” dei diplomati.

Il 44,3 per cento dei diplomati che sono previsti in entrata in provincia di Salerno di che cosa andranno ad occuparsi? Per provare a dare una risposta, bisogna partire dal presupposto che nel caso di specie occorre incrociare le caratteristiche delle high skill (dirigenti, professioni con elevata specializzazione e tecnici), delle medium skill (impiegati, addetti alla vendita e nei servizi) e delle low skill (operai, conduttori di impianti e macchine e professioni non qualificate). Se scendiamo su questo versante analitico, si comprende meglio il valore di mercato (del lavoro) della parola flessibilità. In provincia di Salerno sommare i lavoratori medium skill con quelli low skill significa arrivare all’89,4 per cento del bacino di destinatari di offerte di contratti.

Una presenza trasversale.

E’ necessario, a questo punto, entrare nel merito delle qualifiche che “compongono” il 44,3% dei diplomati con il quale intendono interloquire le imprese salernitane. Come si arriva a questa percentuale? Le tabelle statistiche del Sistema Excelsior consentono di scendere nel dettaglio. A cominciare dalla categoria “Dirigenti, professioni con elevata specializzazione e tecnici”, quella dove si allocano naturalmente i laureati. In questo ambito ritroviamo – per esempio – il 55,3% dei diplomati tra gli occupabili come tecnici in campi informatico, ingegneristico e della produzione. Oppure il 32,8% (sempre dei diplomati) tra gli occupabili come tecnici amministrativi, finanziari e della gestione della produzione. Significativo anche il 28,3% tra i tecnici delle vendite, del marketing e della distribuzione.

Altri dati che sostanziano la prevalenza del diploma tra i titoli di studio più richiesti dalle aziende provengono dalla categoria “Operai specializzati e conduttori di impianti e macchine”: dal 69,7% degli operai specializzati e conduttori di impianti nell’industria alimentare al 48,1% degli operai specializzati nelle industrie del legno e della carta o al 43% degli specializzati in attività industriali (al di fuori di quelle metalmeccaniche).

Va, poi, sottolineata la presenza articolata di diplomati anche tra il personale non qualificato: facchini e corrieri (15%); attività commerciali e servizi (21,1%); servizi di pulizia e servizi alle persone (31,1%).

Il bacino naturale.

Resta, ovviamente, l’approdo più conforme ai diplomati che è la categoria “Impiegati, professioni commerciali e nei servizi”. In questo caso si raggiungono i picchi dell’84,9% tra gli addetti all’accoglienza, all’informazione e all’assistenza della clientela; del 77% tra il personale di amministrazione e di segreteria; del 65,5% tra gli addetti alla gestione dei magazzini, della logistica e degli acquisti, oltre che tra commessi e altro personale qualificati in negozi ed esercizi all’ingrosso. Percentuali elevate tra cuochi camerieri ed altre professioni dei servizi turistici (43,9%), ed anche tra gli operatori dell’assistenza sociale, in istituzioni o a domicilio (32,3%).

 

Immagine Glocal
Diplomati più "flessibili" nel ciclo organizzativo aziendale
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