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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Il nuovo volume del Prof. Pasquale Persico pone al centro dell’attenzione la mancanza di una chiara visione in materia di politica economica.
Identità, sviluppo e … Mr. Keynes
“L’Italia che non c’è. A proposito di debito e governance”. Tra antiche tracce e sostanziali riflessioni per incamminarci (sul serio) in Europa.

E’ da pochi giorni uscito l’ultimo volume del professore Pasquale Persico, (anche) prezioso collaboratore del sito www.salernoeconomy.it e della newsletter che editiamo settimanalmente da più di dodici anni a questa parte. Un librettino – “L’Italia che non c’è. A proposito di debito e governance (e di Mr. Keynes)”, Guida editori – che, naturalmente, propone non pochi spunti di riflessione e che già alimenta attenzione tra esperti ed addetti ai lavori, ma anche tra non pochi lettori che, pure, sono rimasti, più di una volta, senza parole negli ultimi tre anni e qualche mese, di fronte a quanto è accaduto a livello di politica (non) economica a livello italiano, europeo e internazionale. Il tema del draghiano debito buono, insieme a tanti altri, si intreccia molto bene con non pochi insegnamenti keynesiani. La (neo) globalizzazione – così lontana da quella che rientra nella più classica definizione – è l’asse portante della crescita di tante economie, ma, evidentemente, è attratta da nuove parole d’ordine e disegna costantemente equilibri “socioeconomici” diversi e, in qualche modo, più proposti e gettonati da neonati e più affermati ponti di comando.

Cambia – è già cambiato – il mercato del lavoro – e le risorse per un nuovo e diverso welfare sono decisive per guardare oltre le parole d’ordine di un processo di sviluppo che appare così indeciso e contraddittorio. I fatti più recenti, le crisi bancarie che, in appena un secondo, gli Stati “coinvolti” hanno accompagnato in archivio (?), per esempio, fanno lievitare dubbi e perplessità che non è facile dotare di una risposta convincente.

Ci rimane, però, Keynes e la sua limpida e tenace lezione che tiene ancora (e terrà forse per sempre, non solo a nostro modestissimo parere, sia ben chiaro) banco. In tutti i testi si rileggono le sue precise e fondamentali analisi, approfondite nella “Teoria generale”. In particolare la “rivoluzione keynesiana” – occupazione, interesse e moneta – prende forma  nel contrasto alla “teoria economica neoclassica”, evidenziando lo stimolo dell’intervento pubblico statale (politiche di bilancio e monetarie, sopratutto), quando le insufficienze della domanda aggregata non sono in grado di supportare la piena occupazione all’interno del sistema capitalista. La fase di crisi del ciclo economico – ci spiega e insegna bene Keynes – deve evidenziare e promuovere una forma di vera e propria economia mista. Questa la sostanziale e sempre valida lezione.

Perché tutte queste inutili e ripetitive precisazioni da parte mia? Perché nella “rilettura” che si coglie nelle pagine del professore Persico delle vicende politiche ed economiche più attuali che attraversano non solo il nostro Paese, va evidenziata, senza ombra di dubbio, la centralità del relativismo keynesiano rispetto all’inquadramento fondamentale del problema che abbiamo sempre di fronte: la necessità della permanente sollecitazione dell’intervento statale rispetto all’insufficiente azione del sistema capitalistico in merito – prioritariamente –  alla piena occupazione e alle politiche monetarie e di bilancio.

Per intenderci fino in fondo: “Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi”, (J. M. Keynes, Autosufficienza nazionale, 1933).

Persico conferma la validità strategica di un neo-umanesimo economico che sceglie come soggetto protagonista la fascia non solo popolare, indotta a radicalizzare proprio i principi sostanziali dell’etica di Keynes:  piena occupazione e politiche monetarie e di bilancio.

Ma la spinta preminente a queste pagine, a mio avviso, non va individuata soltanto nella lettura contrastante dei principi dell’economista inglese. Al contrario, il prevalere dell’impatto a sfondo umanisitico e umanitario delle sequenze di scrittura di Persico, conferisce ai capitoli la sicurezza profonda di mettere in campo una limpida contraddizione (a quanto si elabora e si propone in nome di Keynes) che resta stimolante, aperta al prevalere, in ogni caso, del futuro di fronte ai macroproblemi che abbiamo di fronte.

 

 

 

 

Copertina Libro P. Persico
La copertina dell'ultimo libro del Prof. Pasquale Persico
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