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Attuare interventi di salvaguardia dell’ambiente significa (anche) aprire prospettive di lavoro per decine di migliaia di persone.
Green jobs, occasioni già perse?
Non si intravede al momento nessuna progettualità non strumentale o funzionale alla solita propaganda politica orientata al consenso immediato, mentre, invece, ci sarebbe bisogno di un piano formativo di medio/lungo periodo.

di Giuliano D’Antonio*

Nella difficile ricerca di un nuovo equilibrio tra le esigenze del circuito economico/produttivo e l’indispensabile tutela ambientale spesso sfugge alla riflessione l’aspetto inerente alle potenzialità in termini di nuova occupazione legate al rispetto dei parametri insiti nelle politiche di sostenibilità. In altre parole, attuare interventi di salvaguardia dell’ambiente significa – anche – aprire prospettive di lavoro per decine di migliaia di persone. Per essere più chiari: affrontare in maniera concreta ed operativa la questione ambientale consente di trovare nuovi spazi per tantissimi giovani e meno giovani in difficoltà I “lavori verdi” – meglio noti come green jobs – sono un fenomeno ancora molto sottovalutato o, forse, poco conosciuto, mentre in altre aree del mondo sono già diventati una grande risorsa a disposizione di tutte quelle comunità che operano scelte coesive e lungimiranti. Non sono poche le professioni che è possibile rintracciare nel perimetro dei “lavori verdi”. In buona sostanza si tratta di tutti quei “mestieri” che interagiscono da ogni punto di vista con i vari settori produttivi orientandoli al rispetto dell’ambiente. Solo per fare un esempio: l’avvocato o l’ingegnere che esprimono specifiche competenze in materia di diritto o di progettazione in grado di valutare e tutelare l’impatto ambientale di un’industria manifatturiera o di un’azienda di servizi alle imprese, possono senza dubbio essere individuati come “professionisti verdi”. Lo stesso criterio va adottato in tutti gli altri campi: l’esperto in marketing ambientale o l’organizzatore di eventi che prevede esclusivamente iniziative nel pieno rispetto degli equilibri ambientali (eco-passeggiate, eco-buffet eccetera eccetera).

E’ del tutto evidente che esistono specializzazioni più tecnicamente riconducibili all’eco-sostenibilità. Figure come l’agronomo, il chimico, l’architetto, il costruttore, i produttori rintracciabili lungo la filiera agroalimentare sono indubbiamente fondamentali per assicurare al territorio un futuro più roseo dal punto di vista dell’impatto ambientale del proprio sistema di imprese.

Molti di questi green jobs non hanno alle spalle un percorso formativo già specializzante e, quindi, la prima sfida da cogliere nell’immediato riguarda proprio la costruzione di un solido quadro di riferimento (realmente professionalizzante) e, soprattutto,  in grado di immettere sul mercato del lavoro un’offerta di qualità capace di intercettare la domanda diffusa che troppo spesso non viene raccolta.

La sensazione è che siamo ancora molto lontani in Italia (e nel Mezzogiorno soprattutto) dal mettere in campo una risposta efficace a queste problematiche. E, purtroppo, non si intravede al momento nessuna progettualità non strumentale o funzionale alla solita propaganda politica orientata al consenso immediato, mentre, invece, ci sarebbe bisogno di un piano formativo di medio/lungo periodo.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)

Foto D’Antonio Giuliano
Giuliano D'Antonio
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