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Salerno Economy VIII.25- 28.06.2019

In Campania si è configurata una crescita del 39,8% corrispondente ad un incremento di 3.661 attività.

Boom di ristoranti e pizzerie, i mille volti dell’auto-impiego

In provincia di Salerno tra marzo 2011 e marzo 2019 si registrano ben 847 imprese in più, per un totale di 3.071, con un aumento del 38,1% a fronte di una media nazionale del 27,4% (Unioncamere).
Immagine pizzerie
Percorsi creativi
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (ed. Salerno) domenica 23 giugno 2019.

Il boom dei ristoranti – o meglio delle attività di ristorazione con somministrazione (e, quindi, anche: fast-food, rosticcerie, friggitorie, pizzerie, pub, enoteche ed altri esercizi simili con cucina) - è un fenomeno di carattere nazionale che anche in provincia di Salerno assume una dimensione particolarmente importante. Tra marzo 2011 e marzo 2019 si registrano ben 847 imprese in più, per un totale di 3.071, con una crescita del 38,1% a fronte di una media nazionale del 27,4% (fonte: Unioncamere, giugno 2019). In base a questa specifica graduatoria Salerno si colloca - per tasso di crescita - al 15° posto tra tutte le provincie italiane ed in Campania è preceduta solo da quelle di Caserta (+45,9%) e Napoli (+42,2%). Va detto che la Campania è tra le prime regioni per tasso di crescita annuale (+5%). E va aggiunto che sempre in Campania su 12.869 imprese di questo tipo il 24,1% è a conduzione femminile, il 16,2% è a guida giovanile (under 35) e il 3,9% è in capo a stranieri. A ben vedere, oltre il 44% del totale fa riferimento a tre categorie imprenditoriali (donne, giovani e stranieri) che hanno non poche difficoltà ad entrare nel circuito del lavoro.

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Le elaborazione sui dati della Banca d’Italia delineano uno scenario molto positivo.

Il voto dei turisti stranieri? Nove più

Per il 59% la visita nei nostri territori si è rivelata migliore (45,4%) o molto migliore (13,6%) di quanto ci si attendesse, e solo il 2,7% l’ha ritenuta peggiore delle aspettative.
Numeri Economia amalfi-coast
The golden coast, punta di diamante
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (ed. Salerno) sabato 15 giugno 2019.

di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo

Il dato è inequivocabile e significativo: i turisti stranieri promuovono a pieni voti la qualità dell’offerta in provincia di Salerno, al punto che la valutazione complessiva (in una scala da 1 a 10) è superiore al 9, per la precisione è pari a 9,05. La fonte della pagella? L’“Indagine campionaria sul turismo internazionale” realizzata ogni anno dalla Banca d’Italia, basata su interviste ai viaggiatori in transito alle frontiere italiane. Le risposte alle domande sono state fornite nel corso del 2018, ma sono state rese pubbliche lo scorso mese di maggio. Per il 59% degli stranieri la visita nei nostri territori si è rivelata migliore (45,4%) o molto migliore (13,6%) di quanto ci si attendesse, e solo il 2,7% l’ha ritenuta peggiore delle aspettative, con un eloquente 0% di “molto peggiore” e soltanto un 1,8% di “come mi aspettavo”. Insomma, l’appeal non è in discussione, anche se – a leggere bene numeri e percentuali – i problemi che restano sul tappeto e che vanno assolutamente affrontati (e possibilmente risolti in un tempo non troppo lungo), per non uscire da una dimensione di grande competitività a livello mondiale, sono molto bene identificati.
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I dati contenuti nella ricerca realizzata dal Censis e presentata alla ventesima convention di Federsalus.

Integratori alimentari, consumo di massa

In Italia questo specifico mercato nel 2018 ha fatto registrare un valore di 3,3 miliardi di euro (+126% rispetto al 2008). Al primo posto in termini di quota Ue (23%), seguono Germania (13%), Francia (9%) e Regno Unito (8%).
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Nuovi stili di vita
Ha assunto le dimensioni del fenomeno di massa. Il cambiamento degli stili di vita (e di alimentazione) ha determinato una spinta importante verso questo particolare tipo di mercato. “Sono 32 milioni gli italiani che consumano integratori alimentari. Lo fanno abitualmente più di 18 milioni (tutti i giorni o qualche volta alla settimana) e più di 4 milioni qualche volta al mese. Li utilizzano maggiormente le persone in età attiva (il 62,8% degli utilizzatori ha tra 35 e 64 anni) e le donne (il 60,5%)”. Sono questi i numeri che delineano una diffusione “trasversale rispetto a genere, età, livello di scolarità, territorio di residenza, condizione economica”. Perché si usano gli integratori alimentari? Principalmente per “il contributo che viene da questi prodotti per la prevenzione e la tutela della salute”. È questo lo scenario che emerge dalla ricerca “Il valore sociale dell'integratore alimentare” realizzata dal Censis e presentata alla ventesima convention di Federsalus.
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Già egiziani, assiri e indiani apprezzavano gli effetti benefici di questa pianta africana perenne.

Aloe vera per la bellezza e la salute

E’ un toccasana per rafforzare il sistema immunitario specialmente con i cambi di temperatura improvvisi. Contribuisce a digerire e depurarsi, ne bastano un paio di dita di succo puro per aiutare il sistema intestinale.
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Giacimento di benessere
di Maristella Di Martino

Succo o gel, l’importante che sia aloe vera. Perché ne sono tanti i benefici in materia di benessere, salute e bellezza. Pianta africana perenne, ha fiori di un colore rosso vivace e foglie che assomigliano alle lame di un coltello, ma le sue proprietà - ahimè poco conosciute - sono davvero notevoli. Già egiziani, assiri e indiani la consideravano un guaritore naturale ed oggi la adoperiamo o sotto forma di succo da bere o di gel per uso esterno anche se la troviamo in molti prodotti per l’igiene personale e la bellezza tra cui creme, shampoo, bagnoschiuma o dentifrici.

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La nona edizione del rapporto annuale elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere.

La “cultura” cresce, ma resta il divario

“Si conferma una forbice tra Nord e Sud, a dimostrazione di una evidente correlazione fra ricchezza complessiva, specializzazione e creatività delle economie territoriali”.
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La presentazione della ricerca
di Giuliano D’Antonio*

Molto spesso i luoghi comuni riferiti all’immenso valore del patrimonio culturale e creativo così ampiamente diffuso (per fortuna) nel nostro Paese rischiano di fare passare in secondo piano la sostanza economica ed occupazionale che è rintracciabile intorno a quello che gli esperti definiscono “Sistema Produttivo Culturale e Creativo”. Se si mettono insieme le imprese, le Pubbliche Amministrazioni e il non profit che gravitano in questo ambito di riferimento si arriva alla generazione di “quasi 96 miliardi di euro” che a loro volta attivano in altri settori dell’economia qualcosa come 265,4 miliardi, equivalenti al 16,9% del valore aggiunto nazionale. Un dato che comprende il valore prodotto dalle filiere del settore, “ma anche di quella parte dell’economia che beneficia di cultura e creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo”. E bisogna aggiungere che il solo Sistema Produttivo Culturale e Creativo offre opportunità di occupazione a 1,55 milioni di persone, “che rappresentano il 6,1% del totale degli occupati in Italia”. Complessivamente questo sistema “nel 2018 ha prodotto un valore aggiunto del 2,9% (a prezzi correnti) superiore all’anno precedente”. E gli occupati sono cresciuti dell’1,5%. La fotografia scattata dal Rapporto 2019 “Io sono cultura - l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” (IX edizione), elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, consente, quindi, di rendersi conto senza astrattezze di come cultura e creatività italiane non siano, come si accennava, un luogo comune, ma un patrimonio non solo immateriale della comunità nazionale.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)
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