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Turismo, le solite “storie”

Con l’approssimarsi della primavera e dell’estate si ritorna, come ogni anno, a parlare dell’”enorme potenziale turistico” che questa provincia si ritrova per grazia divina e che, però, non viene sfruttato al meglio. Insomma, come le conversazioni sulle mezze stagioni che non esistono più, o come le oziose chiacchierate tra vecchi amici a spasso sul Lungomare, la cristallizzazione dei problemi non risolti (perché mai seriamente affrontati) si riflette a cascata sulle polemiche di piccolo cabotaggio che la politica nostrana ama inutilmente affrontare. Prendiamo, quindi, a riferimento la “questione” del turismo “mancato”. Anche in questo caso si potrebbero andare a ripescare quintali di “ragionamenti” e di annunci che nel corso degli anni ci hanno aiutato sostanzialmente a trascorrere il tempo leggendo i giornali. La verità è che gli operatori del settore hanno dovuto fare in larghissima parte da soli: aiutati dal cielo, dal mare e dalla non esigua fantasia. Da soli ad inventarsi strategie di marketing territoriale inesistenti dal punto di vista istituzionale; da soli di fronte all’immane – anche dal punto di vista dell’attrattività turistica – emergenza-rifiuti; da soli nella contrapposizione con l’offerta sempre più qualitativamente ed “industrialmente” elevata delle regioni vicine (Puglia in primis). Che cosa hanno saputo mettere in campo le Istituzioni competenti? Che cosa abbia realmente fatto la Regione Campania – anche in materia turistica – da queste parti resta un mistero abbastanza fitto. Naturalmente, saranno in molti – tra quanti si impegnano seriamente nei vari rami competenti dell’Ente ed anche in altre Istituzioni che pure profondono lodevoli e qualificati sforzi – a giudicare ingenerosa questa valutazione. Ma, se guardiamo con obiettività ad un disegno promozionale sistematico e ben strutturato del “prodotto-Salerno” (che è un insieme di “prodotti” variegati e destinati a segmenti diversi di potenziale clientela), non si può non concludere che – al momento – non si rintraccia niente di efficace. Di che cosa si sta parlando? Di due livelli di intervento. Il primo di natura eminentemente amministrativo e di governo del territorio: costruire un appeal turistico significa preliminarmente creare condizioni di vivibilità ottimali. Se non vivono bene i residenti in una determinata località, perché dovrebbero poi stabilmente e ciclicamente affluirvi turisti in soggiorno? E da questo punto di vista la qualità media dei servizi di base – gestione del ciclo dei rifiuti, manutenzione delle strade, valorizzazione dei beni culturali eccetera – rintracciabile in provincia di Salerno non si è rivelata delle migliori. Anche in mete turistiche di eccellenza. Il secondo livello riguarda, invece, proprio la capacità di mettere in rete l’offerta complessiva dei singoli “cluster” turistici, promuovendola adeguatamente. E non si tratta, semplicemente, di inventarsi azioni di comunicazione (spesso volutamente costose), che comunque è indispensabile prevedere; qui si fa riferimento ad iniziative di vero e proprio marketing dei territori ad alta vocazione turistica. Le buone pratiche – anche nel Mezzogiorno – si sprecano: dalla creazione di pacchetti “all inclusive” alla programmazione di eventi, con cartelloni che abbracciano l’arco temporale di un anno intero e non di pochi mesi (insomma, l’abc della destagionalizzazione dei flussi di visitatori). Sotto questi aspetti la città di Salerno è senza dubbio più avanti di molte località che sono turistiche a tutti gli effetti da centinaia di anni. Il problema, però, non è l’offerta dei singoli Comuni o delle singole “Costiere”: manca una visione complessiva dalla quale fare discendere un piano unico di marketing delle varie aree che compongono la provincia di Salerno. Prima della comunicazione occorre un passaggio preliminare: creare il “prodotto” da vendere, l’offerta realmente presente e disponibile sullo “scaffale” delle agenzie e dei promoter. E, invece, viviamo i nostri soliti paradossi: i prodotti che abbiamo non sappiamo venderli bene (e non sarebbe nemmeno tanto difficile), mentre quelli che non abbiamo – e che forse non avremo mai – proviamo a venderli a tutti i costi. Con il rituale e ciclico spreco di risorse, anche in tempi di vacche magre come questi. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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