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I numeri dell'economia »

Il rapporto “I.T.A.L.I.A. 2019” realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison.
Tra i primi al mondo, ma non c’è consapevolezza
Il surplus commerciale manifatturiero è il quinto a livello globale con 106,9 miliardi di dollari e le ricerche su Google legate al Made in Italy crescono del 56% tra il 2015 e il 2018.

“C’è un’Italia appassionata e apprezzata nel mondo, che produce ricchezza puntando su qualità e innovazione. Un’Italia di cui essere orgogliosi di cui spesso, però, non c’è piena consapevolezza”. E ancora: “Spesso l’Italia non sa di essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente”. Qualche esempio. “L’Italia è tra i primi 10 Paesi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo: solo il 13% degli italiani ne è consapevole, e addirittura quasi uno su due (45%) la ritiene una notizia poco attendibile”. Come pure “siamo il primo Paese europeo per riciclo di rifiuti col 76,9% del totale di quelli prodotti: ma solo un italiano su 10 lo sa e addirittura il 51% ritiene questa notizia non credibile”. Al tema della consapevolezza “si aggiunge insomma quello della fiducia”. Ma all’estero “cresce la domanda di Italia”. In base all’analisi svolta sulle ricerche effettuate su Google, “il numero di quelle legate al made in Italy e alle parole chiave ad esso riconducibili – un fondamentale indicatore della notorietà e del desiderio dei prodotti italiani nel mondo – è cresciuto del 56% tra il 2015 e il 2018”.

Il rapporto “I.T.A.L.I.A. 2019-Geografie del nuovo made in Italy” (“acronimo e racconto dell’identità produttiva e sociale italiana”: Industria, Turismo, Agroalimentare, Localismo, Innovazione, Arte e Cultura) – realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison – lascia emergere ancora una volta le contraddizioni di un Paese che è tra i più amati e imitati al mondo.

Alcuni dati tratti dalla nota di sintesi della ricerca a cominciare dal “surplus commerciale manifatturiero” che è “il quinto al mondo – con 106,9 miliardi di dollari – dietro alla Cina, alla Germania, alla Corea del Sud e al Giappone. Performance sostenute da migliaia di imprese medio-grandi, medie e piccole che ci fanno competere sui mercati globali grazie alle capacità di essere flessibili, attive in tanti campi diversi. I fattori vincenti del made in Italy si confermano essere la creatività, l’innovazione, il design, i settori hi-tech come la meccanica o i mezzi di trasporto”.

L’innovazione.

“L’Italia, con il 76,9%, è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, più del doppio della media comunitaria (36%)”. E “secondo la International Federation of Robotics l’Italia detiene un importante sesto posto a livello mondiale per stock complessivo di robot installati (64.356 unità nel 2017, ultimo anno disponibile)”. La crescita dei robot in Italia “negli ultimi 3 anni è stata impressionante: +48% nell’alimentare; +27% nella moda; +21% nel legno-arredo; +23% nella metalmeccanica”.

Turismo.

“Il turismo continua ad essere una delle principali leve di attrazione del nostro Paese e il contributo diretto del turismo al Prodotto interno lordo dell’Italia, secondo i dati elaborati dal World Travel and Tourism Council (WTTC), ammonta nel 2018 a 99 miliardi di euro (pari al 6% circa della produzione nazionale), mentre se consideriamo anche le ricadute dirette e indirette (prodotti e servizi intermedi, spesa pubblica, investimenti, ecc..) l’intero comparto viaggi e turismo arriva a rappresentare il 13,2% del Pil, con un valore pari a 232,2 miliardi”. Come pure va adeguatamente evidenziato che “l’Italia è il primo Paese per numero di siti classificati dall’Unesco nella lista del patrimonio culturale mondiale: 54, davanti alla Cina (53), alla Spagna (47), alla Francia (44) e alla Germania (44)”.

Agroalimentare.

L’Italia “è il Paese con il maggior numero di riconoscimenti dell’Unione europea per le specialità agroalimentari, e in particolar modo per i vini: più di un prodotto certificato su 4 è italiano (una specialità alimentare su 5 e un vino su 3). I prodotti alimentari italiani a denominazione di origine e a indicazione geografica sono 299, di cui 167 DOP e 130 IGP a cui si aggiungono anche 2 STG. Nel comparto del vino l’Italia conta ben 526 riconoscimenti, di cui 408 DOP e 118 IGT”.

Sempre in Italia “è generato quasi un quinto del valore aggiunto dell’intero sistema agricolo dell’Unione Europea: su un totale stimato pari a 182,3 miliardi nel 2018, l’Italia contribuisce per il 17,7%, la Francia per il 17,6%, la Spagna per il 16,6%, la Germania per il 9,2% e il Regno Unito solo per il 5,9%”.

L’agroalimentare “vale quasi un decimo (9%) di tutte le esportazioni italiane (circa 463 miliardi). Le performance positive sono confermate nel lungo periodo: le esportazioni sono passate da 26,3 miliardi nel 2008 a 41,8 miliardi nel 2018, ovvero sono aumentate di circa 15,5 miliardi (+59%). La crescita è stata pressoché ininterrotta e particolarmente positivi sono i risultati degli ultimi anni (fonte ISTAT)”.

Territorio e coesione.

“La produzione di valore economico e quella di valore sociale – si legge nella nota di sintesi – non sono più disgiunte, ma camminano assieme, attivando dinamiche collaborative trasversali e multidirezionali che coinvolgono una pluralità di soggetti. Uno di questi è senza dubbio il settore non profit: un comparto che negli ultimi anni non solo è cresciuto in termini di occupati e di rilevanza economica, ma è stato in grado di esprimere un dinamismo che ha senza dubbio aiutato il nostro Paese a contrastare gli effetti della crisi economica ed occupazionale”. Secondo le indagini di Symbola e Unioncamere “le imprese coesive hanno maggiore fiducia nel futuro e si aspettano migliori performance economiche (fatturato e export) e occupazionali. Un aumento del fatturato è atteso per il 2019 dal 31% delle imprese coesive contro il 13,9% nel caso di quelle non coesive. Un divario che si conferma anche con specifico riferimento all’aumento dell’export (20,1% vs 8,5%). Migliori risultati economici che si riflettono in campo occupazionale, perché il 20,9% delle imprese coesive prevede una crescita degli occupati contro il più ridotto 8,8% relativo alle imprese non coesive”.

Industria.

Anche nel 2018 “il principale contributo all’export e al saldo commerciale italiano è stato dato dalle quattro grandi aree di eccellenza manifatturiera del nostro Paese grazie alle quali la bilancia commerciale italiana ha chiuso l’anno analizzato con un attivo di 38,9 miliardi di euro, riuscendo a compensare lo storico deficit energetico (pari a 45 miliardi nel 2018) e il passivo dei settori di minore specializzazione del nostro Paese (53 miliardi). In particolare, nel 2018 il surplus delle 4 aree è stato pari a 137 miliardi di euro, di cui oltre il 60% generato dal comparto della Automazione-meccanica-gomma-plastica (84 miliardi), seguito dall’abbigliamento-moda (29 miliardi), dall’Arredo-casa (13 miliardi) e dall’Alimentare-vini (11 miliardi). E’, dunque, predominante il contributo dell’Automazione-meccanica-gomma-plastica, il cui ruolo è diventato negli anni sempre più rilevante. Ne è conferma la notevole crescita negli ultimi anni del peso della robotica”.

Arte e cultura.

Le imprese “che costituiscono il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano sono 416.080, corrispondenti a una quota del 6,8% su quelle complessivamente registrate nel nostro Paese. Rispetto al 2017, quando la quota era del 6,7% si è registrato un incremento nello stock dello 0,2%”. La cultura “ha un effetto moltiplicatore, pari a 1,8, sul resto dell’economia: per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori. I 95,8 miliardi, quindi, ne stimolano altri 169,6 per arrivare a 265,4 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 16,9% del valore aggiunto nazionale, col turismo come primo beneficiario di questo effetto volano”.

(Fonte: Com. Stampa Unioncamere-Symbola/ 05.07.2019)

Immagine manifatturiero ingranaggi
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