Il quadro internazionale resta appeso alla solita questione di chi continuerà a comandare. Ma, intanto, prevale la massima prudenza.
E la politica? Non c’è più (forse), ma a breve ritornerà . . .
Momento critico in Europa, negli Usa e nel resto del mondo. Difficile ipotizzare come andranno a finire tanti tavoli aperti, ma non ben definiti. Le singole comunità riducono gli spazi per intraprendere nuovi e necessari cammini di speranza.

Appesi a un filo
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Indicatore in peggioramento in tutti i comparti indagati ad eccezione di quello delle costruzioni.
Fiducia consumatori, l’indice sale da 96,4 a 98,3
A giugno 2024, clima in tendenza positiva, mentre si verifica la parabola contrastante per le imprese: scende da 95,1 a 94,5.

Consumatori/Imprese, parabole non coincidenti.
Il commento.
“A giugno, il clima di fiducia delle imprese mostra il terzo calo consecutivo, posizionandosi sul valore più basso da novembre 2023. Il ribasso dell’indicatore complessivo è dovuto prevalentemente al peggioramento registrato nella manifattura e nei servizi. L’indice di fiducia dei consumatori aumenta per il secondo mese consecutivo e raggiunge il valore più elevato da febbraio 2022. Si segnala un diffuso miglioramento di tutte le variabili che compongono l’indice, ad eccezione dei giudizi sul bilancio familiare e delle opinioni sull’opportunità di risparmiare nel momento attuale”.
(Istat. Periodo di riferimento: giugno 2024-Data di pubblicazione: 27 giugno 2024)
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Il quadro è emerso tenendo conto di una analisi della Coldiretti su dati Unioncamere.
Lavoro: -110mila imprese giovani in 10 anni, tiene l’agricoltura
Nel periodo 2014-2024 le aziende italiane condotte da under 30 sono passate da 514mila a 404mila, con una perdita netta del 21%, quelle agricole sono rimaste poco sotto le 48mila unità, “senza variazioni sostanziali”.

Ricerca continua
“Ma a pesare - evidenzia la Coldiretti - sono anche le situazioni strutturali che lasciano le aziende agricole indifese rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici, alla diffusione dei cinghiali che devastano le colture, alla concorrenza sleale dei prodotti stranieri. In generale il 65% dei giovani agricoltori eredita aziende gestite dalla famiglia e solo il 28% avvia e gestisce imprese completamente nuove”. Resta il fatto “che i giovani agricoltori italiani rappresentano un’eccellenza a livello europeo”. Secondo l’analisi Divulga sugli ultimi dati Eurostat, “rilevano che le aziende agricole condotte da under 35 in Italia generano una produzione standard di 4.296 euro ad ettaro circa il doppio rispetto alla media europea pari a 2.207 euro a ettaro, e ben sopra Francia (2.248 euro a ettaro), Spagna (1.828 euro a ettaro), e Germania (2.749 euro a ettaro)”.
(Fonte: coldiretti.it/28.06.2024)
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Ha indossato le divise della nazionale uruguaiana e di quella italiana. Fu campione del mondo nel 1950.
“El dios del fútbol”, Schiaffino tra Peñarol, Milan e Roma
Soprannominato “Pepe”, è stato considerato uno dei più forti giocatori della storia del calcio, senza dubbio il migliore uruguaiano di tutti i tempi.

Juan Alberto Schiaffino con Gianni Rivera
(Eduardo Galeano nel libro Fútbol a sol y a sombra).
Juan Alberto Schiaffino Villano (Montevideo, 28 luglio 1925-Montevideo, 13 novembre 2002) è stato un uruguaiano naturalizzato italiano, che ha occupato i ruoli di interno sinistro e di regista. Soprannominato “Pepe”, e ribattezzato in patria “El dios del fútbol”, è stato considerato uno dei più forti giocatori della storia del calcio, se non il migliore, senza dubbio il migliore uruguaiano di tutti i tempi. Occupa la 70ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer e la 17ª posizione nell’omonima lista pubblicata dall’IFFHS. Questa rivista lo ha posizionato al 6° posto nella classifica dei migliori calciatori sudamericani del XX secolo. Schiaffino ha giocato in club importanti: Peñarol, Milan, Roma vincendo 5 campionati uruguaiani e 3 scudetti. Ha indossato le divise della nazionale uruguaiana e di quella italiana. Con la nazionale, fu protagonista del Maracanazo e fu campione del mondo nel 1950. Schiaffino nacque a Barrio Sur, a pochi edifici di distanza dalla vecchia sede del Peñarol. Suo padre, Raúl Gilberto, era impiegato all’Ippodromo di Maroñas, e sua madre era una casalinga paraguayana. Il nonno paterno Alberto, originario di Camogli (Genova), emigrò nel Sud America agli inizi del Novecento ed aprì una macelleria. Da bambino si trasferì a Pocitos, dove cominciò a giocare a calcio. Non avendo entrate decenti, svolse anche altri lavori: il fornaio, il commesso in una cartoleria e l’operaio in una fabbrica di alluminio. Suo fratello maggiore Raúl, di due anni più vecchio, giocò come centravanti nel Peñarol, squadra nella quale poi lo raggiunse. Raúl fu capocannoniere della Primera División nella stagione 1945. Fu la madre, María Eusebia, a battezzarlo “Pepe”. Schiaffino era un ragazzo chiuso, introverso. Faceva di testa sua, creava a volte tensioni con i compagni e l’allenatore.
Fu il primo calciatore a gestirsi gli ingaggi con criteri manageriali. Al Milan, nei giorni liberi da impegni, andava in Svizzera per occuparsi di speculazioni finanziarie. Riusciva ad ottenere ottimi profitti che poi reinvestiva, acquistando appartamenti e negozi. Nel 1962, terminata la carriera di calciatore, tornò a Montevideo e continuò a fare affari nel settore immobiliare.
Si sposò con Angelica nel 1952, conosciuta 10 anni prima in autobus. La coppia non ebbe figli. Lei morì sei mesi prima di lui - che la seguì il 13 novembre 2002 - a causa di un tumore, dopo avere passato gli ultimi mesi ricoverato in un ospizio.
Il giorno della sua morte il Senato della Repubblica uruguayana gli conferì un tributo. Jorge Larrañaga chiese che nell’ordine del giorno ci fosse uno spazio per rendergli omaggio: così fece un discorso come riconoscimento per la sua carriera. Fu sepolto nel Panteón de los Olímpicos, cimitero di Montevideo riservato ai calciatori uruguaiani campioni olimpici nel 1924 e 1928 e vincitori ai mondiali del 1930 e del 1950.
«Forse non è mai esistito regista di tanto valore. Schiaffino pareva nascondere torce elettriche nei piedi. Illuminava e inventava gioco con la semplicità che è propria dei grandi. Aveva innato il senso geometrico, trovava la posizione quasi d’istinto», (Gianni Brera).
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