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Salerno Economy XI.25 – 01.07.2022

E’ questa la forma di “cambiamento” con la quale convivere e, in buona sostanza, progredire.

Ecco (forse) la “nuova” ricerca di occupazione

Il lavoro non appare più confermarsi predominante e caratterizzante nel corso degli anni per come è, ma si evolve (o involve) “mese per mese”, “stagione per stagione”.
Glocal-Immagine lavoro
Entrate ed uscite
La domanda è abbastanza semplice: ma siamo sicuri che le qualità personali portano lavoro? Ci muoviamo nell’ambito delle piattaforme finalizzate ad agevolare l’incontro tra domanda e offerta di occupazione, che  continua a essere molto “temporalizzata”, quasi sempre non a tempo indeterminato. Domanda che persiste nell'esprimere, cioè, grande attenzione all’aspetto della durata del rapporto: più recentemente, però, non solo da parte di chi offre lavoro, ma anche - sorprendentemente (?) - da parte di chi lo cerca. Occorre - è ben chiaro - affrontare a fondo la questione che si sviluppa in vari ambiti di riferimento, ma è già abbastanza ben delineato il quadro più attuale, che ci porta a tenere conto in maniera più frequente, anche delle fasce che mirano a redditi medi (se non del tutto bassi) per “accendere” una scia costruttiva in fase di inserimento. In altre parole, sebbene l’offerta sia articolata per contenere il costo delle prime operazioni - assunzioni a tempo determinato, appunto - va tenuto conto che anche la domanda appare propensa ad accettare questa impostazione soprattutto in base ad una determinante sostanziale: la “compressione” del tempo da destinare al lavoro preso in considerazione. Se “destino” poco tempo al profilo occupazionale, accetto - meglio: devo accettare - una serie di variabili: compressa retribuzione e incertezza del futuro, ma sono aspetti di cui il lavoratore tiene conto e, in qualche modo, valuta con attenzione perché “coerenti” con il suo “progetto”, senza dubbio non del tutto in sintonia con la forma di prestazione che si va a rendere disponibile.
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Alcune parole chiave che dovranno ispirare la nascita dei nuovi standard della città Metropolitana.

Il “policentrismo” che salverà Napoli è appena iniziato?

Come evitare che la rendita urbana diventi un “naufragio annunciato” per tutte le navi comunali dell’area Nord che si apprestano ad approvare i Puc in elaborazione o a gestire quelli esistenti.
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

Fabiana Forte e Pierfrancesco De Paola, urbanisti delle Università Vanvitelli e Napoli 1, in un recente articolo scientifico, si interrogano su alcune parole chiave che dovranno ispirare la nascita dei nuovi standard urbani della città Metropolitana, attraverso il piano territoriale metropolitano: densificazione, rendita differenziale, strumenti redistributivi. Come è noto il processo di redazione del piano metropolitano è appena iniziato, con la società Telos vincitrice del bando di assistenza tecnica (all’ufficio di piano della città metropolitana). E’ bene che accanto al normale dispiegarsi delle procedure di elaborazione nascano, in tutte le aree omogenee della città metropolitana, laboratori membrana di ricerca e sviluppo dei temi della città pubblica, capaci di specificare gli standard da raggiungere nelle diverse aree del policentrismo urbano da promuovere e realizzare. I due autori della ricerca fanno luce sulle dinamiche del mercato immobiliare. Lo scopo è quello di aprire una finestra su quella particolare componente del valore dei beni immobili, a partire dal suolo, da cui dipende il dispiegarsi della rendita urbana che, nelle sue diverse forme, ha, da sempre, condizionato lo sviluppo delle città. La loro analisi va oltre la questione della redistribuzione della rendita, in termini di creazione di valore complessivo per la città metropolitana e di qualità urbana diffusa.
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Lo scorso 16 giugno, al teatro Augusteo si è svolto il primo convegno multidisciplinare.

Scuola medica salernitana, tra eredità e sviluppo

Tornano alla mente le parole di Salvatore De Renzi che scrisse: “La sua gloria non morrà; e forse potrà un giorno risorgere ancora”.
1. cultura.gov.it-Museo virtuale della scuola medica salernitana1
Museo virtuale
Giovedì 16 giugno a Salerno presso il Teatro Augusteo si è tenuto il I Convegno multidisciplinare dal titolo “La Scuola Medica Salernitana. L’eredità” organizzato dal dott. Giuseppe De Nicola, editore per passione e chirurgo di professione. Una bella giornata all’insegna della cultura durante la quale si è percepito sia l’orgoglio dei relatori nel ricordare le proprie radici culturali, sia la consapevolezza di studenti, specializzandi e docenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Salerno di appartenere ad una istituzione di prestigio pur essendo giovane.
All’inizio vi sono state le relazioni di carattere storico. La prima è stata presentata dal dott. Giuseppe Ferrantino, dirigente medico presso l’Asl Salerno, che ha ricordato l’eredità ricevuta dalla Scuola medica di Salerno, fatta di luoghi (sedi della Scuola e sedi di conferimento delle lauree nei secoli passati); di documenti (quello che rimane dell’archivio del Collegio medico salernitano ed i Diplomi di laurea sopravvissuti); di testi (sono stati ricordati, la Practica brevis, il Regimen sanitatis salernitanum, il Libellus de pulsibus, il De adventu medici ad aegrotum, il De instructione medici, il Circa instans e l’Opus pandectarum medicinae); di simboli (l’attuale logo dell’Università degli Studi di Salerno ricorda i sigilli in ceralacca che corredavano i Diplomi di laurea conferiti dal Collegio medico e la campana della Cappella Palatina, attuale chiesa di San Pietro a Corte, che annunciava con il suo suono l’arrivo del corteo, che accompagnava il laureando, e nel momento in cui questi giungeva alla porta della chiesa arrestava i suoi rintocchi).
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A proposito delle polemiche in relazione alla vendita di un alimento riconosciuto come bene Unesco.

La pizza, Briatore e le vere dinamiche del prezzo

Alcuni locali possono assolvere alla funzione di attrattori turistici, capaci di generare accoglienza per particolari pubblici di riferimento, a differenza di molti altri.
Immagine pizza
Bene prezioso
di Virgilio Gay*

La polemica che ha infiammato le discussioni sui social, nei bar e sui media, negli ultimi giorni, si riferiva alla pizza. Flavio Briatore la propone a un prezzo ritenuto esagerato dagli interpreti della tradizione napoletana, riconosciuta come bene immateriale dall’Unesco. Michele Armano, coordinatore della Business School dell’Associazione Verace Pizza Napoletana (Avpn), afferma che il prezzo andrebbe“raccontato e analizzato come Full Cost”. L’occasione è ghiotta, forse più della pizza stessa, per affrontare il problema del prezzo, che viene erroneamente definito, dalle Pmi, in base al cost-plus pricing. Un approccio gestionale che invade la sfera strategica, come argomentano gli amici Gandellini e Pace in diverse pubblicazioni, ma che si potrà facilmente approfondire sul sito di Nestplan International, (https://nestplaninternational.com/how-to-set-the-wrong-price-based-on-costs-1-3/).
La decisione sul livello di prezzo ha un ruolo centrale nella strategia di mercato e deve dipendere da una serie di valutazioni, tra cui l’obiettivo di acquisizione di una quota della domanda, la quale presuppone che il rapporto fra valore percepito dal mercato e prezzo da questi pagato sia soddisfacente e “competitivo” rispetto alle alternative disponibili.
*Managing Partner, VP Marketing Territoriale Nestplan International
(continua)
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