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Salerno Economy VII.40- 19.10.2018

I numeri a consuntivo dell’ultimo decennio ci consegnano un'altra mappa dei comparti produttivi.

Modelli e nuove geografie dello sviluppo

E’ ora di ragionare con maggiore concretezza - a partire dall'impiego di risorse non solo comunitarie - su come integrare “industrialmente” il primario con il turismo e con tutte le altre tipologie di servizi ad esso connessi.
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Mutazioni genetiche
Sommersi dai numeri, dalle analisi statistiche, dalle “interpretazioni” e dalla generale confusione che, ormai, ingloba il circuito dell’informazione, è sempre complicato farsi un’idea più o meno precisa di quale scenario si delinea all’orizzonte per l’economia meridionale nel breve e nel medio periodo. Conviene, quindi, più che “giocare” con le previsioni/proiezioni, tentare di “leggere” nei dati che sintetizzano quanto accaduto negli ultimi anni, per esempio, dal punto di vista delle dinamiche occupazionali. Con Paolo Coccorese (vedi altro pezzo all’interno della newsletter di Salerno Economy on line questa settimana) abbiamo ripercorso il decennio appena trascorso in provincia di Salerno e sono emersi due aspetti in particolare: gli occupati nel 2008 erano 353mila e nel 2017 sono esattamente 353mila. Gli unici settori che hanno incrementato il loro peso percentuale sono l’agricoltura (+0,3 punti, passando dal 6,3% al 6,6% del totale) e i diversi segmenti contenuti nella voce “altre attività dei servizi” (+6,9 punti). A fronte di un calo dell’1,1% (sempre rispetto al 2008) dell’industria e del 3,8% delle costruzioni.
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La variazione in provincia di Salerno è nulla: erano 353.000 e sono 353.000 anche nel 2017 (dati Istat).

Occupati fermi al 2008

Gli unici settori che hanno incrementato il loro peso percentuale negli ultimi dieci anni sono l’agricoltura (+0,3 punti, passando dal 6,3% al 6,6% del totale) e i diversi segmenti produttivi contenuti nella voce “altre attività dei servizi” (+6,9 punti percentuali).
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Le nuove geografie del lavoro
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) domenica 14 ottobre 2018.

di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo

Quale profilo assume la “geografia” dell’occupazione in provincia di Salerno dopo la lunga crisi recessiva e al tempo della crescita in decelerazione? Va detto subito che il saldo degli occupati è a somma zero: erano 353.000 nel 2008, sono 353.000 nel 2017 (dati Istat). Un dato statistico che, però, nasconde – a scavare all’interno dei singoli comparti – una novità importante: gli unici settori che hanno incrementato il loro peso percentuale, sempre in termini di occupati, tra il 2008 ed il 2017 sono l’agricoltura (+0,3 punti, passando dal 6,3% al 6,6% del totale) e i diversi segmenti produttivi contenuti nella voce “altre attività dei servizi” (+6,9 punti percentuali), al cui interno ricadono, tra le altre, le imprese impegnate nel trasporto e magazzinaggio, finanza e assicurazioni, mercato immobiliare, supporto alle aziende, assistenza sanitaria e sociale, attività sportive e di intrattenimento, eccetera eccetera.

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Presentato nei giorni scorsi il 15° Rapporto Censis sulla comunicazione.

La radio? E’ il media più credibile

Esprimono questa valutazione soprattutto gli over 65 (72,5%) e le persone con un livello di istruzione più elevato, diplomati e laureati (71,2%).
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"Vecchie" certezze
Le relazioni tra mezzi di info/comunicazione e fruitori delle news rappresenta una problematica complessa e difficile da decifrare al tempo della predominanza dei social sotto il profilo della formazione delle opinioni e della diffusione delle notizie (vero e false che siano). Il 15° Rapporto Censis sulla comunicazione - “I media digitali e la fine dello star system” - offre una serie di dati che delineano un quadro meno sfavorevole per i canali più tradizionali di diffusione di notizie. “La radio - si legge in una nota di sintesi del Censis - ottiene il primato della credibilità tra i media: il 69,7% degli italiani la considera molto o abbastanza affidabile. Sono soprattutto gli over 65 (72,5%) a riconoscere alla radio questo merito e le persone con un livello di istruzione più elevato, diplomati e laureati (71,2%). La televisione è considerata affidabile dal 69,1% degli italiani. Oltre al 78,5% degli anziani, è anche il 68,8% dei giovani under 30 a pensarla così. Anche la stampa viene considerata affidabile da una quota maggioritaria di italiani: il 64,3%.
(Fonte: censis.it/ 11.10.2018)
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Quest’anno recensiti più di 1600 esercizi in tutte le regioni italiane.

Slow Food premia le osterie campane

La guida con la chiocciolina 2019 concentra l’attenzione sui locali dove si registra un giusto equilibrio tra valorizzazione delle materie prime provenienti dai territori di riferimento, qualità e prezzo.
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Il valore del cibo "lento"
di Laura Maiellaro

La guida Slow Food 2019 assegna la famosa chiocciolina a numerose osterie in Campania. Anche i formaggi, i vini e l’olio extravergine d’oliva nostrani vengono segnalati nella guida del mangiar bene. Quest’anno l’attenzione è concentrata sulle trattorie e sui ristoranti che rappresentano il giusto compromesso tra qualità/prezzo e vengono scelti per riscoprire il gusto autentico del cibo tricolore.
La 29esima edizione della Guida Slow Food 2019 contiene le recensioni di 1617 locali dislocati in tutta Italia con l'obiettivo di ritrovare la tradizione gastronomica che incarna la filosofia dello slow food. Le osterie sono uscite vittoriose in quanto sintetizzano, secondo i curatori, “il fulcro del discorso gastronomico italiano degli ultimi tempi”. In Campania, su 138 locali segnalati nella guida, 23 si sono visti attribuire il riconoscimento Slow Food 2019 rappresentato dalla chiocciolina. Altre osterie invece si sono aggiudicate il simbolo della bottiglia e del formaggio che indica prodotti artigianali di alta qualità.

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Al via il percorso organizzativo della seconda edizione della rassegna di corti d’autore in programma a Salerno dal 24 al 26 maggio 2019.

“MED LIMES”, il Mediterraneo nel cortile di casa

L’impegno della Fonmed per contribuire ad una più generale presa di coscienza di quanto accade non solo alle porte dell’Italia, ma all’interno dei territori nei quali quotidianamente si svolge la nostra vita.
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Giuliano D'Antonio
di Giuliano D’Antonio*

Stiamo assistendo da alcuni anni a questa parte ad una progressiva rimozione collettiva di diverse “patologie” - o , se vogliamo, effetti collaterali - del ciclo economico esteso catalogato come processo di globalizzazione. In particolare, nella narrazione più diffusa si tende ad enfatizzarne i “punti di forza” e a sottodimensionarne, invece, le “criticità”. Va detto con forza che queste cosiddette “criticità” investono milioni e milioni di persone che sono venute a trovarsi (all’interno ed all’esterno delle democrazie occidentali e dei Paesi ad alto tasso di redditualità media, i Paesi, per così dire, ricchi) in condizioni di marginalità da vari punti di vista (non solo economica, per intenderci). E’ necessario, inoltre, aggiungere che più di recente proprio la polarizzazione del benessere e la sempre più percepibile differenza di qualità e di stili di vita tra ampie fasce di popolazione tra Nord e Sud del mondo - ma anche tra Nord e Sud dei vari continenti e di un numero consistente di stessi Paesi (tra cui l’Italia) - hanno generato fenomeni di populismo politico spesso sfocianti in forme di sovranismo che, in qualche modo, sono ancora descritte in maniera strumentale dalle altre forze politiche che, evidentemente, si soffermano sulla speculazione – dal punto di vista del tentativo di recupero del consenso – di breve periodo e non si concentrano, come dovrebbero, sull’analisi delle cause e sugli errori alla base del sorgere di questi movimenti che molto probabilmente si apprestano ad avere una maggiore rappresentanza anche nel Parlamento Europeo per il cui rinnovo si voterà nel maggio del 2019.

*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)

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