Indispensabile un cambio di passo, una maggiore interconnessione tra dichiarazioni ed iniziative che incidono sulla realtà.
La politica paralizza ancora scelte e programmi
Tra “riappacificazioni”, accordi, precisazioni e nuove “intese”, si scopre (?) quanto è ben delineato il confine tra il Paese che vorremmo essere e il Paese che non siamo.

"Indecisioni"
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Su nove indicatori, ben sette non solo sono negativi, ma, alcuni, anche in peggioramento rispetto ai mesi precedenti.
Lavoro, posti sempre più in bilico
Le ultime indagini Istat tracciano lo stato di salute familiare e confermano una condizione di grave difficoltà, in netto peggioramento. Il sistema economico viene ritenuto sempre più fragile e traballante.

Trend decrescenti
In gergo tecnico si chiama “clima di fiducia”. Tradotto, però, in vita reale significa potere d’acquisto effettivo delle famiglie, possibilità concreta di investimenti oppure di risparmi. Insomma, lo stato di salute delle microeconomie familiari del Paese.
E, stando alle ultime indagini dell’Istat, le famiglie italiane non se la passano per niente bene. Sui nove indicatori che formano i questionari telefonici condotti su un campione di famiglie dello Stivale, infatti, ben sette non solo sono negativi, ma alcuni anche in peggioramento rispetto ai mesi precedenti. Il 2020 ha rappresentato - e sta rappresentando - un vero e proprio spartiacque nel rapporto tra cittadini (famiglie), mondo del lavoro e situazione economica. Con dei valori antecedenti la pandemia da Covid, che, adesso - dopo mesi di sofferenze economiche e restrizioni di ogni genere, e ristori non sempre puntuali - sono del tutto ribaltati.
Ma cosa è che non funziona per le famiglie italiane? Innanzitutto, l’attuale sistema economico viene ritenuto sempre più fragile e traballante, così come sono sempre meno immediate e ottimistiche le previsioni di una ripresa non solo celere ma sostenuta.
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Nella prossima campagna elettorale, sicuramente, i candidati ci diranno di dovere “salvare” le loro città.
Se i sindaci dimenticano il futuro e le “MacroRegioni” …
Difficile un’analisi sincera e autonoma delle scelte non fatte in passato, non facendo nascere, negli ultimi venti anni, le aree metropolitane ad elezione diretta. Dove sono le reti di nuovi cluster urbani a dimensione ampia e a valenza di territorio resiliente?

Pasquale Persico
Su “Il Sole 24 Ore” di domenica scorsa compare una intervista al Sindaco di Milano; i contenuti sembrano non cogliere l’effetto della crisi sulle grandi città e lasciano prevedere un dibattito politico non proprio di alto profilo sul tema del riposizionamento (delle città) che in primavera andranno alle urne; il sindaco di Milano ha “dimenticato” di essere anche il sindaco Metropolitano; ha annunciato che si ricandiderà e illustrato il ruolo centrale di Milano, per l’Italia, tra le global city; non si rintraccia un’analisi sull’arretramento in classifica di Milano nel report 2020 e non si accenna alla crisi di queste città globali, raccontate sempre come città proiettate verso il futuro.
Nella prossima campagna elettorale, sicuramente, i candidati - aspiranti sindaci - ci diranno di dovere salvare le loro città, tutte capitali di qualcosa, rivendicando un ruolo insostituibile. A Napoli, per esempio, si parlerà di rilanciare la capitale del Mezzogiorno, a Roma la grande Roma, a Torino la capitale della cultura, a Trieste la capitale-cerniera verso Est; Salerno si presenterà come capitale di se stessa. Sarà difficile, insomma, un’analisi sincera ed autonoma sulle scelte non fatte in passato; ad esempio, non facendo nascere, negli ultimi 20 anni, le città metropolitane di area vasta ad elezione diretta, come reti di nuovi cluster urbani a dimensione ampia e a valenza di territorio resiliente.
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Chi può ricorrerà a una cifra solo un po’ più bassa di quella dello scorso anno (164 euro a testa contro 170).
Natale, le famiglie provano a reagire
Indagine dell’Ufficio Studi Confcommercio su consumi (-12% rispetto al 2019) e tredicesime. Nonostante la crisi, i nuclei familiari appaiono intenzionati a non rinunciare ai regali. Forte riduzione di quanti spenderanno in doni: da quasi l’87% a poco più del 74%.

Prove di "ripartenza"
In ogni caso, "il mese di dicembre, che per i consumi commercializzabili vede ridursi il suo valore economico da 81 a 73 miliardi, resta, comunque, il mese più importante dell’anno. E potrebbe valere ancora di più se ci fossero condizioni più favorevoli di contesto e di fiducia: molti italiani potrebbero spendere le risorse involontariamente accumulate durante il lockdown per mancanza oggettiva di opportunità di consumo".
(Fonte: confcommercio.it/ 30.11.2020)
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Al primo posto forma fisica e salute, attenzione al benessere e alla tutela dell’ambiente.
Cibi “senza”, cosa sono e quanto fanno bene
Il loro consumo in aumento costante, un pò per moda, un pò per indicazione di dietologi e nutrizionisti. Cresce la voglia di naturale e genuino. Ma l’Italia nel settore alimentare non è autosufficiente perché importa grandi quantità di materie prime dall’estero.

Corsa alle diete "senza"
I cibi “senza” vantano l’assenza di alcuni elementi. Senza grassi, senza zuccheri, senza olio di palma, senza conservanti. Ma spesso senza un reale vantaggio o necessità. Non sempre, infatti, l’esclusione è giustificata. Gli esperti consigliano di fare più attenzione agli ingredienti presenti che a quelli mancanti. E se il nuovo mantra, col carrello in pugno, è cercare cibo senza qualcosa, riflettiamo un attimo prima di fare acquisti inutili o peggio ancora sbagliati. Ci piace che gli italiani si dimostrino da decenni sempre più attenti alla qualità del cibo e che paghino di più per alimenti che non abbiano ingredienti indesiderati. Ma optare per elementi alternativi quanto fa bene? Mettere al primo posto forma fisica e salute, quindi uno stile di vita green attento al benessere e alla tutela dell’ambiente è una motivazione più che condivisibile. Occhio, però, ai reali riscontri scientifici.
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