L’Ufficio Studi Confcommercio delinea uno scenario di grave crisi. Quasi 270 mila attività rischiano la chiusura definitiva.
La “mappa” delle perdite e le coperture finanziarie
I settori più in difficoltà: ambulanti, negozi di abbigliamento, alberghi, bar e ristoranti e imprese legate all'intrattenimento e alla cura della persona. Le perdite più consistenti tra le professioni e nella ristorazione.

Disorientamento
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L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una disputa ideologica sui principi. Più pubblico e meno privato? O viceversa?
Fase due: la visione, il lavoro e i parassiti
Necessario un “patto” di reciprocità che possa rendere davvero efficace la battaglia contro l’evasione fiscale. Il crimine che da anni degrada, sfianca e impoverisce il Paese.

Percorsi in salita
“Parasite”, lo straordinario pluripremiato film del coreano Bon Joon-ho, racconta il conflitto tra opulenza e miseria e il riscatto (fallito) di quest’ultima in una esplosione di sanguinaria violenza al culmine di un percorso di sopravvivenza privo di alternative se non il parassitismo sociale.
Il ricordo cinematografico si sovrappone per suggestione ai contenuti di una intervista all’Huffington Post, del sociologo Luca Ricolfi che avverte: “Ci avviamo verso una società parassita di massa”. La previsione tocca il nostro Paese per effetto delle scelte di politica economica adottate per il post-pandemia. Al comando c’è “il primo governo - spiega lo studioso - risolutamente iperstatalista della storia della Repubblica”. E grazie al quale “i nuovi parassiti vivranno dipendenti dalla mano pubblica”.
La tesi ha innescato discussioni. Chiara Saraceno, in un articolo su “La Stampa”, ha sostenuto come la complessità della situazione economica e sociale, aggravata dall’epidemia, renda invece necessario un ruolo attivo della Stato sia come propulsore della ripresa sia per gli interventi strategici in settori come la Sanità, dove si saldano efficienza delle prestazioni ai cittadini e tutela di diritti costituzionali.
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La richiesta alle Regioni di approfittare dell’opportunità del Mef per avviare un progetto-laboratorio per abbassare lo spread ecologico e del debito pubblico.
Camus, Bruno e Schuman, lezione inascoltata
Verso una società euro-mediterranea a civiltà plurale e la nascita di una politica economica poggiata su uno Stato democratico continentale, protagonista di nuova umanità.

Pasquale Persico
Da dove ripartire? Da molte settimane, approfittando dell’ospitalità di SalernoEconomy, ho potuto sviluppare un lemmario che forse oggi consente di impostare una risposta: da dove ripartire e come proporre per l’Europa il salto di civiltà necessario a dare nuovamente voce ai valori dei fondatori, considerando il discorso - celebrato qualche giorno fa - di Schuman? Ritengo, per entrare nel merito più recente, che sia necessaria anche un risposta corale, politica e di cuore, alle censure arrivate dalla Corte Costituzionale della Germania sul ruolo del Recovery Fund e delle politiche a difesa della stabilità finanziaria promosse dalla Banca Centrale Europea. Non sarà facile cambiare rotta: la sentenza ci fa fare, culturalmente, molti ma molti passi indietro, quasi a voler condannare, in contemporanea, sia il pensiero di Giordano Bruno, sia quello di Albert Camus, che quello emerso a gran voce, proprio per parlare di Europa, dalla visione di Papa Francesco che parla - a credenti e non credenti - di solidarietà e di unità nella diversità dei popoli dell’Europa e del mondo. Tutti nuovamente condannati dal pensiero-scafandro della corte di Karlsruhe? Riepiloghiamo i pensieri.
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L’ideazione di un modello economico adatto all’attuale fase storica non è certo impresa semplice (e rapida). Avverrà per gradi, sotto la spinta degli eventi e dei mutamenti successivi.
La Grande Salerno, il futuro non aspetta
La costruzione dell’Area Vasta è ineludibile se vogliamo essere adeguati al cambiamento; se intendiamo costruire un sistema urbano a scala diversa, più ampia, più aperta, che superi il limite della fisicità e faccia dell’adattamento plastico all’evoluzione il suo punto di forza.

Tattiche per lo sviluppo
E’ certamente vero che siamo nel pieno di un evento negativo e già la semplice percezione di questo evento determina un salto logico, individuale e poi collettivo, tale da definire il cambiamento, il sistema “nuovo” che mai è diretta e semplice evoluzione del “vecchio”. La volontà di ripresa, forte in questi giorni, coincide con la speranza, direi il desiderio, di tornare al “prima” nell’illusione, evidente, che superato il vuoto, tutto ritorni uguale. Sarebbe un doppio errore. Prenderemmo un direzione sbagliata sprecando enormi risorse non rinnovabili sia in termini economici e finanziari sia ambientali e, cosa ancora più grave, avremmo perso un’occasione unica per cambiare strada, per immaginare un modello di sviluppo nuovo e diverso prima di arrivare al limite, al punto di non ritorno. L’ideazione di un modello economico adatto alla fase storica che attraversiamo non è certo impresa semplice e rapida; avverrà per gradi, per approssimazioni, sotto la spinta degli eventi e dei mutamenti successivi. Nell’immediato sembra prevalere l’idea semplicistica di affidare alla leva finanziaria, alla disponibilità di capitali illimitati, il compito di fare ripartire un modello economico che mostra di non essere più adeguato in termini di bilancio globale.
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Il primo best-seller di gastronomia italiana uscì nel 1891 a firma di Pellegrino Artusi.
Ricettari del Sud, l’arte di mangiare (bene)
Una guida ante-litteram che descrive le tipicità salernitane è di Vincenzo Corrado: la cultura agricola e pastorale viene passata in rassegna con tutte le produzioni alimentari di cui vengono segnalate le eccellenze (1792 ).

Volumi preziosi
I ricettari del Sud o, potremmo dire, la tradizione storica a tavola che diventa arte. Se ci chiediamo da dove vengono le ricette che prepariamo ogni giorno con orgoglio, eccovi servita la risposta. Tra Settecento e Ottocento esistono davvero pochi libri di cui i grandi cuochi possono servirsi per avere qualche dritta quando si sacrificano ai fornelli per i nobili che li assoldano per cui tutti i procedimenti, gli ingredienti e le tecniche di taglio, conservazione e cottura degli alimenti sono sempre legati alla perizia e alla fantasia dei monzù. Questi cuochi arrivati dalla Francia alla corte dei Borbone portano con sé un patrimonio di saperi che difficilmente sarebbe stato replicabile anche qui da noi se non ci fossero stati i loro testi che, più che ricettari, vanno definiti canovacci gastronomici. Nei loro manoscritti vengono solo accennati procedimenti e indicati ingredienti alcuni dei quali ormai introvabili ma il bagaglio culturale che contengono è superlativo.
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