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SALERNITANS. Una città (troppo) rumorosa, tra schiamazzi e sirene

di Alfonso Schiavino

All’una di notte rimbomba un frastuono di tracchi. All’ora di pranzo ti siedi con gli amici e le campane della chiesa rilasciano il motivo lento, quello spiacevole, ci siamo capiti: il parroco l’apprezza tanto, infatti ogni volta lo bissa – e talora lo inserisce per sbaglio durante le prime comunioni. In qualunque momento della giornata qualcuno sale sull’ambulanza e aziona la sirena al massimo, anche se il mezzo va piano e le strade sono deserte (tipo: ferragosto alle 3 del pomeriggio). A tarda sera il gestore di alcuni tavolini su un marciapiede – mutazione “enogastronomica” del cocomeraro – attiva un altoparlante che manda salsa remixata. E poi, certo, il solito imprenditore della movida che sa farsi sentire e le ragazzaglie che schiamazzano sbottigliando.

Qual è la cifra comune di queste situazioni? Una possibile violazione, ossia il «disturbo delle occupazioni o del riposo». I termini del codice penale servono per ricordare che la quiete pubblica è un bene tutelato. Giusto così, perché in ballo c’è il benessere delle persone.

I casi accennati rientrano nella casistica? In buona parte sì. L’unica parziale eccezione riguarda i mezzi di soccorso, quando le sirene sono usate in maniera appropriata. Anche sulle campane dovremmo ragionare. Vada per le note liete (i nostri quartieri sono già tristi). Vada per le campane musicali e storiche. Per il resto, questi strumenti di comunicazione sono adeguati alla nuova società? È utile svegliare alle 7 del mattino interi quartieri (compresi i lavoratori notturni?). Ha ancora senso il segnale orario collettivo, quando tutti abbiamo le sveglie e sappiamo il tempo locale delle Seychelles?

Ad ogni modo, Salerno rimane una città rumorosa. Dobbiamo sistemare ancora molti tasselli –  eccone un altro – per poterci dichiarare “città europea”, espressione cara a un vecchio sindaco pro-tempore. Ecco, forse sarebbe utile una convenzione comunale sui rumori. Forse servirebbe un regolamento generale. E un’autorità decisa a farlo rispettare.


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